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Per la prima volta la commissione Ue andrà a finanziarsi sui mercati. Nasce così il Recovery instrument che andrà ai Paesi più sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto che di prestiti, e che assegnerà all’Italia la parte più consistente: 172,7 miliardi di euro. Tutto il pacchetto di misure per fronteggiare l’emergenza coronavirus è un bazooka che vale 2.400 miliardi. Alla base della struttura che comporrà il Programma di salvataggio c’è il Piano che ogni Paese dovrà preparare singolarmente, probabilmente insieme con la legge di Stabilità a cura di Tommaso Tetro E’ servito più tempo del previsto, ma l’attesa non è stata vana. Il piano della commissione Europea per il rilancio dell’economia va oltre le aspettative dei più ambiziosi, e cerca allo stesso tempo di rassicurare i più cauti, togliendo dal tavolo la mutualizzazione del debito. Ma c’è la svolta, come l’ha definita il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni. Per la prima volta la commissione andrà a finanziarsi sui mercati, per raggiungere la considerevole cifra di 750 miliardi di euro, praticamente quasi quanto un intero bilancio europeo. E le carte in gioco prevedono che lo farà proprio grazie alle garanzie comuni prese proprio dallo stesso bilancio. All’Italia 172,7 miliardi di euro Nasce così il Recovery instrument che andrà ai Paesi più sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto che di prestiti, e che assegnerà all’Italia la parte più consistente: 172,7 miliardi di euro, 82 miliardi in forma di aiuti e 91 miliardi come prestiti. La sostanza è che non si mettono in comune i debiti pregressi. E che invece si gettano le basi per una capacità finanziaria collettiva in grado di alimentarsi da sola attraverso risorse di tutti e 27 gli Stati membri. E non finisce qui. Perché oltre alla forza da 750 miliardi messi in campo dal Recovery Fund, già ribattezzato ‘Next generation Eu’, per rilanciare l’economia piegata dal coronavirus la commissione Ue vuole usare anche il bilancio che verrà, quello che abbraccia l’arco temporale dal 2021 al 2027. Allora scodella sul tavolo la proposta da 1.100 miliardi che era stata già discussa, e impallinata, a febbraio scorso dai leader dei diversi Paesi. A questo andrebbero sommati anche i 540 miliardi del pacchetto già approvato che comprende Mes, Sure e Bei. Per un bazooka totale che vale 2.400 miliardi. Forse 3.000 miliardi (che sono ancora meno della metà di quello che gli Usa hanno finora immesso nella loro economia) considerando l’amplificazione moltiplicatrice di determinati strumenti. Il Recovery fund avrà risorse divise tra prestiti per 250 miliardi e sovvenzioni per 500 miliardi. Ma a quanto pare per finanziarlo la commissione dovrà aspettare il 2021; le garanzie per emettere titoli saranno disponibili soltanto con il nuovo bilancio pluriennale e dopo l’approvazione di tutti e 27 i Parlamenti nazionali. E allora si fanno già i conti sulle disponibilità di quest’anno, forse poche: 11,5 miliardi, che potranno essere usati per rifinanziare soltanto le politiche tradizionali ed il nuovo fondo per ricapitalizzare le imprese (che prende il nome di Solvency). E’ dall’anno prossimo che il Recovery fund – che sarà comunque temporaneo e in condizioni di stabilità soltanto fino al 2022 – distribuirà aiuti soprattutto attraverso il Recovery and resilience facility (Rrf), ovvero lo strumento che vincolerà gli Stati a usare i fondi per le riforme e gli investimenti indicati da Bruxelles nelle sue raccomandazioni del semestre europeo. Alla base della struttura che comporrà il Programma di salvataggio c’è il Piano che ogni Paese dovrà preparare singolarmente (probabilmente con la legge di Stabilità) ma che però non potrà allontanarsi dalle priorità comuni a tutti, tipo il digitale e la transizione energetica; naturalmente dovrà affrontare in primo luogo le fragilità del sistema. Per l’Italia, per esempio, ci sono la riforma del fisco, quella della giustizia, e gli investimenti nella sanità. Si chiamerà Recovery plan. E senz’altro un pezzo importante lo occuperà il prossimo decreto in arrivo, e ora ancora in elaborazione, sulle semplificazioni, la riforma del Codice appalti, e non è escluso una revisione dei rapporti con le regioni e i Comuni, che in tempi di emergenza coronavirus hanno mostrato tutte le sue difficoltà. La ripartizione delle risorse L’Italia avrà la maggior quota dei fondi europei; ne sono previsti fino a 172,745 miliardi di euro (81,807 miliardi di aiuti e 90,938 miliardi come prestiti). E’ il maggior beneficiario del Recovery fund. Questa dovrebbe essere, per ora, la ripartizione delle risorse: Italia 172,7 miliardi; Spagna 140,4 miliardi; Polonia 63,8 miliardi; Francia 38,7 miliardi; Grecia 32 miliardi; Romania 31,2 miliardi; Germania 28,8 miliardi; Portogallo 26,4 miliardi; Repubblica Ceca 19,2 miliardi; Ungheria 15 miliardi; Slovacchia 12,8 miliardi; Bulgaria 12,4 miliardi; Croazia 10 miliardi; Paesi bassi 6,7 miliardi; Lituania 6,3 miliardi; Belgio 5,5 miliardi; Slovenia 5,1 miliardi; Svezia 4,7 miliardi; Lettonia 4,5 miliardi; Austria 4 miliardi; Finlandia 3,5 miliardi; Estonia 3,3 miliardi; Cipro 2,5 miliardi; Danimarca 2,1 miliardi; Irlanda 1,9 miliardi; Malta 992 milioni; Lussemburgo 170 milioni. Il premier Giuseppe Conte parla di “una reazione europea forte e unitaria” che “era assolutamente necessaria non solo per l’Italia ma anche per il futuro stesso dell’Europa”. Per la presidente della commissione Europea Ursula von der Leyen si tratta di “una proposta molto solida e buona per l’Italia perché sappiamo che l’Italia e altri Paesi membri non solo sono stati colpiti duramente dalla crisi sanitaria ma ora stanno soffrendo per la crisi economica. Per questo la nostra proposta è molto forte nei sussidi, nelle opzioni per i prestiti, negli investimenti per il futuro e nelle nostre priorità comuni europee che sono la digitalizzazione e il Green deal europeo”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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