A cura di: Giulia Galliano Sacchetto Economia circolare, Italia ancora leader in Europa, ma con performance in calo. É quanto emerge dal quinto rapporto nazionale del Circular Economy Network, realizzato in collaborazione con Enea e con il patrocinio della Commissione Europea, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Nonostante lo stato critico in cui si trova il nostro pianeta, anche il tasso di utilizzo circolare dei materiali, a livello globale, è in calo. L’ultimo dato disponibile, relativo al 2021, parla di un 18,4% di uso di materiali riciclati, contro il 20,6% del 2020 e il 19,5% del 2019. L’Italia resta comunque la prima, tra le cinque economie più importanti dell’Ue, per uso di materiali riciclati. Anche per la produttività delle risorse siamo, assieme alla Francia, davanti alle altre principali economie europee, con 3,2 euro generati per ogni kg di materiale consumato; anche nella percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, speciali e urbani, siamo in testa con il 72%. Economia circolare, Italia, Europa e Mondo: che cosa emerge dal rapporto di Circular Economy Network Il dato da cui l’analisi parte mostra come l’economia globale bruci oltre cento miliardi di tonnellate di materiali l‘anno. Nello specifico, l’Italia importa oltre il 99% di materie prime critiche, mostrando una dipendenza dall’estero ancora più drammatica di quella europea. Diventa quindi fondamentale puntare sull’economia circolare, sull’eco-design dei prodotti, sul recupero e riciclo, sfruttando le nostre miniere urbane, che sono la fonte potenziale di materie prime critiche più prontamente accessibile. Accelerare la transizione all’economia circolare migliorerebbe anche le condizioni del pianeta: l’estrazione di materiale vergine, infatti, potrebbe diminuire di oltre un terzo (-34%) e le emissioni di gas serra potrebbero essere ridotte, contenendo l’aumento della temperatura globale entro i 2°C e salvaguardando ecosistemi fondamentali per la vita del nostro pianeta. Ci sarebbero anche consistenti benefici economici, primo fra tutti la lotta contro l’inflazione che viene alimentata dai rincari del costo dei materiali e dell’energia. Come accennato in precedenza, l’Italia, con 20 punti, rimane comunque leader della classifica complessiva di circolarità nelle principali cinque economie dell’Unione europea. Seguono Spagna (19 punti), Francia (17), Germania (12) e Polonia (9). Tale classifica è basata su sette indicatori: tasso di riciclo dei rifiuti; tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo; produttività delle risorse; rapporto fra la produzione dei rifiuti e il consumo di materiali; quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo totale lordo di energia; riparazione; consumo di suolo. Considerando l’andamento degli ultimi anni, l’Italia migliora meno della Polonia, che parte da livelli molto bassi di circolarità, e della Spagna che sta correndo più velocemente, mentre tiene lo stesso passo della Francia e va un po’ più veloce della Germania. Il nostro paese si distingue per il tasso di riciclo dei rifiuti, che si attesta al 72% ed è uno dei più alti dell’Ue. Meno positivo è l’andamento del tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo (il rapporto tra l’uso circolare di materia e l’uso complessivo, cioè da materie prime vergini + materie riciclate): nel 2021, infatti, per la prima volta l’Italia ha subito un calo, attestandosi al 18,4% (-2,2% rispetto all’anno precedente), perdendo il primato tra le cinque principali economie europee, superata dalla Francia. Incoraggianti per il nostro paese sono anche i dati di un’indagine, realizzata da Cen e Legacoop in collaborazione con Ipsos, su un campione rappresentativo di cittadini, che conferma l’interesse degli italiani per l’economia circolare. Negli ultimi 3 anni, infatti, quasi un italiano su 2 ha acquistato un prodotto usato e uno su 3 un prodotto ricondizionato o rigenerato. Oltre l’80% pensa che ridurre il packaging sia importante. Leasing, noleggio e sharing sono utilizzati più della media dalle persone tra i 18 e i 30 anni. Proprio gli under 30, però, nutrono poco fiducia nella capacità di migliorare la governance del settore, incentivando un approccio più circolare alle scelte d’acquisto. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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