La filiera del calcestruzzo armato di fronte alla crisi

Nel 2008 il calo degli investimenti in costruzioni si ripercuote in misura molto pesante sul consumo di calcestruzzo e di cemento armato registrando una contrazione del 15,2% rispetto al 2007. Una contrazione pressoché equivalente si stima caratterizzerà il comparto nel 2009.
Non dissimile appare l’andamento della domanda per quanto riguarda l’acciaio per cemento armato. Il 2008 ha segnato un calo del 15,4% e nel 2009 la previsione è di un altro calo del 15,2% che porterà ad un consumo di acciaio di 4 milioni e 450 mila tonnellate.
Nonostante il momento difficile la filiera continua a rappresentare come valore della produzione 8 miliardi e 212 milioni di euro pari a circa l’8 del valore degli investimenti in costruzioni.
“Il calo generalizzato di attività – ha commentato questo difficile momento il Presidente di ATECAP Fabio Biasuzzi – colpisce indistintamente piccole, medie e grandi imprese, seppure incidendo in misura diversa. Al centro delle strategie di contrasto della crisi va posta la qualità. Una qualità che viene richiesta dalla domanda finale. Il che per il nostro settore significa certificazione dei materiali e qualificazione dei processi. Diventa esenziale una rigorosa applicazione delle nuove Norme Tecniche e un impegno assiduo sul piano dei controlli, in modo particolare per la fase di fornitura e di posa in opera.”

Nel 2008 si è stimato un consumo di calcestruzzo pari a 102 milioni e mezzo di mc. Di questi poco più di 87 milioni e mezzo sono stati utilizzati in opere per la cui realizzazione si è fatto ricorso a soluzioni in cemento armato, corrispondente a l’ 83,3%.
A contribuire alla produzione realizzata da quelli che possiamo chiamare gli attori intermedi della filiera del calcestruzzo hanno contribuito, sempre nel 2008, gli inerti con 186,6 milioni, di tonnellate pari al 62,5% dei circa 299 milioni prodotti nell’anno, il cemento con 39,7 milioni di tonnellate e gli additivi con 221.900 tonnellate.

Sempre nel 2008 oltre la metà dei 41,8 milioni di tonnellate di cemento consumati in Italia, pari a circa 22 milioni, ha avuto come destinazione finale impianti di calcestruzzo preconfezionato. Un 22%, ha trovato la strada dei rivenditori, un 7,7% è stato acquistato direttamente alla fonte dalle imprese di costruzione o da altri operatori e circa il 13% è finito nella prefabbricazione.

Poco più di 2 milioni di tonnellate (pari al 5%) sono stati destinati ad utilizzi diversi dalla produzione del calcestruzzo.
L’acciaio destinato alle costruzioni in cemento armato è stato valutato per il 2008 in 5,25 milioni di tonnellate.

Il calo di consumi
Nel 2008 il calo degli investimenti in costruzioni si ripercuote in misura molto pesante sul consumo di calcestruzzo e di cemento armato registrando una contrazione del 15,2% rispetto al 2007. Una contrazione pressoché equivalente si stima caratterizzerà il comparto nel 2009.

Non dissimile appare l’andamento della domanda per quanto riguarda l’acciaio per cemento armato. Il 2008 ha segnato un calo del 15,4% e nel 2009 la previsione è di un altro calo del 15,2% che porterà ad un consumo di acciaio di 4 milioni e 450 mila tonnellate.

Il valore della produzione
Il valore della produzione della filiera è stata stimata dal CRESME nel 2008 pari a 8 miliardi e 212 milioni. Rispetto ai diversi segmenti di mercato dell’edilizia residenziale, dell’edilizia non residenziale privata e pubblica e del genio civile la quota più rilevante del valore riguarda il genio civile con quasi 3 miliardi di euro pari al 35% del totale. L’edilizia residenziale, passata da quasi 3 miliardi e mezzo a rappresenta con 2 miliardi e 283 milioni di euro rappresenta il 27,8%. Il non residenziale privato assorbe il 30% per un valore di 2 miliardi e 470 milioni, mentre il valore degli impieghi di cemento armato nell’edilizia pubblica ammonta nel 2008 a 543 milioni.

Rispetto al valore delle costruzioni la filiera nel 2008 ha visto ridursi per effetto della crisi che ha colpito il comparto il suo valore e di conseguenza anche la quota rispetto al totale degli investimenti in costruzioni passando dal 6,3% al 5,1%. L’edilizia residenziale passa dal 4,4% del 2006 a meno del 3% nel 2008. Tiene la quota del 6,3% l’edilizia non residenziale pubblica, mentre calano il non residenziale privato passando dal 6,5% al 4,8% e il Genio Civile dove la percentuale della filiera scende dall’11% al 9,2%.

Per effetto di queste dinamiche negative la filiera ha visto ridursi il proprio peso rispetto all’economia che proprio nel 2006 aveva raggiunto il suo apice. Rilevante risultava soprattutto la percentuale del valore della produzione di cemento armato rispetto alle nuove costruzioni, ben il 12%. Una percentuale che due anni dopo ritorna ai livelli del 2003, il 7,6%. Sul totale delle costruzioni l’incidenza e del 4%. Con i suoi 8 miliardi e 200 milioni il valore della produzione della filiera rappresenta lo 0,5% del PIL.

Oltre la crisi
Il calo generalizzato di attività colpisce indistintamente piccole, medie e grandi imprese, seppure incidendo in misura diversa e determinando reazioni differenziate. Sicuramente è destinata a pesare la riduzione degli utili marginali, che per alcuni “pezzi” del comparto si innesta su un processo già in atto nella stessa direzione da troppo tempo. La “guerra dei prezzi” non sembra nel medio periodo essere la soluzione. La contrazione degli utili esige interventi di razionalizzazione che vogliono dire interventi sul piano organizzativo e gestionale. E al centro di questo nuovo orientamento vi è la qualità. Una qualità che viene richiesta dalla domanda finale. Il che per il settore significa principalmente affermazione di prodotti selezionati e garantiti, ovvero certificazione dei materiali e qualificazione dei processi.
Non va del resto sottovalutato quanto si è andato verificando negli ultimi anni, proprio per effetto anche dell’attesa e parziale entrata in vigore delle Norme Tecniche, a proposito delle caratteristiche del calcestruzzo preconfezionato, la cui domanda risulta lentamente ma inesorabilmente volta verso una maggiore resistenza, nonché verso una maggiore attenzione ad aspetti troppo spesso trascurati dalla committenza, come la classe di esposizione ambientale. Il ruolo di un’iniziativa come “Progetto Concrete” assume in questo contesto una valenza esemplificativa in quanto esperienza di successo al servizio di tutti i soggetti che della filiera fanno parte.
Appare infatti evidente che più che per altri settori l’evoluzione normativa costituisce un punto fermo e allo stesso tempo un incentivo potenziale verso processi di selezione e di qualificazione che non toccano solo i processi produttivi e i prodotti, ma anche la fase di fornitura e di posa in opera.

Consiglia questa notizia ai tuoi amici

Commenta questa notizia



Categoria notizia

REPORT FIERE

Le ultime notizie sull’argomento