Rockefeller Center: progetto e sviluppi urbani

Della poderosa costruzione architettonico-urbanistica del Rockefeller Center è rimasta famosa la foto degli operai di New York del 1932 che ritrae 11 operai nella pausa pranzo disinvoltamente seduti in fila sopra una isolata trave metallica pendente da una gru del cantiere e sospesa nel vuoto, sotto cui si stende il vertiginoso panorama newyorkese sfumante verso il Central Park.Rockefeller CenterAltre immagini d’epoca di quella grandiosa impresa edilizia sono però più tecnicamente e spettacolarmente impressionanti, ed anche drammatiche per la loro sicura esaltazione della orgogliosa rincorsa alla verticalità più elevata che in quegli anni della ripresa dal disastroso crollo di Wall Street (crisi del 1929) aveva fatto realizzare agli architetti-ingegneri statunitensi i più rinomati capolavori grattacielari d’America, tra cui i famosi Chrysler ed Empire.

Era l’epoca piena dell’Arch-Déco, espressione di quell’eccitante stile di esibizione ornamentale che particolarmente a New York si manifestava nei prodigiosi primati strutturali e di altezza, mentre a Miami si definiva con più moderata tecnologicità ed invece con maggiore consistenza formale di materiali e dettagli.

L’affermazione dell’imprenditoria costruttiva, magnificata nei dipinti dell’atrio dell’edificio centrale (eseguiti dal pittore spagnolo José Maria Sert tra il 1934 ed il 1941, e riferiti al Progresso Statunitense) con esaltanti immagini di lavoro ed energiche figure ciclopiche, identifica l’impegnata epoca del secondo pionierismo nord-americano, quello industriale (e non più rurale dei coloni agricoltori e dei cow-boys allevatori di bestiame) protetta dalla rassicurante effigie della produttività massonica, simboleggiata nella idealistica figura dell’artefice divino (l’architetto che misura e traccia con il compasso), realizzata in pietra cromatizzata dallo scultore Lee Lawrie tra il 1931 ed il 1933, e sovrastata dalle parole bibliche riprese da Isaia, “La Saggezza e la Conoscenza determineranno la stabilità dei nostri Tempi”.

Rockefeller Center: il progetto iniziale

All’inizio il progetto del complesso edilizio prevedeva soltanto un insieme tradizionalistico di grossi immobili a gradonate (progettato nel 1927-28 da Benjamin Morris) che dovevano comprendere il Nuovo Teatro dell’Opera.

Quando però l’impresa immobiliare passa alla gestione di John Rockefeller Junior, il direttore esecutivo dei lavori da lui scelto, l’ingegnere John Todd, affida l’incarico progettuale per un innovativo Centro urbano agli architetti Andrew Reinhard e Henry Hofmeister, che nel 1928 elaborano un impianto planimetrico ordinato costituito da una serie di costruzioni più limitate delle attuali (e di quelle poi effettivamente eseguite) ma già compositivamente articolate su un accorpamento di consistenti immobili perimetrali, collegati da un percorso commerciale e con l’edifico principale del Teatro nel mezzo in posizione prominente, simile alla disposizione odierna.

Poi, una più complessa quantità di nuovi interventi propositivi (conseguenti al coinvolgimento progettuale degli architetti Harvey Corbett, Wallace Harrison, William MacMurray, con Raymond Hood e Jean André Foulihoux) hanno variamente trasformato la generica concezione iniziale portandola ad una potenziata organizzazione di masse e di spazi che ancora adesso, soprattutto per la sistemazione urbanistica della intera composizione, rappresenta un episodio esemplare ed unico nella storia della progettazione quartierale dei centri civici moderni.

Rockefeller Center: il progetto definitivo

Il progetto definitivo degli architetti associati viene approntato nel 1930, e già comprende il grattacielo dell’Auditorio centrale (RCA) e del Forum antistante (che diverrà la famosa Plaza di Prometeo). L’idea dell’edificio piatto, sagomato a lastre squadrate nelle parti laterali, risale a Hood, mentre l’intera sistemazione della Piazza infossata proviene da una serie di studi ambientali elaborati dall’illustratore John Wenrich nel 1931 (prima con un invaso di forma ovale contrassegnato al centro da un mappamondo vuoto, sostituita in un altra versione da una normale fontana, e quindi rifinito con una cascata d’acqua collocata sul lato lungo verso l’RCA, nello stesso sito che alla fine ospiterà la statua prometeica).

Intanto, tra il 1931 ed il 1932, ancora su una sollecitazione propositiva di Hood, Reinhard e Hofmeister stendono il Piano del Verde, che comprende ampi giardini pensili sistemati sui tetti delle costruzioni più basse.

E quando nel 1933-34 vengono decise le conformazioni cubiche delle architetture perimetrali (i cosiddetti Edifici Internazionali, perchè ognuno è assegnato in appalto ad una nazione straniera), il progetto del Centro Rockefeller assume la sua immagine definitiva, che viene completata costruttivamente dal 1935 al 1939 (le prime opere edili erano tuttavia già iniziate dal 1931).

Lo sviluppo post-bellico dell’are del Rockefeller

Dopo la conclusione dei lavori, negli anni post-bellici l’area rockefelleriana si è ampliata e dotata di altri importanti grattacieli, però meno esaltanti e stupefacenti di quelli storici, ed anzi più scontati e banali, eseguiti nel dimesso linguaggio manieristico tardo-moderno evolutivamente provenuto dall’International Style razionalista: nel 1957-59 sorge il tozzo parallelepipedo della Time-Life, nel 1961-63 è compiuto l’Albergo Hilton, e tra il 1968 ed il 1974 vengono eretti le slanciate torri dei Grattacieli Celanese, McGraw-Hill, ed Exxon, di Robert Carson ed Earl Lundin.

Gli elementi determinanti del Rockefeller Center sono l’edificio svettante della RCA e la famosissima Piazza infossata, adibita a luogo di incontro pubblico nei periodi caldi e sistemata a pista di pattinaggio nei mesi freddi, statuariamente improntata dalla angelica effigie dorata di Prometeo, opera classico-déco di Paul Manship attuata dal 1932 al 1934.

Anche il percorso commerciale scoperto (Promenade) che connette il piazzale collettivo con la pulsante vita stradale di New York all’esterno, a sua volta segnalato da un atletico Atlante reggente il mondo (scolpito, ancora da Lawrie, nel 1935-37, ed anch’esso ovviamente déco), viene stagionalmente trattato con ricambi vegetali e floreali appropriati, così come a Natale si riveste di addobbi particolarmente tipici di quella gioiosa e risplendente festività.

All’interno di tale cittadella terziaria si svolge dunque una vita sempre attivissima e palpitante, del tutto diversa da quella più caratteristicamente metropolitana: qua la gente si affolla e si ammassa ma procede a piedi e con comportamenti umani, al contrario di quanto avviene nell’intasato traffico cittadino, meccanizzato ed automobilistico, che quotidianamente si disputa lungo le vie che attorniano il Centro.

Una vera e propria muraglia di pietra grigia, architettonicamente costruita e sagomata, protegge questa oasi urbana dalla fastidiosa invadenza della motorizzazione, tramite cortine di pareti compatte e solide continuamente intaccate da ricami ornamentali a rilievo e colorati, da fregi post-floreali in bronzo cupo, e da corpose scritte di ammonimento produttivo e di esortazione propositiva.

Nella sua parte centrale, eretto come un mastio castellaneo orgoglioso, emerge il Grattacielo RCA, che costituisce anche l’esemplare più noto della progettazione lamellare a lastre complanari, con cui viene mediata la tozza conformazione rigida ed a parallelepipedo dei primi grattacieli con le successive sagomature rastremate a terrazze evidenti, volute dalla normativa edilizia stabilita per gli edifici alti dopo il 1916, allo scopo di evitare la dannosa persistenza di ombre eccessive proiettate sugli edifici circostanti.

A metà tra decorativismo artistico e purezza formale architettonica, il Centro Rockefeller conclude l’epoca déco newyorkese ed inizia lo Stile Internazionale del Razionalismo moderno americano, ma introduce anche un altro importante principio nella progettazione urbana delle città statunitensi, relativo alla impostazione insediativa micro-urbanistica dell’edilizia terziaria, sviluppata a livello di quartiere (e non più soltanto per singoli lotti riempienti l’intero spazio riquadrato ricavabile dagli incroci viari ortogonali del tradizionale plottment cittadino) con attività commerciali e di servizio pubblico per una complessa e organizzata utenza collettiva.

Un criterio scarsamente seguito con la stessa intensità negli USA, però teoricamente acquisito e variamente ripreso con specifici adattamenti pratici in circostanze più ridotte e definite.



Consiglia questo progetto ai tuoi amici

Commenta questo progetto