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In occasione della settima edizione della Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica, il Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare, Nello Musumeci, ha annunciato il Piano Nazionale per la Prevenzione Sismica, un programma decennale che si propone di ridurre il rischio sismico sul territorio italiano con uno stanziamento iniziale di 250 milioni di euro, “con l’obiettivo di replicare questa cifra ogni anno”, ha spiegato il Ministro. Impatti economici e sociali dei terremoti Durante la Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica, appuntamento giunto alla settima edizione, organizzato da da Fondazione Inarcassa, Consiglio Nazionale degli Ingegneri e Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori per sensibilizzare l’opinione pubblica e analizzare gli impatti socio-economici dei terremoti, è stato presentato uno studio che analizza i costi indiretti dei terremoti. Prendendo in esame tre eventi storici – Valle del Belice, Friuli Venezia Giulia e Irpinia – sono emerse conseguenze devastanti che vanno oltre i danni immediati, estendendosi al tessuto economico e sociale delle comunità colpite. I dati evidenziano come i terremoti abbiano inciso negativamente sul PIL delle aree colpite: un calo del -2,8% nella Valle del Belice e del -12% in Irpinia, mentre il Friuli ha rappresentato un caso virtuoso grazie alla ricostruzione mirata e investimenti nell’industria che hanno portato a un aumento del 20% del PIL. Anche i tassi di disoccupazione si sono aggravati: nel Belice si è registrato un 25,5% e in Irpinia un 27,3%, ben al di sopra della media nazionale del 5,8%. Lo spopolamento è un altro effetto drammatico dei sismi: le stime indicano un calo del -10% della popolazione residente nel Belice e del -8,6% in Irpinia. Infine, la perdita dei beni culturali rappresenta un danno irreparabile, con percentuali del 100% nel Belice e del 70% in Irpinia. Questi numeri confermano l’urgenza di intervenire in modo strutturale per mitigare i danni futuri e per evitare ulteriori ripercussioni economiche, sociali e culturali. La risposta del piano nazionale e l’importanza di interventi programmati Con un patrimonio edilizio fragile e obsoleto – il 57% degli edifici italiani risale a prima del 1971, meno del 3% degli immobili censiti sono stati costruiti dal 2008 in poi, anno in cui sono entrate in vigore norme tecniche antisismiche più dettagliate – la prevenzione sismica è chiaramente come una priorità strategica. Basti pensare che dal terremoto della Valle del Belice del 1968, l’Italia per far fronte ai danni dovuti a 8 terremoti ha stanziato 135 miliardi di euro, di cui 20 andranno spesi da qui al 2047. Il piano annunciato dal Ministro Musumeci si propone di avviare un percorso virtuoso, partendo dalle infrastrutture pubbliche, come scuole e ospedali. “Dobbiamo cominciare dalle strutture più strategiche – ha affermato il Ministro – mentre per gli edifici privati, chiediamo il sostegno dell’Unione Europea”. A oggi, sono 18 milioni gli immobili residenziali che necessitano di interventi di messa in sicurezza, con un costo stimato di 7 miliardi di euro all’anno per 30 anni. Secondo le stime infatti, per la prevenzione strutturale dell’intero patrimonio edilizio residenziale nazionale servirebbero investimenti pari a 219 miliardi di euro nei prossimi 30 anni, il che conferma l’urgenza di un piano di lungo termine. In primis è necessario intervenire su scuole, ospedali e infrastrutture strategiche, con un particolare focus sulle aree a maggiore rischio sismico. Le associazioni di settore, tra cui il Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) e la Fondazione Inarcassa, hanno sottolineato l’importanza di un piano organico che preveda finanziamenti costanti e una mappatura dettagliata del patrimonio immobiliare. Come evidenziato dal Presidente del CNI, Angelo Domenico Perrini, è necessario un cambio di passo: “Serve un quadro chiaro sui costi, sulle modalità di intervento e sui tempi di realizzazione. È l’ora di passare dalle ipotesi all’azione”. Anche il Consiglio Nazionale degli Architetti ha richiamato l’urgenza di promuovere una cultura della prevenzione, inserendo la sicurezza sismica in programmi di rigenerazione urbana, considerando anche la fragilità del nostro territorio. Come ha dichiarato Massimo Crusi: “La manutenzione e la prevenzione devono essere prioritarie per preservare la nostra identità culturale e il benessere dei cittadini”. Andrea De Maio presidente della Fondazione Inarcassa ha evidenziato l’importanza di un’analisi dettagliata del patrimonio immobiliare, prevedendo finanziamenti costanti: “Affrontando il problema del rischio sismico, secondo una logica di prevenzione sismica programmata, lo si potrebbe trasformare in un’opportunità, consentendo non solo il risparmio di tutti i costi diretti ed indiretti connessi ad un terremoto, ma anche attivando una leva importante per favorire la crescita e lo sviluppo socioeconomico dei territori”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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