Rifacimento del tetto, serve il permesso di costruire? I chiarimenti del Consiglio di Stato

Qual è la procedura corretta per procedere alla riparazione del tetto? La risposta non è scontata, dipende dalla tipologia di lavori e dall’eventuale ampliamento volumetrico.

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Rifacimento del tetto, serve il permesso di costruire? I chiarimenti del Consiglio di Stato

Che si tratti di ordinaria manutenzione o di lavori necessari dopo un evento atmosferico straordinario, il rifacimento del tetto è un intervento molto comune. Ma non tutti conoscono la procedura corretta per realizzare gli interventi di rifacimento: serve il permesso di costruire oppure si può procedere in autonomia senza alcuna autorizzazione da parte delle amministrazioni locali?

Non è possibile dare un’unica risposta, bisogna valutare caso per caso l’entità dei lavori e, soprattutto, verificare se c’è stato un aumento volumetrico. Una recente sentenza del Consiglio di Stato, partendo da una specifica controversia, ha definito una volta per tutte come comportarsi.

Rifacimento del tetto e permesso a costruire: il caso di specie

La decisione del Consiglio di Stato contenuta nella sentenza n. 3263/2023 contiene una decisione dall’impatto notevole per coloro che sono in procinto di eseguire lavori di rifacimento/manutenzione del tetto.

Rifacimento del tetto e permesso a costruire: la sentenza del Consiglio di Stato
Il caso di specie riguarda la sostituzione della copertura di un tetto fatiscente con contestuale adeguamento alle norme antisismiche e di efficientamento energetico.

In particolare è stata sostituita la copertura con una struttura in ferro, appoggiata su un cordolo di calcestruzzo perimetrale che ha modificato l’altezza preesistente. Questa operazione ha comportato una modificazione della cubatura del locale sottotetto.

Da qui la decisione del Comune di emettere un ordine di demolizione in quanto l’opera risultava abusiva: l’ambiente era considerato un vano tecnico di pertinenza dell’edificio principale invece, dopo il rifacimento del tetto, l’ufficio comunale lo ha considerato utilizzabile autonomamente. Ordinanza contestata dal proprietario dell’immobile che ha deciso di fare ricorso e portare la decisione dinanzi al Consiglio di Stato.

Cosa ha stabilito la sentenza del Consiglio di Stato

I giudici del Consiglio di Stato hanno analizzato il caso determinando che il rifacimento del tetto in questione non può essere classificato come “manutenzione straordinaria” e che l’operazione eseguita avrebbe richiesto il permesso di costruire da parte del Comune.

Nell’argomentare la decisione, il Consiglio di Stato ha stabilito che un manufatto può essere considerato volume tecnico solo se l’aumento volumetrico è contenuto e se tale aumento è inevitabile. Invece la realizzazione del cordolo perimetrale sulle murature portanti del fabbricato, come avvenuto nel caso in esame, ha modificato le altezze e il progetto preesistenti, quindi non rientra nella nozione di volume tecnico.

La decisione del Consiglio conferma la posizione del Comune, il proprietario dell’immobile dovrà demolire l’opera perché, prima di procedere ai lavori, avrebbe dovuto chiedere il permesso di costruire.

La definizione di “volume tecnico” è stata oggetto di diversi interventi da parte della Giurisprudenza, ad esempio quello del TAR Lombardia, Brescia, sez. II, nella sent. 9 gennaio 2023, n. 104:

“Per pacifica giurisprudenza, la nozione di “volume tecnico” riguarda solo i volumi, realizzabili nei limiti imposti dalle norme urbanistiche, necessari a contenere quelle parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di parafulmine, di ventilazione, ecc.) che non possono, per esigenze di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell’edificio. Il volume tecnico, pertanto, afferisce a opere edilizie, allocate al di fuori del corpo dell’edificio, di limitata consistenza volumetrica e completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali di tale costruzione (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 24 gennaio 2022, n. 467; Sez. II, 3 novembre 2021, n. 7357; Sez. IV, 20 agosto 2021, n. 5966)”.

Sempre il Consiglio di Stato, sentenza n. 175/2015, ha evidenziato che il volume tecnico non è assoggettabile a permesso di costruire in quanto integra una trasformazione urbanistico-edilizia:

“il volume non impiegabile né adattabile ad uso abitativo e comunque privo di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché strettamente necessario per contenere, senza possibili alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima e non collocabili, per qualsiasi ragione, all’interno dell’edificio (come – e sempre in difetto dell’alternativa – quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore e simili, i quali si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generare aumento alcuno di carico territoriale o di impatto visivo).

Rifacimento del tetto, differenza tra manutenzione ordinaria e straordinaria

Rifare il tetto è una definizione comunemente usata ma non propriamente corretta, al contrario si dovrebbe distinguere tra lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione. La differenza è rilevante per stabilire quanti e quali autorizzazioni chiedere.

Rifacimento del tetto, differenza tra manutenzione ordinaria e straordinaria

Si parla di manutenzione ordinaria del tetto per gli interventi poco invasivi come la pulizia, la riparazione di grondaie, la sostituzione di tegole in cattivo stato, la riparazione del camino e lavori analoghi. In questi casi non sono richieste autorizzazioni e permessi di nessuna natura.

Diverso è il caso della manutenzione straordinaria, interventi che vanno oltre la manutenzione periodica del tetto finalizzati a sostituire/rinnovare parte dell’edificio.

Per i lavori di manutenzione straordinaria del tetto è necessario chiedere l’intervento di un tecnico abilitato e presentare al Comune una SCIA o una CILA (a seconda del tipo di lavori e dei regolamenti locali).

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