Ance: crisi durissima. Senza misure urgenti a rischio il tessuto produttivo

La crisi durissima per il settore delle costruzioni non accenna ad allentare la presa e anche per il 2012 non si prevedono miglioramenti.
In cinque anni, dal 2008 al 2012 – come emerge dall’Osservatorio congiunturale Ance sull’industria delle costruzioni di dicembre 2011 presentato alla stampa – il settore delle costruzioni avrà perso il 24,1% in termini di investimenti riportandosi ai livelli della metà degli anni `90. Soffrono tutti i comparti a partire dalla produzione di nuove abitazioni che nel quinquennio avrà perso il 40,4%; in forte calo è anche l`edilizia non residenziale privata con una diminuzione del 23,3%. Per i lavori pubblici, l`andamento negativo è in atto già dal 2005 raggiungendo un calo del 44,5%.
Solo il comparto della riqualificazione degli immobili residenziali mostra segnali positivi e si colloca su un livello di investimenti che supera del 6,3% quello del 2007.
Il profilo recessivo della domanda di investimenti in costruzioni e l’assenza di prospettive di miglioramento continuano a generare forti contraccolpi sulla tenuta della struttura produttiva.
Il numero delle imprese iscritte alle Casse Edili, si è ridotto dal 2009 sino ad oggi di circa il 19%. Stessa sorte anche per gli operai iscritti che nello stesso periodo hanno fatto registrare un -23%.
Continua l’emorragia di posti di lavoro: dall’inizio della crisi si stima che la perdita occupazionale sia di 380.000 unità considerando anche i settori collegati.
Anche la domanda di lavori pubblici registra segno negativo confermando il trend degli ultimi anni: tra il 2003 e il 2010 il valore dei bandi si è ridotto considerevolmente, registrando un calo del 32% in termini reali e del 57,8% in numero.
Il mercato dei lavori pubblici, fortemente ridimensionato per il progressivo taglio di risorse attuato con scelte di bilancio mirate a contenere la spesa pubblica, è inoltre alterato dalla presenza di lavori sottratti alla concorrenza o a concorrenza ridotta.
Le previsioni di attività del settore continuano, inoltre, ad essere condizionate dalla riduzione della spesa pubblica.
L’Italia, nonostante abbia un’incidenza della spesa pubblica (corrente e in conto capitale) sul Pil tra le più elevate d’Europa (52,5% del Pil), destina agli investimenti fissi lordi solo una parte modesta della spesa (2,5% del Pil).
L’analisi della legge di stabilità per il 2012 conferma una tendenza in atto negli ultimi anni, ovvero quella di scaricare sulla componente in conto capitale tutte le misure di contenimento della spesa pubblica, come denunciato recentemente anche dalla Corte dei Conti.
La legge di stabilità, infatti, nel recepire le manovre d’estate (dl 98/2011 e dl 138/2011), impone alle risorse per nuove infrastrutture, disponibili nel 2012, un ulteriore pesante calo che si attesta al 12,1%, in termini reali rispetto all’anno in corso.
È il quarto anno consecutivo che le risorse per nuove opere pubbliche subiscono una contrazione, registrando rispetto al 2008 un taglio del 43%.
Nonostante la forte crisi, il settore delle costruzioni fornisce un importante contributo all’economia del Paese rappresentando circa il 10% degli impieghi del Pil.
Il settore delle costruzioni è, inoltre, in grado di attivare impulsi che si riflettono e si amplificano all’interno del sistema economico su moltissimi settori. Basti pensare che il settore effettua acquisti di beni e servizi da ben l’80% dell`insieme dei settori economici.
Inoltre, una domanda aggiuntiva di 1 miliardo di euro nel settore genera una ricaduta complessiva nell’intero sistema economico di 3,374 miliardi di euro ed un aumento di 17.000 occupati, di cui circa 11.000 nel settore delle costruzioni e 6.000 negli altri comparti.
Dopo la stretta creditizia registrata conseguentemente alla crisi finanziaria mondiale del 2008, si sta assistendo ad un nuovo credit crunch che sta mettendo in serio pericolo il sistema produttivo del Paese.
La contrazione dei finanziamenti al settore delle costruzioni registrata nel primo semestre 2011 risulta particolarmente preoccupante, soprattutto in considerazione dell’imponente restrizione subita dalle imprese dopo lo scoppio della crisi finanziaria internazionale: se consideriamo la differenza tra il periodo di massima espansione delle erogazioni -ovvero il 2007- e il 2010, la caduta è stata enorme: -25% per i mutui erogati per il finanziamento di investimenti in edilizia abitativa, -30,4% per quelli nel non residenziale.
E le aspettative per la seconda parte del 2011 sono, addirittura, peggiori: secondo i risultati dell’indagine di Banca d’Italia Regional Bank Lending Survey, nel secondo semestre 2011 le banche prevedono un’ulteriore restrizione dei finanziamenti.
L’indagine rapida Ance effettuata presso le imprese associate a settembre 2011 conferma l’inasprimento delle condizioni di accesso al credito: il 62,4% delle imprese ha dichiarato di avere difficoltà nei rapporti con le banche, il doppio rispetto a quanto l’Ance aveva registrato esattamente tre anni fa, nel settembre 2008, vale a dire all’indomani del fallimento di Lehman Brothers.
Contemporaneamente, la richiesta di finanziamenti da parte delle imprese, comunque, nel periodo aprile – agosto 2011, è rimasta sostenuta, dettata dalla variazione nelle esigenze produttive e dalla necessità di far fronte ai ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione.
Infatti, secondo i dati dell`indagine realizzata dall’Ance presso le imprese associate a settembre 2011, quasi la totalità delle imprese di costruzioni che operano nel settore dei lavori pubblici subisce ritardi di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione.
Negli ultimi anni, si è registrato un costante allungamento dei tempi di pagamento dei lavori, con un più significativo e rapido aumento nel biennio 2010-2011.
Nel secondo semestre 2011, i tempi medi di pagamento dei lavori pubblici hanno raggiunto gli 8 mesi (1 mese e mezzo in più rispetto al primo semestre).
Tra maggio e settembre, il ritardo medio è aumentato del 40% con punte di ritardo che continuano a superare i 24 mesi.
Il problema dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione è sempre più diffuso ed interessa tutte le stazioni appaltanti. Mentre nelle precedenti indagini, le imprese di costruzioni segnalavano ritardi di pagamento solo per alcuni contratti, a settembre 2011, le imprese hanno indicato che la maggior parte dei contratti con le amministrazioni pubbliche sono soggetti a ritardo. Questa generalizzazione dei ritardati pagamenti obbliga, sempre più frequentemente, le imprese a sospendere i lavori.
Il Patto di Stabilità Interno continua a rappresentare la causa prevalente di ritardo, ma anche l’inefficienza della pubblica amministrazione ha il suo ruolo nell’allungamento dei tempi di pagamento.
Occorre quindi modificare le regole del Patto di stabilità per favorire il pagamento delle spese in conto capitale e intervenire sul sistema sanzionatorio per incoraggiare le istituzioni a migliorare l’efficienza dei processi nel pagamento delle somme dovute per lavori.
Per quanto riguarda il Patto di stabilità interno, la soluzione deve essere ricercata nell`allentamento dei vincoli fissati per gli enti locali, attraverso una rivisitazione degli obiettivi assegnati ai vari comparti della Pubblica Amministrazione, e nella modifica strutturale delle regole del Patto a livello nazionale.
Nel 2010, l’irrigidimento del Patto di stabilità ha provocato una riduzione di circa 7 miliardi di euro della spesa in conto capitale degli enti locali (-18,5%) rispetto all’anno precedente.
Dopo un’ulteriore stretta pari a circa 7,6 miliardi di euro nel 2011, rispetto al 2010, è previsto un ulteriore irrigidimento del Patto di stabilità interno per un importo pari a 9,2 miliardi di euro nel 2012 e a 32 miliardi di euro nel triennio 2012-2014.
In particolare, Regioni a statuto speciale e province autonome subiranno una forte stretta, per un importo pari a 4,9 miliardi di euro nel 2012 e a 15,3 miliardi di euro nel triennio. Le Regioni a statuto ordinario e le Province contribuiranno invece rispettivamente per 1,3 miliardi di euro e 0,75 miliardi di euro nel 2012 (5,5 e 2,75 miliardi di euro nel triennio).

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