Il classamento catastale dei fabbricati

Ancora oggi e con una certa ricorrenza, gli addetti all’accettazione dei documenti tecnici di Catasto Fabbricati docfa riscontrano che i dati di classamento – nei quali sono compresi sia la «consistenza catastale» che la determinazione della «superficie catastale » che, con la prossima revisione degli estimi, sarà l’unico elemento di consistenza delle unità a destinazione ordinaria (categorie “A”, “B” e “C”) – proposti da alcuni tecnici professionisti sono errati e, spesso, in contrasto con i dettami della vigente normativa catastale. Non sempre, infatti, il tecnico professionista riesce a cogliere nel giusto l’appropriata ed univoca categoria e, per di più, la classe di merito da proporre per l’unità immobiliare dichiarata o variata, nonché, cosa ben più grave, la consistenza – non esclusa la superficie catastale – che concorre, per il suo maggior peso, a determinare la rendita catastale. E tutto quanto nonostante il programma informatico docfa sia fornito della funzione d’ausilio «Classamento automatico» che, pur se a volte non dà i risultati voluti, serve a dare indicazioni sull’attribuzione della “categoria catastale” e della “classe” più pertinenti nelle quali far rientrare l’unità immobiliare dichiarata o derivata, e l’indirizzo sulla consistenza catastale. Il «Classamento automatico», con il suo algoritmo risponde adeguatamente alle caratteristiche ed agli elementi di consistenza impostati nelle schede di dichiarazione (Mod. 1NB-parte I e II) e, conseguentemente, se i dati impostati dal tecnico compilatore sono errati, la risposta data dalla funzione stessa non può che essere scorretta, essendo il documento proposto affetto da vizi di forma o di impostazione e di concetti che, purtroppo per il professionista, vengono riscontrati dalla funzione «Controllo formale». L’Amministrazione finanziaria ha dato nelle mani del professionista un prodotto informatico quasi perfetto ma non ha provveduto a offrire allo stesso quelle utili informazioni, istruzioni e norme impartite o suggerite ai dipendenti Uffici nell’arco di cinquantacinque anni (dal 20 Aprile 1939 alla data di emanazione del D.M. n. 701 del 19 aprile 1994) per determinare un equo classamento e, cioè, senza aver provveduto ad aprire una finestra capace di far luce sulla complessa materia catastale e senza aver fornito quei “concetti e criteri” necessari a chiarire sufficientemente i punti oscuri o scarsamente “illuminati”. Certamente la prerogativa dell’attribuzione del classamento alle unità immobiliari assegnata alle categorie professionali abilitate alla presentazione degli atti di aggiornaIl classamento catastale dei fabbricati XVI mento catastale, in sede di dichiarazione di nuova costruzione o di variazione di unità censita, rimuovendola dall’Amministrazione solo in questo stadio, era doverosa e, direi, normale nell’evoluzione di questa “dinamica” società in cui viviamo, non potendo più sussistere la “staticità” della stessa Amministrazione catastale che si edificava e reggeva su un arretrato che ancora oggi purtroppo sussiste, sebbene di modestissima entità, e che si sperava venisse azzerato a seguito della collaborazione dei professionisti con l’utilizzo del programma informatico docfa, cui è associata la funzione “pregressi” o attraverso un suo «surrogato», utilizzando, cioè, la procedura dettata con la circolare 2/T del 3 gennaio 1997, che si è dimostrata sufficientemente utile allo scopo. Ma proprio per il fatto che il professionista, inaspettatamente, si è trovato posto alla prova, dovendosi sostituire al tecnico dell’Amministrazione, senza che gli fossero state impartite le istruzioni necessarie per procedere alla dichiarazione delle unità immobiliari ed al relativo classamento, il risultato delle operazioni da lui eseguite a tutt’oggi è ancora poco soddisfacente. Ma si spera ancora per poco. Perché le ispezioni sono assenti o perché, pur se l’ispezione ai dipendenti Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio è stata rilevata, essa non è stata mai mirata – così sembra – al riscontro dell’integrale rispetto della norma o della prassi catastale ovvero a sedare, sul nascere, nell’animo del tecnico pubblico dipendente l’abituale e ormai dilagante propensione a smentire, sulla base di futili o insufficienti motivi o, addirittura, per protagonismo, l’obbligatorietà della norma stessa od a sottovalutare il doveroso rispetto della prassi o della legge o, ancora, a diminuire il rigore della dottrina impartita dalle Direzione centrali del Catasto che si sono susseguite nel tempo, dal 13 aprile 1939 ad oggi. Ma – viene da pensare – ora che i documenti tecnici possono essere trasmessi per via telematica all’Ufficio competente mediante l’utilizzo del servizio di ausilio allestito dall’Amministrazione (vedi § II.5.10 de “Il catasto dei fabbricati” di Benito Polizzi, edizione 2010) e ora che il catasto verrà gestito dai Comuni, cosa accadrà? Lo sapremo nell’immediato futuro. Evidentemente l’Amministrazione finanziaria – così sembra – mira di più a non creare nuovo arretrato e ad arricchire l’archivio catastale – bene o male e solo ai fini impositivi, ma non a quelli civilisti (come si compiaceva di asserire, in una sua dissertazione sul Catasto, l’allora Direttore Generale del Catasto, ing. Tito Ruboldt) – anche se poi l’archivio stesso si rivelerà, come si rivela a volte, poco affidabile e, privo di quelle qualità che servono:
– a tutelare la proprietà immobiliare e a rendere spedito e sicuro il trasferimento di diritti reali;
– ad agevolare il credito fondiario e quello agrario;
– a fornire una solida base per importanti indagini statistiche (sociali, economiche, agrarie) e per la progettazione delle principali opere pubbliche (bonifiche, piani regolatori, canali, strade, ecc.).