E’ quanto emerge dall’Osservatorio sulle Grandi Imprese istituito da Fillea Cgil per monitorare gli andamenti delle prime 50 imprese di costruzione in Italia, con l’obiettivo di analizzarne l’evoluzione in termini di competitività e strutturalità. L’Osservatorio è un nuovo strumento di analisi con l’obiettivo di costruire una base dati strutturata per le analisi di settore, monitorando e approfondendo alcuni argomenti di interesse specifico, quali l’occupazione e i costi del lavoro, la solidità finanziaria, la redditività, la produzione e il tipo di processo produttivo. Per quanto riguarda il valore della produzione solo 5 imprese hanno un fatturato superiore ai 500 milioni di euro, che rappresenta in percentuale il 39,3% del totale del campione. Sul fronte della solidità finanziaria, tra le prime 50 imprese il 48% è solvibile, il 52% è vulnerabile o a rischio di insolvenza per quanto riguarda il valore finanziario dell’impresa. E’ aumentato, però, il valore della produzione, rispetto all’anno precedente, del 13% mentre è diminuita la redditività. S i è registrato un aumento del fatturato, tra lo 0 e il 30%, mentre per quanto riguarda gli utili la variazione è molto più bassa, tra lo 0 e il 7%, questa riduzione inoltre continua a crescere. Il costo del lavoro rappresenta tra i costi totali per l’impresa il 10%. Tra tutte le imprese del campione, il valore medio del costo del lavoro è del 13% circa, con variazioni molto forti tra impresa e impresa, un valore basso rispetto alle altre voci di costo, soprattutto rispetto a quelle dei servizi. Non positivo è il livello delle imprese italiane dal punto di vista del grado di internazionalizzazione. Una grande impresa edile non può reggere la competizione sul mercato globale se il suo portafoglio lavori non è composto di un 40-50% di lavori all’estero. Oggi la media delle prime 50 imprese italiane invece non arriva al 15%. Il dato sull’occupazione è positivo, invece, poiché il settore è ancora in crescita, ma occorre segnalare la sua trasformazione qualitativa riguardo la scomposizione della tipologia dei dipendenti. Analizzando i dati, si evidenzia una crescita di impiegati e dirigenti più sostenuta rispetto a quella della componente degli operai. La crescita occupazionale risulta, inoltre, inferiore rispetto a quella del fatturato complessivo del campione. “E’ opportuno evidenziare – sostiene, commentando i dati dell’Osservatorio, Franco Martini, segretario generale della Fillea Cgil – che, venendo meno la strutturalità dell’impresa, si affievolisce il ruolo contrattuale del sindacato e perdono efficacia anche gli strumenti per la lotta al sommerso. Se questa situazione di vulnerabilità dovesse continuare, si corre il rischio di assecondare la logica imprenditoriale secondo la quale la grande impresa di costruzioni assume sempre più una struttura finanziaria, diventando una impresa terziarizzata, lontana dal punto centrale dell’attività produttiva che e il cantiere”. “La Legge Obiettivo – continua Martini – pur con i suoi limiti e pur essendo per alcuni versi esasperatrice di alcuni aspetti negativi del processo degli appalti pubblici, ha espresso una nuova esigenza di politiche industriali che ne incentivino la strutturalità. Quando sarà evidente il fallimento dell’idea del newdeal delle infrastrutture in Italia, ci ritroveremo senza imprese che si possono definire tali”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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