L’OICE, l’Associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria, attraverso il vice presidente Inglesetti, ha voluto sottolineare come da venti anni le società di ingegneria garantiscano crescita e sviluppo ai professionisti, e come sia necessario evitare anacronistici passi indietro. Il tema dell’internazionalizzazione dell’imprenditoria del progetto è infatti quanto mai di attualità e sono emerse in maniera molto chiara l’importanza e la necessità di cogliere le opportunità che provengono dall’estero per diversificare e sviluppare il business imprenditoriale. Nelle sue conclusioni, Ingletti ha sottolineato come le grandi imprese di progettazione architettonica e di ingegneria a tenere testa alla crisi grazie alle attività e all’attenzione nei confronti dei mercati internazionali. Le 6 aziende presenti nella classifica delle Top 225 International Design Firms, annualmente pubblicata dalla rivista statunitense Enr (Engineering News Record), producono il 50% del proprio fatturato fuori dai confini nazionali. “Nonostante investire all’estero rappresenti al momento l’opportunità più concreta per tenere testa alla crisi, le società di ingegneria e di architettura italiane – aggiunge Ingletti – non sono organizzate e strutturate per affrontare la competizione internazionale. Oggi l’OICE rappresenta 435 società che insieme generano poco più di un miliardo di fatturato contro i 96 miliardi prodotti dalle top cento internazionali e i 42 miliardi delle prime cento europee. La disparità di competitività appare evidente ed è data da una serie di fattori, tra cui le dimensioni delle organizzazioni italiane. Le prime 6 società di ingegneria europee, ad esempio, hanno più di 10.000 addetti mentre le prime 6 società italiane risultano averne al massimo 500. Ne consegue che nessuna società italiana si colloca nelle prime 100 posizioni delle specifiche classifiche internazionali”. Secondo Ingletti “le opportunità per l’ingegneria possono essere le opportunità per tutto il Sistema Paese. Ma solo attraverso nuovi modelli organizzativi e un processo di aggregazione l’engineering italiana ha la possibilità di consolidare le proprie posizioni in quelle aree dove le capacità italiane sono già apprezzate e di penetrare nei mercati nuovi e inesplorati dove può svolgere un ruolo di apripista per il resto dell’economia e l’intera filiera delle costruzioni, indotto compreso”. L’occasione di una platea così qualificata ha sollecitato Ingletti ad affrontare un tema piuttosto caldo per le società di ingegneria in questo momento, quello del riconoscimento sancito nel 1994 con la legge Merloni ma incredibilmente rimesso in discussione da una recente sentenza del Tribunale di Torino che, incurante di una copiosa giurisprudenza, per annullare un contratto di 8 anni fa ha fatto rivivere una legge del ’39 (la n. 1815 che faceva divieto di svolgere in forma societaria attività professionali), peraltro abrogata dalla Legge Bersani del 1997. L’assurdità della sentenza, che si pone in conflitto anche con numerose sentenze della Cassazione, è stata messa in evidenza da Ingletti anche in relazione al trend in cui si collocano le società italiane: “appare quanto meno anacronistico – ha precisato Ingletti – ricorrere a leggi di 70 anni fa quando gli scenari economici, organizzativi e di mercato impongono di guardare al futuro e soprattutto all’estero dove, a livello internazionale, operano società di ben diverse dimensioni e capacità tecnico-economica rispetto a quelle italiane”. Le opportunità per l’ingegneria sono le opportunità per il Sistema Paese 2 Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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