Ecosistema scuola in Italia: ancora non ci siamo

Sicurezza antisismica, efficienza energetica, qualità: il patrimonio edilizio scolastico italiano è indietro su più fronti, come emerge dal rapporto di Legambiente. La speranza è il PNRR e il suo impatto

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Ecosistema scuola in Italia: ancora non ci siamo

L’ecosistema scuola in Italia è messo male. Oltre che essere “aperta a tutti”, come prevede la Costituzione, dovrebbe essere anche sicura e di qualità. Invece stiamo parlando di un patrimonio edilizio nazionale, costituito da 40mila edifici, che è ampiamente datato: per buona parte è stato edificato prima del 1974, ovvero prima delle prime norme antisismiche.

In un Paese che è tra quelli a maggior rischio sismico del Mediterraneo, come ricorda la Protezione Civile, è un paradosso. Lo è ancora di più se si pensa che la verifica di vulnerabilità sismica non è ancora stata effettuata in più del 65,2%. Inoltre negli ultimi cinque anni gli edifici in cui sono stati realizzati interventi di adeguamento sismico sono solo il 3,4%.

Oltre che carenti sotto l’aspetto della verifica della tenuta sismica, gli edifici scolastici lo sono anche considerando l’efficienza energetica: solo il 5,4 % si trova in classe A, mentre ben il 73% stagna nelle classi più infime E, F e G. Questi dati emergono dall’ultima edizione di Ecosistema Scuola, il rapporto nazionale sulla qualità degli edifici e dei servizi scolastici curato da Legambiente.

Ecosistema scuola in Italia: cosa emerge dal report sull’edilizia scolastica

Proprio il report sull’Ecosistema scuola in Italia analizza molteplici aspetti. Ma la sintesi è già una sentenza:

“In Sicilia e Calabria una scuola su tre necessita di interventi urgenti di manutenzione. Nel centro Italia colpito dal sisma del 2016 l’obiettivo messa in sicurezza delle scuole è ancora lontano.” 

Ecosistema scuola in Italia: cosa emerge dal report sull’edilizia scolastica

Se consideriamo la scuola sotto la lente dell’edilizia, ci sono molti aspetti che destano sconforto.

La messa in sicurezza delle scuole rimane una grande sfida; negli ultimi cinque anni gli edifici dove si sono svolti interventi di adeguamento sismico sono solo il 3,4%.

Gli edifici scolastici costruiti con criteri di bioedilizia rappresentano l’1,3% del totale nazionale e solo lo 0,6% risulta edificato nell’ultimo quinquennio. Se, quindi, sono davvero poche le strutture pensate con criteri qualitativi e attenti all’ecologia, sono invece tantissime quelle che abbisognano di interventi sostanziali per la loro stabilità.

Un esempio: le indagini diagnostiche dei solai, tra gli interventi di manutenzione degli edifici scolastici – che dovrebbero ri­sultare prioritarie dato il pericolo connaturato a un loro potenziale crollo. Negli ultimi 5 anni gli edifici in cui risul­tano eseguite tali indagini sono solo il 30,5%. Ancora meno risultano gli interventi per la loro messa in sicurezza: appena il 12,7%.

A proposito di interven­ti di manutenzione straordinaria, nell’ultimo quinquennio ne ha beneficiato poco più della metà (54%) degli edifici; almeno un terzo (33,2%) esprime l’esigenza di interventi urgenti.

Fondi e PNRR, tra ritardi e tempi lunghi

A questo punto viene da pensare che sia un problema di fondi quello che pone l’ecosistema scuola in Italia così indietro. Eppure così non sembra, almeno non del tutto. Nel rapporto si legge che nell’agosto 2019 sono stati stanziati 55,9 milioni di euro a favore dei Comuni, di cui 40 milioni a seguito di indagini diagnostiche su solai e controsoffitti di edifici pubblici adibiti ad uso scolastico e 25,9 per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, resisi necessari a seguito dell’avvenuta esecuzione delle indagini diagnostiche, di importo maggiore a 20mila euro.

“Ai fondi destinati ai Comuni per gli interventi di messa in sicurezza, nell’agosto 2021, sono stati aggiunti ulteriori 17,1 milioni di euro a beneficio delle province e città metropolitane. La scadenza per la conclusione dei lavori e rendicontazione è stata inizialmente fissata al 31 dicembre 2022 tuttavia, come oramai accade ripetutamente per tutte le misure afferenti a fondi per l’edilizia scolastica, tale scadenza è stata prima spostata a dicembre 2023 e attualmente al 31 dicembre 2024”.

I soldi, quindi, ci sarebbero: quanto riportato fa pensare a un problema di gestione burocratica, di lentezza complessiva nell’impiegare soldi pubblici per sistemare infrastrutture prioritarie in un Paese che – in termini di ricchezza media per adulto – si posiziona tra i venti più ricchi al mondo (fonte: Global Wealth Report 2023).

Sempre in termini di fondi e stanziamenti, il PNRR è la voce di riferimento. Nel considerare lo stato di avanzamento del Piano Nazionale, si deve valutare il suo impatto potenzialmente positivo su voci quali: asili nido, messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica, estensione del tempo pieno – mense, infrastrutture per lo sport, costruzione di nuove scuole, nell’iter che va dal progetto, alla gara e all’aggiudicazione.

Se si considera lo stato dei cantieri nelle diverse regioni italiane la prima evidenza è la grande differenza che sussiste tra Nord e Sud Italia. Si passa dal 73,8% di fondi aggiudicati in Trentino-Alto Adige (regione in assoluto più avanti delle altre, tutte si attestano sotto il 60%), al 24,2% in Campania. Quest’ultima regione è la seconda per numero di progetti (807) sulle cinque misure considerate dietro alla Lombardia, con 854. Malgrado il numero sia analogo, la differenza di avanzamento è evidente: in Lombardia i progetti aggiudicati sono quasi la metà (48,5%), in Campania solo uno su quattro.

I tempi si dilatano, a fronte di un’emergenza di intervento sugli edifi­ci scolastici che nella media nazionale del campione oggetto dell’indagine di Legambiente è presente per circa una scuola su tre, “ma i tempi di messa a terra delle risor­se del PNRR vedono un andamento di più del 40% degli interventi ancora bloccato nella fase iniziale del progetto”.

Efficienza energetica, spazi verdi, palestre: una situazione da migliorare

Dall’indagine realizzata dall’associazione ambientalista sui dati forniti dai Comuni capoluogo di provincia, andiamo ora a considerare alcuni aspetti che riguardano l’ecosistema scuola in Italia.

Torniamo sull’efficientamento energetico. Anche in questo caso il quadro viene definito “poco confortante”. Se i Comuni capoluogo che hanno realizzato interventi relativi all’efficienza energetica delle scuole, negli ultimi cinque anni, sono stati a livello nazionale il 79,2%, con uno scarto che va dal 92,9% delle amministrazioni del Centro al 45,5% del Sud, a beneficiare di tali interventi sono stati solo il 12,7% degli edifici italiani.

Su 6.343 edifici oggetto dell’indagine, solo il 30,7% risulta disporre di certificazione energetica. Tra questi un esiguo 5,4% risulta essere in classe A, mentre un terzo è fermo in classe G; se poi si considerano le ultime tre classi energetiche si arriva a uno sconfortante 73%.

Stentano a decollare gli edifici scolastici con im­pianti di energia rinnovabile: solo il 18,2% ne è provvisto. Si parla però di un dato parziale, riferito alle 71 amministrazioni che hanno risposto. Sul totale degli edifici provvisti, il 78,6% dispone di fotovoltaico, il 38% di solare termico.

Scuole in Italia: efficienza energetica, spazi verdi, palestre: una situazione da migliorare
A proposito di palestre e spazi verdi, l’investimento complessivo del PNRR per la costruzione o la ristrutturazione di edifici nuovi o adattati, adibiti a palestre o impianti sportivi, è di circa 350 milioni per 445 progetti. Potrà giovare parecchio a migliorare la situazione di un Paese le cui scuole che non hanno la palestra sono la metà e dove c’è, un impianto su tre richiede la necessità di manutenzione urgente.

Sugli spazi verdi e giardini, anche in questo caso gli edifici scolastici che contano sulla loro presenza sono il 68,7%. Un buon dato, verrebbe da dire, specie a fronte della situazione complessiva. Tuttavia, ancora una volta si evidenzia la forbice tra Nord e Sud.

Nel settentrione gli edifici con giardini o aree fruibili sono l’81,8% di cui il 62,6% utilizzati per la didattica all’aperto; al Sud si passa al 45%, mentre nelle Isole si scende al 38,1%.

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