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Il governo ha approvato il Piano insieme ad alcune indicazioni della Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef). Sarà alla base del Recovery plan italiano da mettere a punto entro settembre per accedere ai fondi europei per fronteggiare la crisi economica causata dal coronavirus. Tra i punti anche l’addio ai sussidi dannosi per l’ambiente, oltre che un’attenzione particolare a tutte le imposte, dirette (come l’Irpef) e indirette (come per esempio l’Iva), con l’obiettivo di abbassare le tasse a partire da “ceti medi e famiglie con figli”, ma anche imprimere un’accelerazione verso “la transizione del sistema economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale”. a cura di Tommaso Tetro Indice degli argomenti: Un piano decennale per risollevare l’Italia Gli investimenti alla base della ripresa Un nuovo fisco e nessun altro condono. Queste le fondamenta del Programma nazionale di riforma (Pnr) che il governo ha varato e che, insieme ad alcune indicazioni della Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), sarà alla base del Recovery plan italiano da mettere a punto entro settembre per accedere ai fondi europei per fronteggiare la crisi economica innescata dall’emergenza sanitaria del coronavirus . Dentro al Pnr trovano spazio grandi temi come gli investimenti in scuola, ricerca, trasporti e banda larga, insieme con il sostegno ad alcuni settori ritenuti strategici, dalla farmaceutica alla biomedicina, dal settore delle auto alla siderurgia (inclusa la transizione eco-tecnologica dell’Ilva di Taranto), dall’edilizia al turismo, alla cultura. Un piano decennale per risollevare l’Italia Sembra una promessa, quella recitata in questo Programma: un Piano decennale per rientrare dall’alto debito, schizzato oltre il 155% con il tracollo del Pil, per via di una crisi “devastante” – riflette il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nella premessa – e contro cui non c’è tempo da perdere. La prima mossa è riuscire a evitare che dopo il lockdown ci sia “un periodo di depressione economica”; questo sarà possibile partendo subito con il decreto Semplificazioni, che dovrebbe sbloccare i cantieri e snellire la burocrazia, accanto a un nuovo intervento in deficit per tamponare l’emergenza. Per il lavoro invece, arriverà la riforma degli ammortizzatori. E anche se in condizioni difficilissime potrebbe servire un aggiunta di risorse fresche, che una nuova mini-manovra estiva potrebbe riuscire a portare, non prima di aver chiesto alle Camere un nuovo scostamento, con quello che già sta via via prendendo il nome di decreto Luglio e che, per un valore di 20 miliardi, dovrebbe contemplare tra i punti centrali un sostegno ‘vero’ alle piccole imprese, al settore automobilistico e agli enti locali. Nella parte dedicata alla riforma fiscale dovrebbe anche esserci l’addio ai sussidi dannosi per l’ambiente, oltre che un’attenzione particolare a tutte le imposte, dirette (come l’Irpef) e indirette (come per esempio l’Iva). Obiettivo ribadito nel Programma è abbassare le tasse a partire da “ceti medi e famiglie con figli” ma anche imprimere un’accelerazione verso “la transizione del sistema economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale”. Fondamentale sarà un nuovo piano di spending review e la lotta all’evasione che punterà sull’incrocio dei dati e “il miglioramento della qualità dei controlli”. Anche se adesso, viene assicurato, non ci saranno “nuovi condoni che, generando aspettative circa la loro reiterazione, riducono l’efficacia della riscossione delle imposte”. Gli investimenti alla base della ripresa Modernizzazione e ripresa economica hanno bisogno di investimenti. Per farli il governo guarda soprattutto in una direzione: i fondi ‘Next generation’, grazie ai quali sarà possibile superare il 3% del Pil rimettendosi in linea con la media europea. In questo contesto la priorità sarà data ai trasporti: punto dirimente sarà il raggiungimento di Roma da tutta Italia in meno di cinque ore. E un posto di primo piano avrà anche la banda larga. Ma anche istruzione e ricerca, che in tre anni dovrebbero ottenere circa 7 miliardi in più, lo 0,4% del Pil, da destinare anche a “progetti di sostenibilità ambientale e digitalizzazione” che “contestualmente abbiano un rilevante effetto sull’incremento della produttività”. Per la scuola dovrebbero esserci poi 3 miliardi per l’edilizia e l’obiettivo di portare in tutti gli istituti la fibra entro due anni, per favorire progetti di didattica a distanza, che andrà rafforzata anche in epoca post Covid-19. Per spingere il mercato del lavoro, oltre a migliorare il sistema del reddito di cittadinanza, soprattutto per le politiche attive e implementando i servizi dei centri per l’impiego, andrà incentivata anche la partecipazione delle donne, sia con la parità salariale che con specifica decontribuzione. Per tutti arriverà il salario minimo, collegato alla contrattazione collettiva nazionale. Infine il governo conferma che la sperimentazione di quota 100 terminerà nel 2021 e che le prossime scelte sulle pensioni saranno dettate dalla “sostenibilità anche di lungo periodo” garantendo la tenuta dei conti e il “rispetto per l’equità intergenerazionale”. Un piano ambizioso che però potrebbe rivelarsi un nulla di fatto, secondo Carlo Cottarelli che dentro ci vede tante idee ma poche priorità. In un’analisi pubblicata su La Stampa, l’ex mister spending review fa infatti presente come vengano confusi “gli obiettivi con gli strumenti”, oltre al fatto che “ci stanno troppe cose”. Una strategia – prosegue Cottarelli – “deve definire in modo chiaro le priorità (poche) che dovranno essere raggiunte senza tentennamenti”. A cominciare dalla “vera priorità”: la riforma della “giustizia”, ovvero la sua accelerazione. La buona notizia è che la parte in cui il governo sembra avere “le idee più chiare” è quella su un pezzo di investimenti pubblici: l’obiettivo è portare il rapporto tra investimenti pubblici e Pil al 3% in quattro anni pensando a infrastrutture di comunicazione, smart mobility, telecomunicazioni (Piano banda ultralarga), energia, acqua, attenuazione dei rischi idrogeologici e sismici, aree verdi urbane, riforestazione, digitalizzazione. Il Programma nazionale di riforma pur anticipando in parte l’impianto strutturale del Recovery fund non espone però, ancora, il governo a un assenso o diniego sul Mes, anche se non fa mistero sulle grandi quantità di risorse di cui il Paese avrà bisogno. Un nodo che una volta sciolto, forse, potrebbe essere di impulso per realizzare almeno in parte gli obiettivi di quel Piano. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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