Terre e rocce da scavo: la normativa per l’edilizia

Le terre e rocce da scavo sono materiali che possono essere gestiti come rifiuti o come sottoprodotti. Conoscere la normativa è fondamentale per evitare di commettere errori e incorrere in sanzioni.

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Terre e rocce da scavo: la normativa per l’edilizia

Le terre e le rocce da scavo sono dei materiali che derivano da alcune delle classiche attività svolte durante un cantiere edile, come lo scavo o la demolizione. Si tratta di materiali che devono essere adeguatamente gestiti, in totale rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente in materia. Si distinguono per caratteristiche e potenziale, di conseguenza, sono state definite regole specifiche per il loro smaltimento o riutilizzo.

La logica, chiaramente, è quella di evitare impatti ambientali negativi e favorire un approccio di economia circolare, che prevede lo smaltimento solo come ultima possibilità. Un tema, quindi, con risvolti anche economici, che devono essere presi in considerazione.

Terre e rocce da scavo: definizione

Il tema delle terre e rocce da scavo, un tempo regolato dall’art. 186 del D.lgs 152/2006 Testo Unico Ambientale, ora è principalmente disciplinato dal DPR 13 giugno 2017, n. 120, Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo. Il testo recepisce anche la Direttiva Europea 2008/98/CE sui rifiuti.

Terre e rocce da scavo: definizione

Nel decreto è contenuta la definizione di terre e rocce da scavo:

“il suolo escavato derivante da attività finalizzate alla realizzazione di un’opera, tra le quali: scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee); perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento; opere infrastrutturali (gallerie, strade); rimozione e livellamento di opere in terra; terra; i sedimenti derivanti da operazioni di svaso, sfangamento e sghiaiamento”.

In sostanza, non si fa riferimento a un materiale specifico, ma a quanto è frutto di determinate attività edili. Infatti, possono essere contenuti materiali quali il calcestruzzo e miscele cementizie varie, oltre a vetroresina, additivi, bentonite, purché siano sempre rispettati determinati limiti di concentrazione previsti dalla normativa.

Il regolamento per le terre e rocce da scavo

Come anticipato, la principale disciplina che regola la materia è il DPR 120/2017, che si applica alla gestione di terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, come rifiuti, riutilizzate in sito o derivanti da siti oggetto di bonifica.

Lo schema di regolamento è stato oggetto di revisione nel mese di settembre scorso, con una bozza andata in consultazione pubblica e in linea con quanto contenuto nel DL 13/2023 “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l’attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune”.

Il regolamento per le terre e rocce da scavo

Lo scopo del nuovo intervento normativo, in ogni caso, era quello di assicurare il rispetto delle tempistiche previste per realizzare impianti e opere previsti dal PNRR. Le innovazioni erano concentrate sulla possibilità di favorire il più ampio utilizzo possibile delle terre e rocce, da intendersi come sottoprodotti e idonee al riutilizzo. Parola d’ordine, pertanto, è “semplificazione”. Tra le novità, per fare un esempio, c’è anche l’inserimento del concetto dei micro-cantieri, siti in cui la produzione di terre e rocce da scavo non supera i 600 metri cubi (anche se la legge 41/2023 di conversione del D.L. 13/2023 parlava di 1.000 metri cubi). O ancora, il piano di gestione, inviato in via preliminare prima del piano di utilizzo.

Cosa si intende per sottoprodotto

La definizione di sottoprodotto è contenuta nell’art. 184 bis del D.Lgs 152/2006. In riferimento alle terre e rocce da scavo, queste possono essere considerate come sottoprodotto (e non come rifiuto) nel caso in cui siano riutilizzate, sia all’interno dello stesso sito, che in altri, purché sia utilizzato per lavori di reinterro, riempimento, rimodellazione, miglioramenti fondiari o in sostituzione di materiali da cava.

Terre e rocce da scavo, cosa si intende per sottoprodotto
Chiaramente, per far sì che tutto ciò sia possibile è fondamentale che i materiali rispettino due caratteristiche fondamentali: non devono essere contaminati da sostanze pericolose e, in ogni caso, si devono rispettare i limiti di concentrazione degli inquinanti previsti dalla normativa. Inoltre, la normativa prevede anche che il loro riutilizzo sia effettuato direttamente, senza ulteriori lavorazioni.

Ruoli e principali attività per la gestione delle terre e rocce da scavo

Il produttore è considerato colui che, con la propria attività, genera la produzione di terre e rocce da scavo, mentre il proponente è il soggetto che presenta il piano di utilizzo, da redigere nel caso dei grandi cantieri. La dichiarazione dei piccoli cantieri, invece, è in carico al produttore. L’esecutore, infine, è colui che esegue quanto previsto dal piano di utilizzo presentato.

Ruoli e principali attività per la gestione delle terre e rocce da scavo

Altri obblighi riguardano, invece, la caratterizzazione chimico-fisica del materiale, finalizzata proprio a comprenderne la composizione e l’eventuale presenza di inquinanti.

Una volta prodotte, le terre e rocce da scavo possono essere conservate in un deposito intermedio, anche presso il sito di produzione, secondo tempistiche e ubicazione contenute nel “piano di utilizzo”. Non possono essere mescolate ai rifiuti, né tanto meno ad altre terre e rocce oggetto di altri piani di utilizzo. Per il trasporto, poi, è necessario accompagnare il materiale con la documentazione prevista dalla normativa. Una volta riutilizzate, infine, si predispone la “dichiarazione di avvenuto utilizzo”, da conservare per 5 anni, in quanto soggetta a controlli da parte delle autorità competenti.

Il piano di utilizzo nei grandi cantieri

Presso i grandi cantieri – in cui si producono più di 6.000 metri cubi di terre e rocce da scavo – è necessario predisporre il piano di utilizzo, che ha lo scopo di indicare come le terre e rocce da scavo prodotte saranno riutilizzate all’interno dello stesso cantiere o in altri, da soggetti che devono essere esplicitati nel documento.

Le informazioni contenute devono riguardare l’ubicazione dei siti di produzione e di destinazione, oltre che dei cicli di produzione a cui sono destinate le terre e rocce da scavo classificate come sottoprodotti. Si fa riferimento, inoltre, ad aspetti quali le modalità di esecuzione e i risultati della caratterizzazione ambientale del materiale, a seguito dell’indagine conoscitiva dell’area adi intervento. Devono essere esplicitati anche gli eventuali siti di deposito intermedio e i percorsi previsti per il trasporto tra le diverse aree coinvolte nel processo di gestione. Infine, il piano di utilizzo può e deve essere aggiornato a fronte di una modifica sostanziale, quale ad esempio l’aumento del volume in banco di almeno il 20% rispetto a quanto previsto, una destinazione differente dall’originale, il ricorso a siti o depositi intermedi non dichiarati in precedenza o, anche, la modifica alle tecnologie di scavo utilizzate.

Cosa succede nei cantieri di piccole dimensioni

Nei cantieri di piccole dimensioni, al fine di semplificare la gestione del materiale, è previsto che il produttore produca una “dichiarazione sostitutiva”, che assolve alla funzione di piano di utilizzo. È necessario, perciò, indicare le quantità di terre e rocce da scavo da utilizzare come sottoprodotti, così come il deposito intermedio, il sito di destinazione, i tempi previsti per l’utilizzo.

Come per il piano di utilizzo, inoltre, questa dichiarazione deve essere aggiornata in caso di modifica sostanziale. L’invio della dichiarazione è ammesso anche solo per via telematica, 15 giorni prima dell’inizio dei lavori di scavo, indirizzata al Comune in cui si effettuano i lavori e all’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente.

Gestione di terre e rocce da scavo come rifiuti

Nel caso in cui le terre e rocce da scavo siano classificate come rifiuti, anziché come sottoprodotti, i codici EER che le identificano sono 17 05 03* terra e rocce, contenenti sostanze pericolose e 17 05 04 terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce precedente.

Si deve rispettare, a questo punto, la normativa in vigore per la gestione dei rifiuti, con la predisposizione di un idoneo deposito temporaneo e l’avvio a operazioni di recupero o smaltimento, con cadenza trimestrale o a raggiungimento dei metri cubi previsti dalla normativa e almeno annualmente. I trasportatori e gli impianti di destino dovranno essere autorizzati allo svolgimento delle relative attività.

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