Snellire le pratiche edilizie: verso una riforma normativa che guarda ai modelli internazionali

L’Italia, con il Decreto Salva Casa, sembra aver imboccato una strada lunga e tortuosa per modernizzare le procedure edilizie. La svolta è ancora lontana, ma qualcosa si muove, con l’obiettivo di liberare il settore da anni di immobilismo burocratico e rilanciare investimenti, rigenerazione urbana e praticabilità normativa. La sfida ora è estendere tale approccio alla transizione energetica, all’efficienza e alla digitalizzazione strutturale, seguendo modelli europei più avanzati.
Ma secondo i professionisti del settore c’è ancora bisogno di un’omologazione territoriale

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Snellire le pratiche edilizie: verso una riforma normativa che guarda ai modelli internazionali

Il cosiddetto Decreto “Salva Casa” (Decreto-legge n. 69/2024, convertito nella Legge 105/2024), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 29 maggio 2024, è stato introdotto con l’obiettivo di sbloccare situazioni immobiliari incagliate in una burocrazia troppo rigida. Il provvedimento punta a rendere più agevole la regolarizzazione di irregolarità edilizie di lieve entità, facilitare il riuso abitativo e dare nuova spinta al comparto immobiliare. Ma cosa cambia, concretamente?

Burocrazia in trasformazione: quadro storico

In passato, le pratiche relative alle transazioni immobiliari (verifiche catastali, eventuali irregolarità edilizie, controlli urbanistici, limiti paesaggistici, requisiti energetici e sismici), agli interventi di ristrutturazione (richieste di autorizzazioni, DIA, SCIA, permessi paesaggistici, vincoli storici, titoli abilitativi, oneri e agevolazioni fiscali) e ai progetti di riqualificazione urbana (strumenti urbanistici, accordi operativi, iter articolati che coinvolgevano diversi livelli istituzionali, sia comunali che regionali, lunghe conferenze di servizi, vincoli sovraordinati, differenze normative locali), si contraddistinguevano per scarsa coerenza a livello geografico, con Regioni e Comuni che adottavano regole autonome, differenti parametri edilizi, varie letture delle norme e dei vincoli, risposte non omogenee e tempi spesso prolungati.

Ma anche per l’utilizzo prevalente della documentazione cartacea, per i rallentamenti amministrativi, gli ostacoli nella definizione dello “stato legittimo” degli immobili e nelle sovrapposizioni tra autorizzazioni urbanistiche, paesaggistiche e di tutela, che spesso impedivano o ritardavano cantieri o compravendite. Questo aveva riflesso anche sulle agevolazioni fiscali non sempre stabili, con bonus soggetti a rinnovi, modifiche, riduzioni o contestazioni, comunque essenziali per il sostegno del comparto edilizio.

Lo stato dell’arte

Il nuovo decreto semplifica le regole edilizie: amplia le opere in edilizia libera (come tende, pergolati, VEPA), introduce tolleranze nei margini costruttivi, elimina l’obbligo della doppia conformità, e semplifica l’accertamento dello stato legittimo degli immobili.

La burocrazia edilizia in trasformazione con il decreto salva casa

Più agevole anche il cambio di destinazione d’uso tra categorie simili, senza nuove autorizzazioni. Inoltre è stata introdotta una modulistica unica digitale e il silenzio-assenso in caso di mancata risposta dei Comuni. E per gli incentivi si punta soprattutto sul recupero dell’edilizia esistente. Ecco nel dettaglio.

 Le principali novità normative, che cosa cambia, che cosa funziona e che cosa c’è ancora da sistemare

Il Decreto “Salva Casa” (D.L. n. 69/2024, convertito in Legge n. 105 del 24 luglio 2024)

Questa nuova legge rappresenta un passo importante nella semplificazione delle regole che riguardano l’edilizia e l’urbanistica. L’obiettivo principale è rendere più semplici e veloci le pratiche burocratiche per la casa. Una delle novità più rilevanti riguarda la possibilità di regolarizzare in modo più semplice le piccole irregolarità edilizie. In pratica, se ci sono piccole differenze tra i lavori eseguiti e quelli autorizzati, adesso è più facile mettersi in regola, evitando che questi dettagli blocchino vendite o nuovi interventi.

Un altro punto importante riguarda la definizione dello “stato legittimo” di un immobile, cioè la sua situazione regolare dal punto di vista urbanistico. In passato, bisognava risalire a tutti i titoli edilizi ottenuti nel tempo, anche molto vecchi. Ora, invece, è sufficiente fare riferimento al primo permesso rilasciato o all’ultimo intervento importante. Questo aiuta soprattutto chi sta per acquistare una casa o vuole verificare la regolarità urbanistica prima di vendere.

Il decreto interviene anche sull’edilizia libera, cioè su quegli interventi che si possono fare senza dover chiedere permessi. L’elenco di questi lavori è stato ampliato, rendendo più semplice intervenire sugli immobili senza dover affrontare lunghe procedure.

L’obiettivo complessivo del decreto è chiaro: limitare il consumo di nuovo suolo, promuovere la riqualificazione delle aree già urbanizzate e facilitare la compravendita degli immobili.

Modifiche ai bonus fiscali per le ristrutturazioni

Le detrazioni fiscali rimangono uno strumento importante per incentivare i lavori nelle abitazioni, ma sono state introdotte alcune modifiche che cambiano durata, importi e condizioni.

La Legge di Bilancio 2025 ha ridisegnato il sistema dei bonus edilizi, riducendo le agevolazioni fiscali. Sono stati eliminati bonus verde, bonus colonnine e Superbonus. Confermata anche la fine del bonus facciate, non più in vigore dal 2023.

I principali incentivi – Ecobonus, Bonus Ristrutturazioni e Sismabonus – restano, ma con percentuali di detrazione ridotte e vincoli più stringenti: nel 2025 la detrazione è fissata al 50% delle spese sostenute, limitatamente alla prima casa. Nel 2026 sono (al momento) confermati i bonus al 50%; dal 2027 la detrazione scenderà al 36%. Per gli immobili diversi dall’abitazione principale, la detrazione cala già nel 2025 al 36% e poi al 30% negli anni successivi.
Il bonus mobili ed elettrodomestici nel 2025 è rimasto sostanzialmente invariato, ma con un nuovo contributo per l’acquisto di apparecchi ad alta efficienza energetica a fronte della rottamazione di quelli obsoleti.
Unica eccezione positiva è il bonus barriere architettoniche, che continua a garantire una detrazione del 75% delle spese anche per il 2025, restando l’unico incentivo a mantenere condizioni agevolate non ridotte.

Il progetto di legge per la rigenerazione urbana


Al Senato è tornato in discussione un disegno di legge che punta a favorire la rigenerazione urbana, cioè il recupero e la valorizzazione delle aree degradate. Il testo prevede che i Comuni con più di 10.000 abitanti abbiano l’obbligo, entro un anno, di individuare con precisione i confini dei centri storici e delle zone più degradate, utilizzando le mappe catastali.

Il progetto di legge per la rigenerazione urbana


Si parla anche dell’introduzione di uno strumento chiamato “Piano Particolareggiato di Rigenerazione Urbana e Delocalizzazione”, pensato soprattutto per le aree a rischio idrogeologico, cioè soggette a frane o alluvioni. Per rendere più rapide le approvazioni dei progetti, sarà usata la conferenza di servizi (anziché richiedere permessi e autorizzazioni separatamente da ciascuna amministrazione, la conferenza consente di riunire in un’unica sede tutte le amministrazioni coinvolte, permettendo una valutazione congiunta degli interessi rilevanti e l’adozione di decisioni coordinate e coerenti), con tempi rigidi, massimo 60 giorni. Se entro questo termine le amministrazioni coinvolte non rispondono, varrà il silenzio-assenso, cioè il via libera automatico.

Le tendenze che hanno spinto il cambiamento

Negli ultimi anni, diversi fattori hanno reso necessaria una riforma. Tra questi la spinta verso la decarbonizzazione, l’efficienza energetica e la sicurezza sismica (gli obiettivi europei, il PNRR e le direttive UE puntano a ristrutturazioni più sostenibili e interventi sugli edifici esistenti); la crisi del mercato immobiliare e la carenza di case, che richiedono regole più snelle per favorire la rigenerazione urbana, il recupero degli immobili e compravendite più sicure; l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione (con l’introduzione dello Sportello Unico Edilizia digitale, procedure online semplificate, maggiore trasparenza e tempi amministrativi ridotti). Infine, le pressioni sociali e le nuove norme per la tutela del territorio e la riduzione del consumo di suolo, che rendono necessarie regole più severe ma anche più chiare e facili da applicare.

Esempi pratici concreti

Nella pratica sono diversi i cambiamenti, per esempio, con la sanatoria semplificata chi ha realizzato una veranda chiusa senza autorizzazione può regolarizzare la situazione tramite una SCIA in sanatoria, dichiarando che l’intervento rispetta le norme attuali.

In questo modo, potrà usufruire delle tolleranze edilizie previste e del meccanismo del silenzio-assenso, se l’amministrazione non risponde entro i tempi stabiliti; per il recupero dei sottotetti, invece, ora è più semplice trasformare i sottotetti in unità abitative, anche derogando provvisoriamente alle distanze minime previste, purché compatibili con le regole valide al momento della costruzione.

E riguardo alle strutture amovibili post-Covid, in alcune zone, pergolati e tende montati in via temporanea durante l’emergenza sanitaria possono restare installati più a lungo, con meno vincoli burocratici, favorendo un uso prolungato ma non permanente.

BIM e digitalizzazione in Europa

In Europa sono diversi i modelli che favoriscono la semplificazione normativa in edilizia. Eccone alcuni.

La Direttiva UE 2014/24 incoraggia l’uso del BIM (Building Information Modeling) negli appalti pubblici per rendere i processi più trasparenti ed efficienti, senza obbligare all’uso di un programma specifico. Alcuni Paesi, come Olanda e Regno Unito, mostrano alti livelli di utilizzo (51% e 33%).
In Olanda, programmi pubblici come ISDE e STEP offrono contributi economici per lavori di isolamento termico e per l’installazione di soluzioni sostenibili (come pompe di calore e pannelli solari), con procedure spesso più snelle. In Francia la certificazione energetica è richiesta da tempo per vendere o affittare immobili, con regole tecniche aggiornate nel tempo (come la normativa RE2020). Anche in Spagna è obbligatoria dal 2013 per tutte le proprietà messe in vendita o in affitto.

Bim nelle stazioni di RFI

Nella Direzione Stazioni di Rete Ferroviaria Italiana, Gruppo FS, il BIM (Building Information Modeling) è progressivamente diventato parte integrante dei processi di progettazione.

Gli strumenti utilizzati sono ambiente di condivisione e collaborazione, con l’obiettivo principale di centralizzare le informazioni della stazione, del progetto e della realizzazione, ottimizzando le comunicazioni tra i soggetti coinvolti, riducendo le rielaborazioni e velocizzando i tempi; Software per la modellazione parametrica, gestione e analisi, che permettono di creare modelli dettagliati e aggiornabili in tempo reale, insieme a strumenti avanzati di analisi che aiutano a prevenire errori e ottimizzare la qualità del progetto e della realizzazione.

Vengono progettati in BIM gli interventi nei diversi ambiti: le aree esterne, il fabbricato viaggiatori, i fabbricati accessori e gli aspetti legati all’accessibilità.

Progetto per la realizzazione della nuova fermata ferroviaria “Firenze Guidoni”
Progetto per la realizzazione della nuova fermata ferroviaria “Firenze Guidoni”

Il progetto per la realizzazione della nuova fermata ferroviaria “Firenze Guidoni”, situata lungo la linea Firenze–Pisa e già prevista negli Accordi Quadro sottoscritti nel 2016 e nel 2022 tra Regione Toscana e Rete Ferroviaria Italiana, si configura come un potenziamento strategico dell’accessibilità al nodo ferroviario fiorentino e dell’integrazione tra i diversi sistemi di trasporto pubblico. Con una stima di circa 10.000 utenti giornalieri, la nuova fermata “Firenze Guidoni” rappresenta un tassello fondamentale nel processo di evoluzione del sistema di mobilità dell’area metropolitana fiorentina, orientato alla sostenibilità, all’efficienza e alla valorizzazione del trasporto pubblico. 
Il progetto è stato sviluppato interamente attraverso l’adozione della metodologia BIM, che consente una gestione digitale avanzata dell’opera, garantendo accuratezza nella progettazione, trasparenza nei processi e ottimizzazione delle fasi realizzative. L’approccio integrato in BIM si è rivelato determinante per affrontare le complessità dell’intervento, in particolare tutti gli aspetti legati alle interferenze di natura ferroviaria. Tali criticità sono state gestite e risolte attraverso l’utilizzo del modello informativo come strumento di coordinamento, supportando i tavoli tecnici dedicati e recependo in modo strutturato gli input emersi dalle attività di verifica e confronto.

Intervista a Vittorio Grassi – Founder & CEO Vittorio Grassi Architects

Sembra che il contesto normativo italiano abbia finalmente imboccato una svolta, con l’abolizione della doppia conformità, la semplificazione dei titoli edilizi, l’estensione del silenzio-assenso, contributi agevolati e digitalizzazione. Lei si ritrova in questo quadro nella realizzazione dei suoi progetti?

“Sì, negli ultimi anni noto un cambio di passo concreto. Strumenti come l’abolizione della doppia conformità, l’estensione del silenzio-assenso e la digitalizzazione dei procedimenti stanno davvero riducendo i tempi di alcune pratiche. Questo permette a noi progettisti e agli investitori di lavorare con maggiore certezza e meno margini di interpretazione. Nella mia esperienza, questi strumenti funzionano soprattutto nei grandi progetti pubblici, dove la semplificazione diventa essenziale per rispettare scadenze e finanziamenti. Tuttavia, il quadro resta eterogeneo: le differenze tra comuni e regioni sono ancora marcate e la velocità di realizzazione dipende molto dall’efficienza delle singole amministrazioni. In altre parole, la normativa si sta evolvendo nella direzione giusta, ma serve ancora che questa evoluzione diventi una prassi omogenea su tutto il territorio”.

Quali sono le misure più recenti che pensa possano essere funzionali in questo senso?

“Tra le misure più efficaci cito senza dubbio il Decreto “Salva Casa”, che ha introdotto semplificazioni importanti soprattutto per il recupero del patrimonio edilizio esistente. È una norma che va nella direzione di incentivare il riuso e ridurre i tempi di regolarizzazione, due aspetti chiave per rigenerare le città italiane. Un altro passo decisivo è la progressiva digitalizzazione dei titoli edilizi e dei procedimenti autorizzativi, che consente di tracciare le pratiche in modo chiaro e di uniformare le procedure tra enti diversi. Questo porta più trasparenza e maggiore affidabilità per chi progetta e investe. Infine, vedo con interesse i contributi agevolati legati a criteri di sostenibilità e di rigenerazione urbana: sono strumenti che collegano direttamente l’efficienza normativa a obiettivi ambientali e sociali, creando un circolo virtuoso”.

Quali sono, invece, gli ambiti in cui si potrebbe lavorare per semplificare e velocizzare pratiche e passaggi?

“Un primo ambito riguarda l’armonizzazione delle procedure: oggi la frammentazione normativa tra comuni e regioni genera una forte disomogeneità, che rallenta i progetti e crea incertezza. Sarebbe fondamentale avere regole più uniformi a livello nazionale, almeno per i titoli edilizi e i procedimenti principali. Un secondo ambito è quello delle competenze: spesso non è la norma in sé a bloccare i progetti, ma la difficoltà delle amministrazioni nel gestirla, specialmente quando si introducono nuovi strumenti digitali. Rafforzare gli uffici tecnici, sia in termini di personale che di formazione, significa rendere realmente applicabili le semplificazioni già introdotte. Infine, servirebbe ridurre la sovrapposizione di pareri e autorizzazioni: nei progetti complessi si perde ancora molto tempo nell’attesa di risposte da enti diversi, quando invece un approccio coordinato e integrato potrebbe dare tempi certi senza sacrificare la qualità”.

Per quanto riguarda le riqualificazioni storiche, che in Italia sono molto frequenti, ci sono importanti novità da segnalare oppure si potrebbe intervenire maggiormente a livello normativo per assecondare il recupero urbano?

Come architetto che lavora sia su progetti pubblici che privati, vedo che oggi le riqualificazioni storiche in Italia stanno vivendo una fase positiva grazie a nuove norme, programmi finanziati e a una maggiore consapevolezza culturale. Tuttavia, per rendere il processo di recupero urbano davvero capillare ed efficiente serve agire in modo più sistematico sulla normativa, sulle procedure, sugli incentivi e sulla governance complessiva del territorio. Solo così il patrimonio storico può trasformarsi in una risorsa viva, sostenibile e al servizio delle comunità.

Negli ultimi anni, pur in un contesto normativo ancora frammentato, si sono mossi passi concreti: il Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare (PINQuA), nell’ambito del PNRR, ha finanziato centinaia di progetti di riqualificazione; il Decreto “Salva Casa” del 2024 ha introdotto semplificazioni anche su immobili vincolati; e un disegno di legge sulla rigenerazione urbana è attualmente in discussione per definire strumenti più chiari, con tempi certi e visione integrata del recupero.

Su questo terreno normativo si innestano alcune esperienze recenti del mio studio: il progetto dell’Ex Arsenale di Pavia, circa 140.000 mq lungo il Ticino, che integra recupero delle strutture storiche, nuove architetture e spazi pubblici; i progetti Genertel a Trieste e Biancamano 8 a Milano, che hanno trasformato edifici storici in spazi di lavoro flessibili, con certificazioni di sostenibilità; e il complesso Porta Pamphili a Roma, che unisce residenzialità, natura e spazi comunitari, collegandosi alla città e alla riserva naturale vicina.

Credo che l’Italia abbia imboccato finalmente la strada giusta: semplificazione, digitalizzazione e strumenti finanziari mirati stanno aprendo nuove possibilità per il settore edilizio e per la rigenerazione urbana. La vera sfida ora è consolidare questi strumenti in una prassi quotidiana, capace di garantire tempi certi senza compromettere la qualità progettuale e la tutela del patrimonio storico. Occorre continuare a lavorare sull’armonizzazione delle procedure e sul rafforzamento delle competenze tecniche nelle amministrazioni, così che norme e incentivi possano tradursi in risultati concreti sul territorio. Allo stesso tempo, la sostenibilità e la rigenerazione sociale devono restare al centro, affinché ogni intervento non sia solo edilizio, ma anche culturale e ambientale. Con questa visione integrata, il patrimonio storico e urbano italiano può diventare una risorsa viva, utile alle comunità e capace di attrarre nuovi investimenti.

progetto di riqualificazione della sede Genertel in via Stock, 2 a Trieste
Riqualificazione della sede Genertel a Trieste – Credit foto: Diego De Pol

Il progetto di riqualificazione della sede Genertel in via Stock, 2 a Trieste, è opera di Vittorio Grassi Architects. L’intervento ha riguardato un immobile del 1929 situato nell’ex area industriale delle distillerie Stock, un esempio di architettura industriale tutelato per il suo valore storico.

Progetto di riqualificazione della sede Genertel in via Stock, 2 a Trieste
Credit foto: Diego De Pol

L’obiettivo era trasformarlo in uno spazio moderno, funzionale e sostenibile, mantenendo l’aspetto originale. Le facciate sono state conservate, i vecchi infissi sostituiti con nuovi coerenti con lo stile originario, e all’interno sono stati valorizzati i muri portanti e i materiali industriali.

Gli spazi sono stati ripensati per il lavoro flessibile, con ambienti condivisi, postazioni versatili e un design interno che unisce storia e identità aziendale. Il progetto ha incluso anche il recupero del cortile interno con una nuova struttura in vetro usata come area di accoglienza; lo spostamento dell’ingresso principale sul lato giardino con un nuovo atrio a doppia altezza e nuovi ascensori; la rifunzionalizzazione del quarto piano con grandi vetrate e lucernari; la creazione di una terrazza panoramica sulla copertura, usata per eventi aziendali.

Progetto di riqualificazione della sede Genertel in via Stock, 2 a Trieste
Credit foto: Diego De Pol

Grazie all’attenzione all’ambiente, l’edificio ha ottenuto la certificazione LEED Gold: sono stati adottati impianti efficienti e soluzioni a basso impatto ambientale, in linea con gli obiettivi ESG e carbon free di Generali. Anche l’area esterna comune è stata trasformata con nuove pavimentazioni drenanti e alberi, rendendola uno spazio fruibile dalla comunità e rafforzando il rapporto tra l’edificio e il quartiere.

La compliance nel settore delle costruzioni: perché è importante

Rispettare le norme (compliance) è oggi fondamentale per le imprese edili: migliora la loro reputazione, le rende più competitive e protegge i lavoratori. Le sanzioni per chi non rispetta le regole, sia ambientali che di sicurezza, possono essere molto pesanti. Per questo è importante adottare un approccio proattivo e puntare sulla digitalizzazione.

Essere in regola conviene per diversi motivi: aiuta a evitare multe e problemi legali, migliora l’organizzazione dei cantieri; riduce gli errori e le rilavorazioni, che possono costare fino all’11% del budget. Inoltre un altro fattore fondamentale è la sicurezza sul lavoro, al centro di molteplici riflessioni oggi.

Nel 2023 ci sono stati oltre 43.000 infortuni nelle costruzioni. Per aumentare la sicurezza, da novembre 2024 entrerà in vigore la “patente a punti” per i cantieri: chi non rispetta le regole può essere multato fino al 10% del valore dell’appalto.
Le infrazioni ambientali, come scarichi abusivi o uso di materiali non certificati, possono portare a multe fino a 52.000 euro e anche al carcere.

Digitalizzazione come alleato


Usare strumenti digitali aiuta le imprese a gestire meglio documenti, comunicazioni e controlli. È un supporto concreto per rispettare le regole in un contesto sempre più complesso.

“Nel settore delle costruzioni la conformità è un requisito strategico per garantire alle imprese sicurezza, competitività e sostenibilità”, spiega Fabio Arancio, Regional Manager Italy di PlanRadar (una piattaforma digitale usata principalmente nel settore edile e immobiliare per gestire cantieri, manutenzione, ispezioni, reportistica tecnica, comunicazioni tra team).

“Le nuove normative, dalla patente a punti ai vincoli ambientali, impongono standard sempre più stringenti, rendendo indispensabile un approccio nella gestione dei processi ordinato e strutturato. Inoltre, le imprese che considerano la compliance un freno alla produttività rischiano di commettere un errore strategico: secondo lo studio Cost of Rework di PlanRadar, infatti, le rilavorazioni dovute a carenze di controllo arrivano a costare in media fino all’11% del budget stanziato. In questo scenario, la digitalizzazione rappresenta un alleato concreto: piattaforme cloud e sistemi di tracciabilità permettono di semplificare la documentazione, ridurre gli errori e assicurare la trasparenza operativa necessaria per garantire il buon esito del progetto”.

 L’Italia e la trasformazione digitale

L’Italia è ancora indietro rispetto alla media europea, soprattutto tra le piccole imprese. Tuttavia, ci sono segnali positivi: nuovi progetti pubblici e collaborazioni istituzionali stanno spingendo verso un cambiamento graduale ma necessario.

La piattaforma digitale PlanRadar per la gestione dei cantieri
La piattaforma digitale PlanRadar gestisce diversi ambiti del settore edile (cantieri, manutenzione, ispezioni, reportistica tecnica, comunicazioni tra team), ottimizzando controlli e sicurezza e incidendo anche sulle tempistiche.

Prospettive future e possibili scenari

La nuova legge sulla rigenerazione urbana potrebbe introdurre regole uguali in tutta Italia, rendere le procedure più semplici e dare più importanza all’ambiente e al benessere delle persone.

Per quanto riguarda i bonus edilizi, si aspettano cambiamenti nelle regole e nelle detrazioni fiscali, soprattutto per i lavori che migliorano l’efficienza energetica, la sicurezza contro i terremoti e riducono il consumo di suolo. In futuro si punta anche a usare di più il digitale e a rendere tutto più trasparente. Ad esempio, si prevede di migliorare lo Sportello Unico per l’Edilizia, con dati catastali e urbanistici più aggiornati e facili da consultare. Anche i controlli dovrebbero diventare più efficaci e le sanatorie (cioè le regolarizzazioni di situazioni non a norma) più semplici. Questo permetterebbe di combattere meglio gli abusi edilizi, ma anche di sistemare facilmente e a costi più bassi le piccole irregolarità negli immobili.

Digitalizzazione e fascicolo edilizio unico

La Unitel (Unione Nazionale Tecnici Enti Locali) ha presentato alcune idee per migliorare le regole dell’edilizia. Propone di semplificare le autorizzazioni necessarie per costruire, riducendole a due tipi: il Permesso di Costruire e la SCIA. Inoltre, suggerisce di creare una piattaforma digitale unica a livello nazionale per gestire tutte le pratiche edilizie.

Un’altra proposta importante è l’introduzione del fascicolo digitale dell’edificio, che raccolga tutte le informazioni principali su ogni immobile. Infine, la riforma dovrebbe tenere conto delle norme sui beni culturali e puntare su maggiore chiarezza e trasparenza da parte delle amministrazioni. 

Che cosa cambia per architetti e imprese

Le novità riguardano architetti, imprese edili, professionisti come ingegneri e geometri, e anche i cittadini. Per chi lavora nel settore, ci sono sia vantaggi che difficoltà. Tra i vantaggi ci sono costi e tempi ridotti, una migliore chiarezza sulla situazione legale degli immobili, la possibilità di realizzare progetti di riqualificazione urbana più facilmente e incentivi più stabili e prevedibili.

Però, ci sono anche delle sfide: bisogna adattarsi alle nuove regole, capirle bene, collaborare con le amministrazioni locali che devono applicarle e fare attenzione che le semplificazioni non compromettano la qualità, la sicurezza e il rispetto dell’ambiente.

Per i cittadini, come chi vuole comprare casa o ristrutturarla, le novità portano meno burocrazia, costi più bassi per regolarizzare immobili e una maggiore trasparenza. Tuttavia, c’è anche il rischio che, se le norme non sono chiare o non vengono applicate bene, possano nascere problemi come responsabilità non chiare, irregolarità non correggibili o una qualità edilizia inferiore.

FAQ snellire le pratiche edilizie

Perché si parla di riforma delle pratiche edilizie in Italia?

Negli ultimi anni, il settore edilizio italiano è stato rallentato da burocrazia e tempi autorizzativi lunghi. La riforma mira a semplificare e velocizzare i procedimenti, rendendo più efficiente l’intero iter, dalla progettazione all’approvazione.

Quali sono i principali problemi dell’attuale sistema normativo?

Tra i nodi critici figurano la frammentazione normativa tra enti locali, l’eccesso di vincoli, le lungaggini amministrative e la scarsa digitalizzazione delle procedure.

Quali modelli internazionali vengono presi in considerazione per la riforma?

La riforma si ispira a modelli di Paesi come Olanda, Danimarca e Germania, che hanno introdotto sportelli unici digitali, tempi certi per le autorizzazioni e una maggiore fiducia nei professionisti.

Quali benefici concreti porterebbe la semplificazione delle pratiche edilizie?

Tempi più brevi per avviare i cantieri, minori costi per imprese e cittadini, attrazione di investimenti esteri e maggiore trasparenza nei processi decisionali.

La riforma prevede anche una maggiore digitalizzazione?

Sì. Uno degli obiettivi principali è la digitalizzazione integrale delle pratiche edilizie, con piattaforme unificate e interoperabilità tra comuni, regioni e altri enti coinvolti.

 

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