Architetti: sperimentare forme di sharing

Architetti: sperimentare forme di sharing

Fino a qualche anno fa, possedere una seconda casa era sinonimo di risparmio, e per la maggior parte degli italiani il “mattone” era stato un modo per investire i propri guadagni.
Oggi, però, nel rapporto tra le famiglie italiane e il risparmio c’è una discontinuità profonda con la quale toccherà fare i conti e riguarda il mattone. Conviene dirlo con le parole di Luca Dondi, managing director di Nomisma: «Il nuovo contesto del mercato immobiliare deve portare a un’ampia riflessione sulla presunta capacità difensiva dell’investimento in immobili».

In pratica, se in passato comprare la seconda o terza casa era parso alla maggioranza degli italiani il modo migliore per valorizzare i risparmi non è più così, perché molte di quelle abitazioni rischiano di non essere liquidabili, di diventare un monumento del risparmio incagliato.

«L’immobiliare in passato è stato il bancomat di immobiliaristi e costruttori — dice Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio nazionale degli architetti — ora non è più così e bisogna imparare a far fronte a una domanda selettiva. Il mercato si segmenterà, giovani che cercheranno case con metrature contenute per la loro prima casa o pensionati che avranno altre esigenze. Sperimenteremo anche forme di sharing, di condivisione».

In contemporanea però bisognerà fare i conti con l’invecchiamento del patrimonio esistente: le stime dicono che 3/4 degli edifici (8 milioni), quelli costruiti tra il ‘45 e il 1980, sono a fine vita ed è un problema non da poco, che va affrontato al più presto.

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