Milano: la nuova faccia di San Siro è un’interessante antitesi dei “quartieri dormitorio”

Presentato da Progetto CMR il progetto di riqualificazione per il quartiere milanese di San Siro (da piazza Selinunte) che prevede edifici smart e sostenibili con una pluralità di servizi (incluse sedi universitarie e poli culturali), per corroborare il tessuto sociale. Grazie alla sinergia tra gestione pubblica e privata nessun residente dovrà abbandonare il quartiere perché è garantito lo stesso numero di alloggi presenti attualmente che, ovviamente, risponderanno ai moderni criteri di sostenibilità e digitalizzazione

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Milano: la nuova faccia di San Siro di Progetto CMR

Milano ormai da tempo ha detto basta ai cosiddetti “quartieri dormitorio” dove spesso, come si vede in molte grandi città europee, l’assenza di un tessuto sociale attivo genera periferie spente o peggio rifugio per la micro-criminalità. E lo conferma con il progetto per il nuovo quartiere di San Siro, da piazza Selinunte, basato non solo su una proposta architettonica esteticamente ricercata, ma anche e soprattutto sull’affiancamento di edifici a destinazione diversa, per la presenza di molteplici e diversificati servizi.

La rigenerazione del quartiere di San Siro, fa parte di un più ampio programma di rigenerazione urbana che vede la collaborazione tra Comune di Milano, Regione Lombardia, Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale (Aler) e case MM Spa.

Il progetto, chiamato, appunto, “Rigenerare la città” è una proposta metodologica, uno studio di fattibilità, presentato dall’architetto Massimo Roj, fondatore e CEO di Progetto CMR, che si basa sull’inclusione dei quartieri di Edilizia Residenziale Pubblica nel tessuto urbanistico e sociale. Il progetto non ha pesato sul consumo di suolo che è pari a zero e ha destinato 1/3 dell’insediamento a verde pubblico. 

Obiettivi del progetto

I principali obiettivi di questo concetto di rigenerazione sono: far permanere l’attuale popolazione residente nel quartiere offrendo loro edifici nuovi; creare un tessuto sociale attivo affiancando edifici mixed-used (residenziali, commerciali, contract); attualizzare le strutture sia sul fronte tecnologico che nell’ambito della sostenibilità.

Interventi e strategie per procedere

Per i 330 mq dell’attuale quartiere di San Siro è previsto, quindi, un intervento che garantisca la stessa disponibilità di strutture per non spostare i residenti, attraverso un’opera consapevole di demolizione e ricostruzione (realizzata con la sinergia tra pubblico e privato): il piano presenta  edifici di moderna generazione e  uno schema urbanistico completo di palestre, centri sportivi, spazi culturali, giardini e aree verdi tali da coadiuvare lo sviluppo di un tessuto sociale vivo e attivo sul territorio.

Il progetto del nuovo quartiere San Siro firmato Progetto CMR

Il piano terra degli edifici è adibito ai servizi, come prevede il Piano di Governo del Territorio (PGT), da quelli dedicati al welfare e alla sanità, fino agli spazi per la cultura, per l’associazionismo, e ai negozi di quartiere. Inoltre è previsto l’insediamento delle cosiddette “funzioni rare”, ovvero università, spazi museali e laboratori per artisti e artigiani; per rendere sostenibile il quartiere è previsto l’uso di impianti fotovoltaici e geotermici e di pareti con captazione di energia; e per assecondare lo sviluppo tecnologico, sarà avviato un processo di digitalizzazione sia per gli edifici che per il quartiere nel suo insieme.

Sarà inoltre un quartiere interamente pedonale, dove solo a mezzi di servizio e di soccorso sarà consentito di accedere.

Intervista all’architetto Massimo Roj

A che cosa si ispira questa proposta di rigenerazione urbana, qualche modello europeo o si tratta di un disegno specifico per questo contesto?

Innanzitutto, siamo partiti da uno studio sulle periferie cittadine milanesi per arrivare all’elaborazione di un modello che sia applicabile su scala nazionale attraverso le leve della riqualificazione e della densificazione. Analizzando sette quartieri di edilizia popolare – Comasina, Vialba e Quarto Oggiaro, San Siro, Giambellino-Lorenteggio-Inganni, Sant’Ambrogio, Stadera e Corvetto – che richiedono cospicui interventi di riqualificazione strutturale e presentano difficoltà sociali dovute agli scarsi servizi, spazi verdi e centri di aggregazione, in un contesto di forte marginalità, ci siamo accorti che queste aree presentano un alto potenziale di sviluppo dato dai collegamenti infrastrutturali con il resto della città. Questi casi sono rappresentativi di molte delle realtà italiane e la metodologia è quindi applicabile ai più diversi contesti urbani del nostro Paese. Il caso pilota di applicazione della nuova metodologia è stato sviluppato per il quartiere di Edilizia Residenziale Pubblica di San Siro, nella zona compresa tra Piazzale Selinunte e Piazzale Segesta. Un quartiere realizzato negli anni Trenta, fortemente degradato e con un livello di servizi inadeguato, ma con un grande potenziale e a 700 metri di distanza da CityLife, una delle aree più rinomate oggi della Città. È necessario trasformare le periferie in nuove centralità per arrivare ad una vera città policentrica.

Qualche modello europeo? Sì, processi simili sono stati attuati, con successo, in grandi città come Amburgo, dove il progetto HafenCity ha permesso la rigenerazione dell’area portuale della Città secondo gli stessi principi di sostenibilità e densità previsti dalla proposta metodologica per San Siro. O ancora Parigi, con la realizzazione in essere de Le Grand Paris, che combina lo sviluppo infrastrutturale con un piano immobiliare per la rigenerazione e la ridensificazione dall’area metropolitana della capitale francese.

Per dirsi “rigenerata” un’area urbana che cosa deve possedere?

Un’area per dirsi rigenerata deve offrire i servizi ed essere vivibile dai suoi abitanti tutti i giorni e a tutte le ore del giorno: secondo la nostra strategia di intervento è possibile aumentare la superficie costruita, diminuendo allo stesso tempo la superficie coperta, più che decuplicando il verde fruibile e creando spazi per tutti i servizi indispensabili per la vita di quartiere, dai negozi di vicinato ai coworking, dai laboratori alle scuole, dai centri di assistenza sanitaria agli impianti sportivi.

Un quartiere e non più periferia che torna a essere a misura d’uomo, autosufficiente e finalmente re-inserito in un più ampio contesto urbano e policentrico, in modo omogeneo e armonico.

Il termine inclusivo, invece, è riferito all’accostamento dell’edilizia libera a quella pubblica. Si possono citare altri modelli di questo genere?

Certamente, mi vengono in mente alcuni interventi a Londra come Highgate Police Station, Tower Hamlets o Kings Cross R5: in tutti questi casi la mixitè sociale – generata dalla compresenza di residenze sociali e libere, di servizi di zona e di negozi di vicinato o comunque di commercio – ha generato un circolo virtuoso di convivenza tra classi e gruppi sociali differenti come studenti e anziani, giovani coppie e mamme single, persone con minore possibilità di spesa e rappresentanti del ceto medio.

Oltre a questo, non va dimenticato che il modello presuppone una virtuosa collaborazione pubblico-privato: si innescherebbero processi di rigenerazione urbana senza costi per l’amministrazione pubblica, con un consumo di suolo pari a zero. Si darebbe forma all’idea della creazione di una città sempre più policentrica, con quartieri perfettamente indipendenti completi di ogni funzione e servizio. Inoltre, i costi di urbanizzazione risparmiati potrebbero essere investiti per potenziare o migliorare i servizi.

Quali potrebbero essere, secondo lei, i passaggi più difficili di questo grande intervento?

Trattandosi di una proposta che presuppone un tempo di effettiva realizzazione tra i 15 e i 20 anni, la risposta a questa domanda potrebbe proprio essere da ritrovare nei tempi e l’inevitabile rischio di una loro dilatazione dovuto soprattutto alla burocrazia.  Anche se sono convinto che i cittadini del quartiere si meriterebbero ora un rapido cambio di passo da parte di tutti, comprese le Istituzioni.

*Fondata nel 1994, Progetto CMR compie quest’anno 30 anni di attività. Trai lavor i più rilevanti si ricordano alcuni importati progetti a Milano come il business district The Sign e numerosi cantieri attivi e in programma, fra i quali il Villaggio Olimpico di Porta Romana per i giochi invernali Milano-Cortina 2026; ma anche il nuovo dipartimento di Medicina dell’università di Udine, l’Harmonic Innovation Hub di Entopan a Tiriolo (CZ) e la nuova sede del gruppo Tinexta a Roma.

Sistema di gestione misto pubblico/privato

Le amministrazioni interessate selezionano gli operatori privati, adottano il piano attuativo e conferiscono i titoli abilitativi. Le amministrazioni sottoscrivono il protocollo d’intesa, (le linee guida) per la redazione del masterplan, ed eventuale ratifica in consiglio comunale dell’accordo di programma. Gli operatori privati sviluppano gli interventi e compensano le amministrazioni.

Il principio di densificazione

Il progetto di riqualificazione del quartiere San Siro è guidato dal principio di “densificazione” il cui obiettivo è proprio quello di limitare il consumo di suolo. Se consideriamo un’area urbanistica, il principio di densificazione consiste nel concentrare, in spazi individuati, le strutture edili e lasciare il restante spazio ad aree verdi in un rapporto di equilibrio. 

Il progetto del nuovo quartiere San Siro firmato Progetto CMR

Tipologie edili e disegni: il mixitè

Nella presentazione del progetto è stato individuato il mixitè ideale, ovvero la composizione tra tipologie e soluzioni schematiche ideale alla riqualificazione del quartiere secondo una formula inclusiva.

Le tipologie individuate sono: Torre, Corte, Sistema in Linea.

Progetto di riqualificazione del quartiere San Siro a Milano. Tipologia edilizia a torre

Il sistema a corte (pensato per il perimetro dell’area) dialoga con la città grazie all’equilibrio tra le altezze degli edifici esistenti e quelli di progetto. La presenza delle torri disegna lo skyline urbano.

Progetto di riqualificazione del quartiere San Siro a Milano. Tipologia edilizia a corte

Questa variazione di tipologie edilizie e di altezze degli edifici è un espediente per creare micro paesaggi differenti ed evitare la monotonia altimetrica.

Progetto di riqualificazione del quartiere San Siro a Milano. Tipologia edilizia in linea

Le proporzioni e i rapporti sono diversi, ma caratterizzati dalla continua presenza del verde, che sia un parco, un giardino o una corte.

Progetto di riqualificazione del quartiere San Siro a Milano. Tipologia edilizia Mix Sociale

Il parco urbano

Sono state proposte diverse tipologie di spazi verdi per la mitigazione dei fattori climatici e la definizione di un paesaggio urbano come quartiere giardino. Lo spazio verde ha la funzione, inoltre di modulare e ricucire lo spazio privato allo spazio collettivo/comune.

Per la sua progettazione sono stati identificati diversi modelli: ØsterGRO, la prima fattoria sul tetto della Danimarca, un edificio a Copenaghen che si estende su 600 mq e produce cibo per 20 persone; gli orti in corte (Piuarch Milano), dove il tetto dell’edificio è convertito in orto, il progetto si basa su un sistema modulare che utilizza i pallet per costruire strutture facilmente assemblabili e adatte a diversi usi; il parco Biblioteca degli Alberi, disegnato dallo studio olandese Inside Outside, per conto del Comune di Milano nell’ambito del progetto urbanistico di Porta Nuova e con i suoi 10 ettari di estensione è un esempio unico in Italia di giardino contemporaneo con una grande varietà di piante.

I numeri del quartiere San Siro

  • Quartiere San Siro – quadrilatero Selinunte costruito nel 1931-1951
  • Superficie Territoriale ≈ 305.000 mq Superficie Lorda totale ≈ 336.000 mq Residenti: 15.000 circa
  • Numero di alloggi complessivi ≈ 4.500, di cui:
- ≈ 800 alloggi occupati abusivamente;
- ≈ 800 alloggi di proprietà privata;
- ≈ 2.900 alloggi di edilizia residenziale popolare (ERP).
  • Superficie Lorda ERP ≈ 276.000 mq
Superficie Lorda ERS ≈ 60.000 mq (≈ 800 alloggi di proprietà privata).

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