Superbonus, arriva lo stop alla cessione dei crediti. Allarme delle imprese

Superbonus e cessione dei crediti, il governo vara un decreto ad hoc. La scelta in consiglio dei ministri per mettere in sicurezza i conti. La cifra ‘incagliata’ è arrivata a 110 miliardi. Stop anche a sconto in fattura e acquisto crediti da parte pubblica amministrazione. Sos dei costruttori: così si affossa il settore, in pericolo 130mila lavoratori. Palazzo Chigi prova a rassicurare e vedrà associazioni e rappresentanti di categoria il 20 febbraio.                    

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Superbonus, arriva lo stop alla cessione dei crediti. Allarme delle imprese

Si ferma tutto sui bonus edilizi. Arriva infatti lo stop, che include il superbonus, e si cambia totalmente. E’ quello che ha deciso il governo con un intervento netto sulla vicenda che da tempo va avanti: in sostanza non sarà più possibile ricorrere alla cessione del credito o allo sconto in fattura per i nuovi interventi, oltre alla chiusura – tra l’altro appena avviata – dell’acquisto dei crediti incagliati da parte di alcuni enti pubblici che adesso non potranno più farlo.

Le imprese, con l’Ance su tutti, non la prendono bene. L’associazione dei costruttori lancia l’allarme: in questo modo si affosa il settore, e si mettono in pericolo 130mila lavoratori.

Le ragioni del Governo

Il governo, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – visto che il punto è diventato tutto ‘economico’ – difende la scelta individuando un duplice obiettivo del decreto che è già operativo: risolvere la questione dei crediti e mettere in sicurezza i conti pubblici.

Superbonus, arriva lo stop alla cessione dei crediti. Le ragioni del Governo

I crediti sono arrivati a 110 miliardi. E’ questa la cifra che ha spinto il governo a varare (senza preavviso), nell’ultimo consiglio dei ministri, un decreto ad hoc sulla cessione dei crediti di imposta. Un provvedimento, fatto da due soli articoli, con delle ricadute dal forte impatto.

Si parte con lo stop totale allo sconto in fattura e alla cessione del credito. Per tutti i nuovi interventi – e non quelli già avviati – si potrà pensare soltanto alla detrazione d’imposta.

Allo stesso tempo c’è anche il divieto per le pubbliche amministrazioni di acquistare crediti derivanti da bonus edilizi (cosa che era partita lentamente ma che aveva cominciato a riscuotere un discreto successo); si tratta – spiega sempre Giorgetti – di acquisti che avrebbero avuto “effetti diretti sul debito pubblico”.

Il provvedimento interviene anche sulla responsabilità solidale dei cessionari: viene esclusa per chi è in possesso di tutta la documentazione delle opere.

Secondo Giorgetti con queste norme si “eliminano le incertezze” e si bloccano “gli effetti di una politica scellerata” che è finita per costare 2mila euro a ogni italiano. Il passo successivo – quantomai urgente – è “la riattivazione della possibilità per gli intermediari” di acquista i crediti rimasti incagliati: una montagna da 110 miliardi che in qualche modo deve esser pur gestita. Ne nasce, fin d’ora, un appello alle banche per un’azione di sistema e riuscire così a coprire quello che il ministro definisce un “bucone”.

 “Siamo intervenuti – rileva poi il vicepremier Antonio Tajani, ministro di Forza Italia, partito che comunque è sempre stato critico – perché c’era stata una lievitazione dei crediti, dovuta al fatto che nei governi precedenti c’è stata una mancata una pianificazione. Era tutto fuori controllo”.

L’allarme delle imprese

Naturalmente, e non poteva essere altrimenti, tutto il settore dell’edilizia accoglie con grande preoccupazione la decisione del governo. “Se il governo bloccherà per sempre la cessione di nuovi crediti senza aver individuato prima una soluzione per sbloccare quelli in corso – afferma Federica Brancaccio, presidente dell’Ance – vorrà dire che si è deciso di affossare famiglie e imprese”.

Superbonus, arriva lo stop alla cessione dei crediti. Le ragioni del Governo

 Secondo le stime dei costruttori edili, gli effetti macroeconomici potrebbero essere estremamente preoccupanti: 25mila imprese a rischio fallimento e 130mila posti persi nel settore delle costruzioni, problemi per la tenuta di circa 90mila cantieri.

“E’ da ottobre che aspettiamo di capire come si pensa di risolvere una situazione che è diventata drammatica – continua Brancaccio – non ci rendiamo conto delle conseguenze devastanti sul piano economico sociale di una decisione del genere”.

Secondo l’Arch. Cecilia Hugony – Amministratore Delegato Teicos Group “La fine dello sconto in fattura vanifica l’enorme sforzo fatto in questi anni (dal 2017 in poi) dal sistema paese  – amministrazioni pubbliche, Agenzia delle entrate, Enea , industria finanziaria, assicurativa, filiera dell’edilizia – per costruire uno strumento finanziario che ci permetta di affrontare le sfide della decarbonizzazione del nostro patrimonio edificato. Ora si riparte da zero. Sono curiosa di conoscere le proposte del governo per affrontare questa sfida. Le conseguenze nell’immediato sono tutte da scoprire: nel caso gli istituti finanziari si sentano tutelati dalle disposizioni dell’articolo 1 comma 2 e non temano gli effetti della chiusura dell’istituto della cessione del credito, i cantieri in corso potrebbero essere conclusi, e i nefasti effetti di questa decisione si vedrebbero tra 12-15 mesi“.

“Speravamo in una soluzione che risolvesse il problema dei crediti incagliati – rileva il presidente di Confartigianato Marco Granelli – invece non solo non si prospetta nessuna risposta al problema ma il governo blocca, tranne in limitati casi, la possibilità di continuare ad applicare lo sconto in fattura o a cedere i crediti”.

Per il presidente di FederlegnoArredo Claudio Feltrin “nel giro di poche ore il governo si è assunto la responsabilità di mettere in ginocchio imprese e famiglie, con una decisione davvero incomprensibile e per di più in contrasto con gli obiettivi di efficientamento energetico fissati al 2030”.

Confedilizia esprime “perplessità” ma resta fiduciosa sui prossimi step.

 “Senza un segnale immediato da parte del Governo su una soluzione concreta e strutturale per sbloccare i crediti rischiamo una reazione dura da parte di cittadini e imprese disperati – fa presente ancora Brancaccio – abbiamo il dovere di dare risposte e di individuare una soluzione”. L’Ance poi ricorda che alcuni mesi fa insieme all’Abi aveva suggerito di permettere agli intermediari l’utilizzo di parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24 in compensazione con i crediti ceduti dalle imprese.

“È chiaro – sottolinea Cecilia Hugony – che andiamo in contro ad una nuova grande crisi dell’edilizia: da un lato l’aumento dei tassi d’interesse e la fine del quantitative easing sta riducendo drasticamente i grandi investimenti di promozione immobiliare; dall’altro, lo stop alla cessione ridurrà la domanda anche nel mercato della manutenzione edilizia. Spero che il governo sia preparato ad affrontare il forte aumento della disoccupazione che ciò comporterà. Non dimentichiamo che l’edilizia, dal 2020 ad oggi, ha assorbito una buona parte della disoccupazione generata da altri settori più colpiti dalla crisi”.

 Ma alle imprese edili viene rivolto dal governo anche un messaggio che prova a essere rassicurante: “Faremo tutto il possibile”. Cosa che fa intuire come Palazzo Chigi abbia già messo in conto di dover sostenere le proprie scelte, tanto che a stretto giro sentirà tutte le associazioni di categoria e i rappresentanti del settore che sono “maggiormente interessate dalle disposizioni del decreto”. L’appuntamento è dietro l’angolo, per il prossimo 20 febbraio.

Il decreto, i bonus a rischio, dove si interviene

Il decreto – ‘Misure urgenti in materia di cessione di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali‘ – spiega Palazzo Chigi interviene, in particolare, “per modificare la disciplina riguardante la cessione dei crediti d’imposta relativi a spese per gli interventi in materia di recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e superbonus 110%, misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche”.

Il decreto, i bonus a rischio, dove si interviene

I lavori a rischio vanno quindi dall’ecobonus al sismabonus:

  • Bonus ristrutturazione: detrazione del 50% dell’ammontare del costo dei lavori spalmato su 10 anni. E’ destinato agli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia. Rientrano nel bonus ristrutturazioni, le spese relative ad interventi di manutenzione ordinaria realizzati sulle sole parti comuni condominiali.
  • Ecobonus 50%: detrazione del 50% spalmata in 10 anni. Riguarda i lavori di efficienza energetica. In particolare, sostituzioni di serramenti e infissi, schermature solari, e caldaie (a biomassa e a condensazione).
  • Ecobonus 65%: detrazione del 65% in 10 anni. Interventi di particolare efficienza energetica.
  • Superbonus: detrazione al 110% (ora al 90%) spalmabile in 5 anni. Riguarda i condomini e gli edifici unifamiliari. Stessa agevolazione anche per impianti fotovoltaici e ricarica elettrica.
  • Sismabonus: detrazione al 110% (ora 90%) spalmabile in 5 anni, per lavori di consolidamento degli edifici compresa la demolizione e ricostruzione.
  • Bonus facciate: scaduto il 31/12/2022. Detrazione del 60% per le spese sostenute nel 2022 e del 90% per le spese sostenute nel 2020 e nel 2021, spalmabile in 10 anni. Riguarda lavori finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti, anche strumentali. Sono inclusi anche gli interventi di sola pulitura o tinteggiatura esterna. Di questo bonus possono però godere solo gli edifici che si trovano nei centri storici (zona A) e nelle zone anche parzialmente edificata.

L’oggetto dell’intervento non è il bonus – rileva quindi Palazzo Chigi – ma la cessione del relativo credito, che ha potenzialità negative sull’incremento del debito pubblico.

In particolare, dall’entrata in vigore del decreto, con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non sarà più possibile, per i soggetti che effettuano tali spese, optare per lo sconto in fattura né per la cessione del credito d’imposta.

Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d’imposta relativi a specifiche categorie di spese; resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi.

Si abrogano le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a:

  • spese per interventi di riqualificazione energetica e di interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200mila euro;
  • spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile.

Viene introdotto anche il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento. Inoltre, il testo chiarisce il regime della responsabilità solidale nei casi di accertata mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto ai benefici fiscali.

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