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Sebbene con una sensibile riduzione rispetto alla fase di picco dell’ultimo ciclo espansivo, la domanda abitativa primaria sarà consistente anche nel prossimo decennio. Da una media di 520mila nuove famiglie l’anno dei primi anni Duemila, si passerà a circa 500mila, la permanenza di consistenti flussi di giovani stranieri, infatti, compenserà la tendenza in calo delle famiglie autoctone, effetto del reflusso dell’onda del baby-boomers e della riduzione dei giovani italiani in età da formazione di una nuova famiglia (25-35 anni). Ma la crescita del numero complessivo di famiglie deriva dal bilancio tra nuove famiglie ed estinzione di famiglie esistenti, e se per le nuove famiglie, grazie ai flussi migratori, le previsioni indicano una riduzione assai modesta, l’estinzione delle famiglie esistenti, a causa dei fenomeni di invecchiamento della struttura demografica, segnerà un sostanziale incremento, passando da una media di 245mila all’anno a circa 300mila. In definitiva, l’aumento del numero complessivo delle famiglie (il saldo netto) segnerà una riduzione, da 275mila a 200mila famiglie in più all’anno, ma dato che si tratta di una conseguenza dell’aumento del numero di estinzioni, il nuovo scenario di mercato sarà potenzialmente caratterizzato da volumi di scambio ancora consistenti. La rimessa in circolo di crescenti quote di patrimonio abitativo liberato determinerà tuttavia una significativa riduzione della domanda di nuove abitazioni, contrapposta all’allargamento del mercato del rinnovo e della riqualificazione del patrimonio esistente, legata al ciclo di riutilizzo delle abitazioni liberate. Ma il tema di fondo sarà la crescente difficoltà di accesso al bene casa che determinerà una netta polarizzazione del mercato. Una simulazione effettuata applicando ai dati di flusso sulle nuove famiglie per età della persona di riferimento una ipotesi di permanenza delle attuali condizioni reddituali e di mercato (reddito-prezzi-costo del finanziamento), individua come delle 481mila nuove famiglie/alloggio ogni anno fino al 2020, circa 171mila saranno in grado di accedere al libero mercato (35,7%), 173mila rientreranno nel target orientato all’affitto o a programmi di edilizia agevolata (36,1%), mentre circa 136mila famiglie, il 28,2% del totale, confluiranno nel segmento della domanda sociale. Se da un lato la messa a reddito (vendita o affitto) di un parco sempre più consistente di patrimonio edilizio reso disponibile con la scomparsa dell’anziano occupante potrebbe favorire processi di upgrade della condizione abitativa, anche con il reinvestimento nel mercato del nuovo di qualità, dall’altro si porrà, in maniera sempre più pressante, la questione della capacità di assorbimento dell’offerta di abitazioni usate ai prezzi attuali. In assenza di una decisa svolta sul fronte occupazionale e della crescita, infatti, una quota sempre maggiore della domanda primaria potenziale è destinata a rimanere inespressa. E’ noto come siano proprio i giovani a pagare il prezzo più alto alla crisi. Il tasso di disoccupazione nella classe 15-24 anni continua a segnare record negativi di intensità e persistenza (addirittura 38,7% a Gennaio 2013). Ma i giovani hanno anche livelli retributivi più bassi[1] e sono più esposti dal punto di vista delle garanzie contrattuali e della continuità del reddito, con conseguenti gravi difficoltà di accesso al credito immobiliare. A questo va aggiunto come molti studi economici mostrino come la combinazione di livelli elevati e di durata della disoccupazione abbiano conseguenze di lungo termine che vanno da più alti rischi di disoccupazione futura, a prolungati periodi di precarietà ed una più lenta crescita del reddito[2]. Ma vi è anche da considerare che una quota crescente della domanda sarà costituita da stranieri, dal 16% del totale delle nuove famiglie dei primi anni Duemila si arriverà al 24%. Quindi, favorire il miglioramento della condizione giovanile ed avviare percorsi di integrazione della componente straniera nel tessuto economico e sociale del Paese costituiscono elementi imprescindibili per l’avvio di un percorso di crescita economica stabile e duraturo. [1]L’Italia è uno dei paesi europei con la distribuzione di reddito tra classi di età più squilibrata e spostata verso le classi di età più avanzate, come sintetizzano gli indici statistici di concentrazione da noi calcolati. [2]Fairlie e Kletzer (1999) hanno stimato che essere stati disoccupati da giovani si traduce in una riduzione dei guadagni futuri che va dall’8,4% per i maschi al 13.0% per le donne. Nel Regno Unito, Burgess et al. (2003) hanno trovato come la disoccupazione giovanile accresca la probabilità di disoccupazione futura; Gregg e Tominey (2005) hanno stimato una riduzione fino al 21% del reddito all’età di 41 anni per coloro che hanno sperimentato situazioni di disoccupazione nell’età giovanile; Bell e Blanchflower (2010) hanno mostrato che la disoccupazione in età giovanile influenza negativamente le prospettive di guadagno future, così come la salute e la soddisfazione professionale fino a due decenni dopo. Autore Enrico Campanelli Fonte Edilbox Mercato delle costruzioni: la ripresa parte da giovani e stranieri 2 Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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