Mercato mondiale delle costruzioni

Un contributo che ammonta oggi a poco più dell’11%, mentre il massimo fu raggiunto nel 2006, anno di massima espansione del ciclo edilizio occidentale, quando le costruzioni arrivarono a pesare quasi il12%.

Questi 5.6 mila miliardi di euro si dividono oggi quasi equamente tra i tre settori: il 33,7% corrisponde a investimenti in edilizia residenziale (1.880 miliardi), il 34% in spese per opere infrastrutturali (1.887 miliardi) e il restante 32,4% in investimenti per edifici non residenziali (1.803 miliardi).
Questo equilibrio settoriale testimonia di un bilanciamento, oggi quasi perfetto, tra caratteristiche locali tutt’altro che omogenee, e che spesso rispecchiano differenti fasi raggiunte nei processi costruttivi (prevalenza di certe tipologie di opere, livello raggiunto nello sviluppo tecnico, materiali utilizzati, preferenze localizzative, livelli di urbanizzazione, etc.), direttamente legate ai livelli di sviluppo in cui si trova una certa economia e un certo territorio. Le forti esigenze di infrastrutturazione di base caratterizzano, ad esempio, le costruzioni in Africa, il settore residenziale rimane il principale destinatario delle risorse nell’Europa Occidentale, mentre gli investimenti in edilizia non residenziale caratterizzano le economie più dinamiche e molte economie emergenti.

Alla fine dell’anno in corso il valore degli investimenti mondiali in costruzioni crescerà del 4,1% rispetto al 2011 avvicinandosi ai 5,8 mila miliardi di euro. La crescita più significativa riguarderà le infrastrutture con il 4,8% contro un 3,6% dell’edilizia residenziale e un 3,8% del non residenziale. Con tassi di crescita annui ancora superiori l’intero mercato mondiale delle costruzioni nel 2016 potrebbe superare il valore record di 7 mila miliardi di euro (valori 2011).
Cambia lo scenario geografico: le costruzioni sono nel segno dell’Asia ….
Gli ultimi anni saranno ricordati, anche per il settore delle costruzioni, come anni di cambiamento degli equilibri geografici. Il centro del mondo delle costruzioni si sposta sempre di più verso oriente. Nel 2000 l’Europa deteneva la quota maggiore in termini di investimenti (il 38%), ma nel 2012 in Asia saranno localizzate oltre il 45% delle risorse, lasciando al continente europeo una quota inferiore al 27%
FIGURA 2 – QUOTA DEGLI INVESTIMENTI PER MACROAREA

Fonte: Cresme/SIMCO 2012

Certamente la crescita del settore sta beneficiando dei grandi processi di infrastrutturazione in atto in molti Paesi, intenti a recuperare quel gap infrastrutturale posto a freno dello sviluppo economico. Basti pensare a quanto avvenuto in Nord Africa, in Cina, ma anche nell’Europa dell’Est e in Australia. Tuttavia, il boom nelle economie emergenti ha voluto dire anche nuove abitazioni, edifici commerciali, industrie, uffici. Si pensi alla Cina, polo manifatturiero mondiale, o all’India post liberalizzazione.
D’altra parte, il mercato asiatico, come detto, rappresenta oggi il primo mercato mondiale, con i suoi oltre 2.400 miliardi di euro nel 2011, il 44% del totale (come si prevede saranno il 45% nel 2012), quasi mille miliardi in più del mercato europeo (compresa la Russia). Ed è impressionante osservare ancora come i rapporti di forza tra i due continenti si siano letteralmente ribaltati in così pochi anni. L’Asia è oggi al centro del mondo delle costruzioni. E quando parliamo di Asia parliamo soprattutto di Cina e di India, due colossi capaci di crescere, negli ultimi 10 anni (tra 2000 e 2011), in termini di Costruzioni e di Prodotto Interno Lordo, del 445e del 196% il primo, del 190 e del 121% il secondo.

L’impressionante dinamica delle costruzioni in Asia appare evidente dall’analisi del grafico storico degli investimenti (a valori costanti). Soltanto nel 2007 il mercato europeo era ancora il primo al livello mondiale ma dal 2008 l’Asia ha scavalcato l’Europa superando i 1.900 miliardi di euro di investimenti. Da allora, sospinte dall’altrettanto impressionante sviluppo economico di Cina e India, le costruzioni in Asia hanno continuato a crescere ad un ritmo annuo medio superiore al 7%, tassi di crescita che verranno mantenuti almeno fino al 2016. Ma il grafico ci mostra anche come i mercati occidentali, dopo crolli annui superiori al 20-30%, come in Irlanda, Spagna, Grecia o Sati Uniti, faranno fatica anche a ritornare ai livelli di inizio anni duemila.

…. anche se l’Occidente conserva i più elevati valori procapite
L’analisi dei valori procapite (misurati a parità di potere d’acquisto, ovvero depurati dalle differenze di prezzo esistenti tra le diverse economie), tuttavia, restituisce un quadro assai diverso: valori largamente più elevati si misurano in Occidente, oltre 2 mila euro a persona in Europa e in Nord America, mentre in Asia vengono spesi circa 877 euro a persona. Ma questi dati(ponendosi nel caso limite in cui le economie emergenti ripercorrano uno sviluppo settoriale ed economico analogo a quello Occidentale) esprimo un’idea dei possibili margini di crescita ancora disponibili,non solo in Asia, ma anche in Sud America (990 euro) e soprattutto in Africa (appena 248 euro a persona, quindi quasi 600 in meno di quanto registrato attualmente in Asia).
E se la produzione residenziale è ancora ampiamente rappresentata in Europa e in America (soprattutto in Sud America, in particolare in Argentina ma anche in Brasile, dove è alta l’esigenza di nuovi alloggi a seguito della rapida crescita demografica ed economica), lo è assai meno in Africa e nel continente australiano, dove il processo di infrastrutturazione prende il sopravvento sulle altre forme di investimento. E’ chiaro che se ad occidente la salute del mercato dipende fortemente dalle dinamiche demografiche e dalla capacità di rinnovare e qualificare il patrimonio immobiliare esistente, in Africa e in molti paesi asiatici la fase attuale è regolata soprattutto dagli investimenti in infrastrutture, in quanto fattore trainante dello sviluppo e strumento straordinario di molti pacchetti anti-crisi. D’altra parte, se il ruolo anticiclico svolto dalle costruzioni in Europa Occidentale si è esaurito da anni, in paesi come la Cina, dove l’investimento è sostanzialmente pubblico (e quindi pianificabile), tutto il settore mantiene questa funzione.

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