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Sono più di sette anni che le imprese di costruzioni hanno difficoltà ad accedere ai finanziamenti bancari per intraprendere nuovi investimenti. Nel primo trimestre 2015 le erogazioni di nuovi mutui per investimenti residenziali sono ancora diminuite, -12% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, dopo un 2014 durante il quale le erogazioni in tale comparto erano ulteriormente diminuite del 18,3%. Il credit crunch a cui si è assistito nel settore residenziale è stato fortissimo, basti pensare che si è passati dai 31,5 miliardi di euro erogati nel 2007 ad appena 9 miliardi nel 2014, una diminuzione di oltre il 70%. Per quanto riguarda, invece, il settore non residenziale sia nel 2014 che nel primi 3 mesi del 2015 le erogazioni per investimenti sono aumentate; nel 2014 l’incremento è stato del 6,7% rispetto al 2013, variazione totalmente attribuibile all’ultimo trimestre dell’anno, durante il quale le erogazioni sono aumentate di oltre il 74%. Nel primo trimestre del 2015 è proseguito il trend positivo, con un incremento di oltre il 126% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo primo segnale positivo viene registrato dopo sette anni di continue diminuzioni nelle erogazioni di finanziamenti in tale comparto: complessivamente, infatti, tra il 2007 e il 2014, i nuovi mutui per investimenti nel settore non residenziale sono diminuiti del 71,7%, passando da 21 miliardi di euro ad appena 5,9 miliardi di euro. L’analisi a livello territoriale mostra che nella maggior delle regioni i finanziamenti per investimenti in edilizia residenziale continuano, nei primi tre mesi dell’anno, a diminuire. Per quanto riguarda i finanziamenti per investimenti in edilizia non residenziale, per la prima volta dall’inizio della crisi, in tutte le regioni si sono registrate variazioni positive. Effettuando un’analisi di più lungo periodo e confrontando i diversi comparti finanziati dal credito bancario, emerge che il settore delle costruzioni è stato quello che più di tutti ha subìto la forte restrizione delle erogazioni di finanziamenti. Se nel 2007 venivano destinati al settore delle costruzioni circa il 30% dei finanziamenti erogati dalle banche (12% per investimenti in costruzioni e 18% per acquisto di immobili), nel 2014 la quota destinata al settore è stata solo pari al 14% (8% per investimenti in costruzioni e 6% per acquisto di immobili). Nella Relazione Annuale sul 2014 il Governatore della Banca d’Italia ha sottolineato come “nei settori per i quali la ripresa è più lenta, in particolare nelle costruzioni, si registra ancora una flessione (dei prestiti alle imprese)”. Inoltre, il Governatore prevede che in futuro “l’erogazione di prestiti diverrà più selettiva; andrà stimolato lo sviluppo di forme alternative di finanziamento, necessarie per evitare una carenza di risorse per l’economia reale…”. Anche i risultati dell’Indagine rapida di aprile 2015 effettuata presso le imprese associate confermano come le difficoltà di accesso al credito continuino a rappresentare un problema per le imprese, nonostante i primi segnali di ripresa del mercato del credito. Oltre il 42% delle imprese che ha partecipato all’Indagine ha continuato a registrare forti difficoltà di accesso al credito e il 21,3% ha registrato un peggioramento nelle condizioni di accesso. Tali difficoltà, nel 67% dei casi, si sono manifestate con la richiesta di maggiori garanzie da parte delle banche, seguite da un allungamento dei tempi di istruttoria nel 54% dei casi. Per il 46% delle imprese, inoltre, la banca ha richiesto il rientro, mentre al 36% è stato applicato un aumento dello spread. Rimane elevata la quota di imprese che segnala la concessione di una minore quota di finanziamento rispetto all’importo totale dell’investimento (36%). Problemi di accollo dei mutui da parte degli acquirenti sono stati segnalati dall’12% delle imprese che ha partecipato all’Indagine. Un’impresa su quattro ha segnalato cambiamenti nelle condizioni contrattuali dei finanziamenti in essere, che hanno riguardato per il 60% dei casi il cambiamento del tasso di interesse applicato e per il 49% dei casi la quantità di credito erogato. La variazioni delle condizioni contrattuali applicate hanno riguardato soprattutto l’apertura di c/c (65,8%) e lo scoperto di c/c (60,3% dei casi). Seguono i finanziamenti a breve non finalizzati (37%) e il finanziamento revolving (13,7%). La domanda di credito continua ad essere sostenuta: il 31,2% delle imprese che ha partecipato all’Indagine dichiara di aver incrementato le proprie esigenze di credito negli ultimi 6 mesi. La principale esigenza che ha spinto le imprese ad aumentare la richiesta di credito è collegata ad una variazione delle esigenze produttive (46,8% dei casi), a cui segue la variazione della capacità di autofinanziamento (46,2%), seguita dalla necessità di far fronte ai ritardati pagamenti della PA (42,3%). Per il 14,7% delle imprese la necessità di maggiore liquidità è collegata ad una variazione delle esigenze di ristrutturazione del debito, mentre solo per il 5,8% delle imprese la necessità di maggiore liquidità è legata ad una variazione del ricorso ad altre forme di indebitamento. Nell’Indagine effettuata lo scorso aprile alle imprese sono state richieste informazioni sul rating che le banche attribuiscono alle imprese per la valutazione del merito di credito. Complessivamente, solo il 22% delle imprese che ha partecipato all’indagine conosce il proprio rating e sa come è stato calcolato: una percentuale molto contenuta se è vero che sono più di 10 anni che si parla di Basilea 2. Impressiona il fatto che quasi il 40% delle imprese del campione non conosca nulla del proprio merito di credito. Del restante 60% circa di imprese che conosce il proprio rating, solo un’impresa su 3 conosce i criteri in base ai quali è stata valutata. Un miglioramento nel rapporto tra banca impresa basato su una maggiore trasparenza e informazione da entrambe le parti potrebbe incentivare la concessione di finanziamenti a progetti e soggetti meritevoli di credito. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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