Il diverso atteggiamento delle banche verso l’immobiliare

Il diverso atteggiamento delle banche verso l’immobiliare

Verso i primi deboli segnali positivi sta incidendo, certamente, il diverso atteggiamento delle banche che, nel 2014, sembrano aver ridotto la diffidenza verso il settore immobiliare residenziale. La correlazione tra allentamento della restrizione del credito verso le famiglie e aumento delle compravendite sembra robusta e diffusa a livello geografico: sulle otto3 province delle maggiori città analizzate, sei città (Milano, Roma, Torino, Firenze, Napoli, Genova) presentano un significativo aumento delle compravendite associato ad un deciso aumento dei mutui erogati. Uniche eccezioni: Napoli, interessata da un vasto programma di dismissione del patrimonio pubblico, e Palermo, in cui si assiste ad una diminuzione delle compravendite associata, però, ad un aumento dei mutui.

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La possibilità che questi segnali possano consolidarsi dipende, quindi, dal proseguimento della rinnovata attenzione del sistema bancario verso il comparto immobiliare, dopo il fortissimo razionamento avvenuto a partire dal 2007. I mutui per l’acquisto delle abitazioni da parte delle famiglie sono diminuiti, tra il 2007 e il 2013, di oltre il 65%, tornando a crescere solo nel 2014 (+13,4% rispetto al 2013). Anche nel primo trimestre del 2015 si è registrato un dato positivo nelle erogazioni di mutui per l’acquisto di case, +35% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Nonostante questi primi segnali di “disgelo” da parte delle banche, il mercato immobiliare sembra essersi segmentato. La quota di famiglie che acquistano l’abitazione in contanti oscilla tra il 40%, secondo le stime di Banca d’Italia-Tecnoborsa, e il 60%, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate. Un’altra parte degli acquirenti, quelli più vulnerabili, dallo scorso mese di marzo 2015, può usufruire del Fondo di Garanzia per la prima Casa, il nuovo strumento gestito dal MEF attraverso la Consap, la cui dotazione di 600 milioni di euro potrebbe attivare mutui per 20 miliardi di euro, secondo le stime del MEF. I primi dati relativi alle erogazioni effettuate evidenziano l’efficacia del Fondo: in tre mesi di attività (da marzo a maggio 2015) sono state garantite 273 operazioni per un importo finanziato di oltre 30,2 milioni di euro. La restante parte di popolazione più agiata si sta rivolgendo alle banche con minore difficoltà rispetto al passato e contrarre finanziamenti a condizioni decisamente favorevoli: grazie anche al Quantitative Easing introdotto dalla BCE, un livello così basso dei tassi d’interesse, in Italia, non si è mai raggiunto.

Sulla crisi del mercato immobiliare residenziale un ruolo non secondario è stato giocato dalla tassazione sugli immobili, che ha determinato un fortissimo inasprimento del prelievo fiscale legato all’abitazione e un’estrema incertezza derivante da un regime fiscale non chiaro e soggetto a continue modifiche. Secondo gli ultimi dati del Dipartimento delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, il gettito fiscale sugli immobili (per uso abitativo e produttivo) derivante dalle principali imposte sul possesso, sulla locazione e sulle compravendite è stimato, nel 2014, in circa 42,1 miliardi di euro in aumento del 9,8% rispetto al 2013, ovvero 3,8 miliardi di euro in più. Tale incremento è da attribuirsi principalmente al maggior gettito derivante dall’introduzione della nuova imposta sui servizi “TASI” che va ad aggiungersi all’IMU già prevista nel biennio precedente 2012- 2013. In particolare, si passa da 20,4 miliardi di euro del 2013 (IMU) ai 23,9 miliardi del 2014 (IMU +TASI), pari ad un incremento del 17,1%. Il confronto con il 2011, ultimo anno dell’ICI, vede un aumento della tassazione sul possesso degli immobili che passa da 9,8 miliardi di euro del 2011 (ICI) a 23,89 miliardi di euro del 2014 (IMU+TASI), determinando un incremento della pressione fiscale sul possesso del 143,5% in soli tre anni. In questa situazione, l’“emergenza fisco” non è quindi più trascurabile. Da una politica fiscale impostata unicamente sull’obiettivo del massimo prelievo, occorre pervenire ad una vera e propria strategia fiscale che incentivi il mercato, indirizzando la domanda verso l’acquisto di abitazioni ad elevato standard energetico, anche in un’ottica di riqualificazione di ampie parti di città. In quest’ottica, le priorità d’intervento riguardano:

  • l’introduzione di incentivi al mercato residenziale che consentano la ripresa delle attività ed il ritorno degli investitori nel comparto, attraverso forme di parziale detassazione degli acquisti di nuove abitazioni ad elevato standard energetico ed un sistema di misure che agevolino, sia le imprese che i privati, nella permuta tra abitazioni vecchie e abitazioni riqualificate dal punto di vista energetico e strutturale,
  • la razionalizzazione degli incentivi (bonus fiscali per recupero e riqualificazione energetica degli immobili), da portare a termine entro il 2015, che non può tradursi in un taglio lineare delle agevolazioni oggi esistenti, ma deve fondarsi su una selezione accurata dei regimi agevolativi, tutelando quelli connessi a “beni a valenza sociale”, quali indiscutibilmente la casa. In questo senso, basterebbe stabilizzare il potenziamento delle agevolazioni per il recupero delle abitazioni e confermare a regime quelle per la riqualificazione energetica degli edifici, eventualmente “rimodulandone” gli effetti, così da premiare soprattutto quelle forme d’intervento incisivo,
  • la futura “local tax” che, a parere dell’Ance, dovrebbe essere strutturata come un’imposta unica sugli immobili, stabile per almeno 3 anni ed integralmente destinata ai Comuni per il finanziamento dei servizi, con l’ovvia esclusione dell’ “invenduto” delle imprese edili (aree e fabbricati costruiti, o ristrutturati, per la successiva vendita).

La popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2014 è pari a 60.795.612 individui con un incremento, rispetto al 2013, molto limitato pari a 12.944 unità (+0,02%) e dovuto esclusivamente alle migrazioni dall’estero. Al 31 dicembre 2014 gli stranieri residenti sono pari a 5.014.437 individui con una incidenza sul totale della popolazione dell’8,2%. Nel 2014, anche le famiglie sono rimaste pressoché stazionarie rispetto al 2013 (+0,1%), con un aumento di 24.621 unità, anche se occorre considerare il forte incremento del 2012 (+466.950 unità). Guardando ad un periodo più lungo, in particolare agli anni che hanno visto l’inizio e l’aggravarsi della crisi, dal 2006 al 2014, la popolazione è cresciuta, sempre grazie alla sola componente estera, registrando un incremento del 2,8%, pari a +1.664.325 unità. Allo stesso modo sono cresciute le famiglie, arrivando a 25.816.311 unità, con un incremento dell’8%. In termini quantitativi, si tratta di 1.908.901 nuove famiglie, con una crescita più elevata di entrambi le variabili nelle regioni del Centro e del Nord.

A spiegazione dell’aumento del numero di famiglie, si devono tenere presenti i profondi cambiamenti, sociali e demografici, primo tra tutti, la diminuzione del numero medio dei componenti (da 2,6 nel 2001 a 2,34 nel 2014) e la forte crescita del numero di persone che vivono da sole. Il futuro, nelle previsioni demografiche dell’Istat, lascia intravedere un impoverimento delle classi di popolazione con l’età più bassa e, di conseguenza, un forte squilibrio nel rapporto tra generazioni, oltre a una perdita molto forte di popolazione nelle aree del mezzogiorno. I cambiamenti strutturali della popolazione italiana, il perdurare delle gravi difficoltà economiche legate alla crisi stanno evidenziando una domanda abitativa che richiede un rinnovato impegno nella definizione delle politiche dell’abitare. In questo senso le politiche della casa non sono più residuali, ma parte integrante delle politiche urbane e dei processi di trasformazione. Occorrono, dunque, politiche diversificate, flessibili, articolate sul territorio, con alloggi pensati per diverse categorie di utenze, in grado di rispondere ai diversi tipi di bisogno, e che, come già avviene in molte parti d’Europa, favoriscano all’interno delle città una composizione sociale maggiormente mista, invertendo pericolosi processi di polarizzazione (ricchi – poveri, giovani – vecchi, italiani – stranieri).

L’accesso al credito per le imprese continua, in parte, a rimanere problematico. Nei primi tre mesi del 2015 i finanziamenti per investimenti in edilizia residenziale in Italia hanno continuato a diminuire di un ulteriore 12% rispetto allo stesso periodo del 2014, con un crollo totale, tra il 2007 e il 2014, di oltre il 70%. Per quanto riguarda, invece, il settore non residenziale sia nel 2014 che nei primi 3 mesi del 2015 le erogazioni per investimenti sono aumentate; nel 2014 l’incremento è stato del 6,7% rispetto al 2013, variazione totalmente attribuibile all’ultimo trimestre dell’anno, durante il quale le erogazioni sono aumentate di oltre il 74%. Nel primo trimestre del 2015 è proseguito il trend positivo, con un incremento di oltre il 126% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo primo segnale positivo viene registrato dopo sette anni di continue diminuzioni nelle erogazioni di finanziamenti in tale comparto: complessivamente, infatti, tra il 2007 e il 2014, i nuovi mutui per investimenti nel settore non residenziale sono diminuiti del 71,7%, passando da 21 miliardi di euro ad appena 5,9 miliardi di euro.

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