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L’immobile, costituito da un ufficio e da due posti auto, pur essendo destinato alla vendita perché iscritto in bilancio tra le rimanenze di merce, è concesso in locazione a terzi. La società proprietaria precisa che ai fine dell’Ires il reddito dell’immobile è stato determinato con riferimento la reddito effettivo generato dalla locazione. Ciò premesso l’istante chiede se, ai fini delle imposte dirette, al predetto immobile sia applicabile il criterio di determinazione catastale del reddito, così come richiamato dall’articolo 1, comma 2, della legge 30.12.1991 n. 413. La società quindi ritiene che si debbano eseguire le rettifiche come segue: 1) portare in aumento del reddito d’esercizio il reddito catastale dell’immobile e le spese condominiali e di manutenzione iscritte nel conto economico; 2) portare in diminuzione del reddito d’esercizio i canoni di locazione e i proventi derivanti dalla rifusione delle spese condominiali iscritti nel conto economico. L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 99 del 3 agosto 2006 ha precisato che: in ogni caso il reddito degli immobili riconosciuti d’interesse storico o artistico, ai sensi dell’articolo 3 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, è determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato. Con la circolare n. 2/E del 2006, recependo l’orientamento della Corte di Cassazione sanzionato nelle sentenze n. 10860 e n. 10862 del 23 maggio 2005, si è chiarito che il criterio catastale di cui all’articolo 11 della citata legge è applicabile sia nel caso di locazione ad uso abitativo sia nel caso di locazione ad uso diverso. Occorre precisare anche che gli immobili in esame appartengono ad una società di capitali il cui reddito complessivo è considerato reddito d’impresa ed è determinato secondo le relative disposizioni del Testo Unico n. 917/1986. L’articolo 90 del Tuir prevede le ipotesi in cui il reddito degli immobili, in deroga all’ordinario criterio analitico, posseduti in regime d’impresa debba concorrere a formare il reddito complessivo secondo i criteri catastali; sono, in buona sostanza, i casi di immobili patrimoniali, cioè non costituenti beni strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa. Dal combinato disposto delle citate disposizioni si ha che l’articolo 11 può trovare applicazione all’interno delle norme che disciplinano il reddito d’impresa esclusivamente nel caso degli immobili patrimoniali e non anche nei riguardi degli immobili che rappresentano beni merce o strumentali per l’esercizio dell’impresa. L’inapplicabilità dell’articolo 11 ai beni strumentali posseduti da società è confermata da un parere dell’Avvocatura dello Stato che precisa come tutti i beni appartenenti alle società in nome collettivo e in accomandita semplice vanno considerati come relativi all’impresa indipendentemente dalla loro destinazione, in quanto secondo le norme del Tuir sussiste una presunzione assoluta di strumentalità. Perciò la determinazione del reddito per le società, anche con riferimento agli immobili, deve avvenire in base ai ricavi realizzati contrapposti ai costi. Nel caso di specie, gli immobili sono contabilizzati in bilancio tra le rimanenze in quanto destinati alla vendita; agli stessi, quindi, non può applicarsi la previsione di cui all’articolo 90 del Tuir. Pertanto, alla luce delle considerazioni fatte, gli immobili oggetto di istanza d’interpello da parte della Società a responsabilità limitata, non rientrando tra gli immobili patrimoniali, devono concorrere al reddito secondo le disposizioni che regolano il reddito d’impresa; in altri termini, non può applicarsi il criterio catastale previsto per gli immobili di interesse storico o artistico di cui alla legge n. 413/1991. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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