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Dall’ultimo aggiornamento del Corporate Credit Risk Research prodotto da CRIF Rating Agency emerge che il tasso di default a 12 mesi per le imprese non finanziarie ha raggiunto il suo massimo di circa l’8% nel II trimestre 2013 dopo il 2008, in seguito alla crisi dei debiti sovrani europei, per attestarsi al 6,6% nel IV trimestre 2014, ben distante dal 5,5% che si registrava prima della “crisi subprime” nel 2007. Il tasso di default a 12 mesi, quale indicatore primario dell’andamento del rischio di credito, misura gli eventi pubblici di default, le nuove sofferenze e i ritardi di più di 90 giorni nei pagamenti su linee di credito detenute presso il sistema finanziario nel periodo di osservazione. Nel complesso, la lenta ripresa in Europa dopo la recessione del 2008-2009, i crescenti squilibri tra paesi dell’area Euro e l’emergere di profondi temi strutturali nell’architettura istituzionale europea, sono tra i principali fattori latenti che hanno portato, in Italia, a un rischio di credito più elevato nel 2013 rispetto al 2009. I picchi registrati nel IV trimestre 2009 e nel II trimestre 2013 nella serie storica rappresentano l’effetto ritardato delle due crisi finanziarie che hanno avuto impatti pesanti sull’economia reale del Paese. Fonte: CRIF Rating Agency Note: (1) Le aree ombreggiate rappresentano periodi di recessione tecnica (una recessione tecnica si verifica quando il prodotto interno lordo decresce per due trimestri consecutivi) (2) una società si definisce in default se c’è evidenza di sofferenze o ritardi di più di 90 giorni nei pagamenti su linee di credito detenute presso il sistema finanziario, o di eventi pubblici di fallimento. (3) Il default rate è definito come numero di imprese passate a default nei 12 mesi diviso il totale delle imprese in bonis all’inizio del periodo, per cui sia possibile calcolare una performance creditizia. (4) La classificazione dimensionale delle imprese segue la definizione della Commissione Europea. Del resto la recente crisi finanziaria globale ha fortemente influenzato l’economia reale italiana, portando a una riduzione della produzione industriale di oltre il 20% nel 2014 rispetto al periodo pre-crisi, e a un tasso di disoccupazione più che raddoppiato rispetto al 2007, attestandosi a circa il 13% a fine 2014. Questo processo è stato accompagnato da un rapido deterioramento del merito creditizio delle imprese non finanziarie, particolarmente accentuato per le piccole e medie imprese e in alcuni specifici settori. A questo riguardo l’approfondimento dell’analisi prodotta da CRIF Rating Agency evidenzia come imprese operanti in diversi settori hanno mostrato un differente andamento del rischio durante la ‘grande recessione’, riflessi da differenti livelli di default e gradi di correlazione con il ciclo economico. Si registra, inoltre, un incremento nei differenziali fra i tassi di default delle diverse industrie italiane in seguito alla recente crisi del debito europeo, che ha portato all’ampliamento del divario fra il rischio di credito tra settori. L’altra componente più discriminante per il rischio di credito è rappresentata dalla dimensione aziendale, tanto che tra il II trimestre 2007 e il IV trimestre 2014 le PMI hanno fatto registrare un tasso di default medio di circa 170 punti base superiore a quello delle imprese maggiori. Questa dinamica trova spiegazione nel fatto che le PMI sono penalizzate in ragione della maggiore concentrazione in settori a rischio di credito elevato, come ad esempio quello delle costruzioni, ma va sottolineato come mostrino comunque tassi di default medi più alti a prescindere dall’industria di appartenenza. Anche la locazione geografica è un elemento che incide sui diversi livelli di default, confermando un contesto di minor rischio nelle regioni del Nord Italia. A titolo di esempio, fra il II trimestre 2007 e il III trimestre 2014 le società del settore “heavy manufacturing” nella macro-area “Sud e Isole” hanno mostrato un tasso di default pari a 1.7 volte rispetto a quello delle imprese attive nello stesso settore ma operanti nel Nord Est del Paese. Anche la locazione geografica è un elemento che incide sui diversi livelli di default, confermando un contesto di minor rischio nelle regioni del Nord Italia. A titolo di esempio, fra il II trimestre 2007 e il III trimestre 2014 le società del settore “heavy manufacturing” nella macro-area “Sud e Isole” hanno mostrato un tasso di default pari a 1.7 volte rispetto a quello delle imprese attive nello stesso settore ma operanti nel Nord Est del Paese. L’analisi di CRIF Rating Agency si conclude con una previsione dei livelli di rischiosità nel biennio 2015 -2016: nello specifico, non si attende una riduzione significativa del tasso di default aggregato durante l’anno in corso mentre si prevede una graduale diminuzione nel 2016. “Nel complesso la riduzione del rischio di credito nel 2015 sarà ancora ostacolata dagli effetti del prolungato crollo della produzione industriale e dall’elevato e persistente livello di disoccupazione in Italia nel 2014 – commenta Tommaso Mascagni, analista di CRIF Rating Agency e autore della ricerca – e solamente la graduale ripresa economica che andrà consolidandosi nel 2015 e la politica monetaria accomodante in Europa incideranno positivamente sui tassi di default, ma solo a partire dal 2016”. Appendice Questa ricerca rappresenta un estratto del report completo che sarà disponibile a Maggio 2015. Le analisi e le opinioni espresse nel presente documento non rappresentano in alcun modo i criteri di CRIF Rating Agency per l’assegnazione del rating corporate, ma mirano unicamente a fornire una maggiore comprensione dell’andamento del rischio di credito in Italia. Per una descrizione delle metodologie e criteri di rating si rimanda al sito www.creditrating.crif.com. La ricerca completa contiene le previsioni di CRIF Rating Agency dei tassi di default delle società di capitali non-finanziarie italiane divise per settori. Attraverso l’analisi dei dati storici sui tassi di default degli ultimi otto anni, si offre inoltre una visione trasversale sul rischio di credito in Italia, esplorando aspetti determinanti come la dimensione aziendale e la specializzazione settoriale. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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