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Secondo il think thank indipendente Ember, l’Italia e altri 6 Paesi UE sono d’ostacolo al progresso della transizione verso l’elettricità a zero emissioni al 2030. Così abbiamo tutto da perdere a cura di Andrea Ballocchi Indice degli argomenti: Transizione energetica: lo studio di Ember sui Piani nazionali energia e clima Transizione energetica: perché l’Italia è in ritardo e di ostacolo Transizione energetica: perché l’Italia avrebbe da guadagnare con un PNIEC più ambizioso Sul percorso verso la transizione energetica avviata dall’Unione Europea ci sono due notizie, una buona e una cattiva: la prima è che le rinnovabili raddoppieranno da qui al 2030. Arriveranno a fornire il 60% della domanda di elettricità dell’UE nel 2030, trainata in gran parte dalla crescita dell’eolico e del fotovoltaico. In tutta l’UE, il 40% dell’elettricità sarà generata vento e sole, raggiungendo e addirittura superando il 60% in Danimarca, Paesi Bassi e Spagna. Nonostante questi progressi, si prevede che i combustibili fossili genereranno ancora il 25% dell’elettricità dell’UE entro il 2030 e l’Europa non è sulla buona strada per un’eliminazione graduale del carbone o del gas entro il 2030, in linea con gli obiettivi di Parigi. Per quanto riguarda il gas, la colpa è soprattutto di paesi come l’Italia, la Germania e il Belgio che prevedono un ruolo crescente per il gas fossile entro il 2030. Tutto questo emerge dallo studio condotto dal think thank indipendente Ember, che segnala come i Piani energia e clima nazionali dovranno essere rivisti per centrare gli obiettivi UE al 2030. L’Italia anche in questo caso figura tra i Paesi “dietro la lavagna”, ovvero quelli che devono aggiornare con una certa urgenza il proprio Pniec. È il caso di farlo, anche perché l’aggiornamento produrrebbe diversi vantaggi. Transizione energetica: lo studio di Ember sui Piani nazionali energia e clima Lo studio di Ember, intitolato “Vision or Division?” motiva la necessità di una transizione elettrica a zero emissioni, parte integrante della transizione energetica: una rapida decarbonizzazione della produzione di elettricità sarà essenziale per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Da qui l’analisi, che si concentra sui Piani nazionali per l’energia e il clima di ogni paese UE per valutare i progressi previsti nel settore energetico nel prossimo decennio. Quello che si pone davanti è un decennio chiave per l’azione sul cambiamento climatico. L’elettricità pulita è essenziale per la transizione verso un’economia sostenibile. Questo emerge anche dalla volontà di molti Paesi europei, che hanno piani ambiziosi per decarbonizzare i propri sistemi elettrici. “Tuttavia, abbiamo anche identificato sette Paesi chiave che stanno bloccando il progresso generale nell’UE. A meno che non cambino rotta, raggiungere una riduzione delle emissioni del 55% sarà estremamente impegnativo – per non parlare del 60%”, afferma Charles Moore, responsabile del programma europeo di Ember. Si è detto del raddoppio della quota di rinnovabili, tuttavia l’impiego previsto delle FER è estremamente disomogeneo. La mancanza più sensibile si individua nell’Europa orientale dove la diffusione prevista dell’elettricità rinnovabile nel 2020 è notevolmente inferiore rispetto al resto dell’UE. Da qui al 2030, molti paesi dell’Europa dell’Est avranno quote percentuali di energie rinnovabili nei loro mix di energia elettrica più basse rispetto ai paesi più avanzati. “Nella maggior parte dei paesi del mondo, l’energia eolica o solare è oggi la scelta più economica per la produzione di energia elettrica in termini di costi complessivi. Tuttavia, i NECP indicano che molti governi dell’UE non sono riusciti a riconoscere i cambiamenti economici, con l’eolico e il solare che ancora giocano un ruolo minore nel mix elettrico entro il 2030”. L’analisi rivela che l’Italia figura tra i sette paesi che stanno bloccando la transizione in Europa. Insieme saranno responsabili dell’80% delle emissioni del settore energetico dell’UE entro il 2030 a causa della loro dipendenza dal carbone e dal gas fossile e dell’insufficiente diffusione dell’elettricità a zero emissioni di carbonio. Transizione energetica: perché l’Italia è in ritardo e di ostacolo Il report si sofferma su ciascuno dei sette Paesi. Per quanto riguarda l’Italia, il suo ritardo nel centrare i traguardi sulla transizione energetica viene motivato col fatto che nel 2030 sarà uno dei paesi dell’UE più dipendenti dai combustibili fossili per la produzione di elettricità. Evidenzia che tra il 2018 e il 2025 il nostro Paese “sta pianificando la più grande espansione dell’impiego di gas fossile nel settore elettrico all’interno dell’UE, principalmente guidata dal passaggio dal carbone all’elettricità alimentata a gas fossile, con la chiusura delle centrali a carbone”. Inoltre, la diffusione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia tra il 2018 e il 2030 è inferiore alla media UE-27 e non è sufficiente per compiere progressi significativi in relazione alla sua attuale elevata quota di combustibili fossili nella combinazione elettrica. Da qui la conclusione di Ember: entro il 2030 l’Italia sarà responsabile di circa il 10% delle emissioni del settore energetico dell’UE-27 e sarà il terzo più grande emettitore energetico dell’UE quanto a emissioni legate alla produzione di energia elettrica. Transizione energetica: perché l’Italia avrebbe da guadagnare con un PNIEC più ambizioso Oltre che a livello ambientale, non puntare su un Piano nazionale integrato Energia e Clima più ambizioso, è anche un errore dal punto di vista economico e occupazionale. Lo rileva bene lo studio di Italian Climate Network “Il Green Deal conviene. Benefici per economia e lavoro in Italia al 2030”. Se si aumentassero del 78% gli investimenti proposti dal PNIEC, avendo come obiettivo la riduzione delle emissioni del 55% al 2030 (in linea con la proposta europea della Commissione europea, e, compatibile con l’obiettivo delle zero emissioni al 2050), si avrebbe lo 0,5% annuo di PIL e 530mila occupati in più, ovvero il 2,5%-3% all’anno. Inoltre, se gli investimenti aggiuntivi da qui al 2030 fossero indirizzati verso lo sviluppo di innovazione tecnologica green come pannelli solari o sistemi di accumulo di ultima generazione, per ogni miliardo addizionale crescerebbero gli occupati stabili di seimila unità e il PIL di 10 miliardi di euro. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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