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Al palco dopo i rappresentanti politici i rappresentanti nazionali di categoria (ing. Garofalo, Presidente INARSIND nazionale; ing. Galluccio, Presidente nazionale Confedertecnica; arch. Mirizzi, Segretario del Consiglio Nazionale Architetti; ing. Rolando, Presidente Consiglio Nazionale Ingegneri; arch. Muratorio, Presidente INARCASSA; ing. La Pietra, Presidente Nazionale Centro Studi CNI). Quello che ne è emerso è decisamente un quadro preoccupante. Il frazionamento dell’offerta professionale (l’87,8% degli studi conta meno di 3 addetti) e l’aumento spropositato del numero di liberi professionisti (passato da 86.609 nel 2000 a 149.101 nel 2009), che spesso nascondono sostanziali situazioni di disoccupazione (molti giovani, non avendo impiego, aprono intanto partita IVA), sono lo specchio di una realtà che trova difficoltà a stare al passo con i tempi, che richiedono multidisciplinarietà e organizzazione di mezzi propri di un’impresa. A questo però non corrisponde parità di trattamento: il regime fiscale premia molto di più le società rispetto ai liberi professionisti, a cui non sono riconosciuti né gli sgravi relativi agli investimenti (per es, non sono deducibili gli oneri per l’acquisto del proprio ufficio) né le facilitazioni concesse alle altre realtà produttive (dalle piccole imprese alle banche) in caso di aggregazione. A questo si aggiungono altre situazioni contingenti che hanno causato situazioni di disagio. Prima fra tutte l’abolizione dei minimi tariffari, con sconti che arrivano anche al 100% della tariffa professionale, a cui però corrisponde un risparmio complessivo solo dello 0.7% sul costo totale delle opere alle quali tali servizi di progettazione si riferiscono. Risparmio del tutto fittizio se poi si pensa che la diminuzione degli onorari professionali si è accompagnata ad un parallelo calo della qualità delle prestazioni prestate, con allungamento dei tempi di realizzazione e moltiplicazione delle situazioni di contenzioso in cantiere. I liberi professionisti sono poi spesso soggetti, nel campo pubblico, alla concorrenza non sempre trasparente della cosiddetta “progettazione interna”, che spesso tanto interna non è, in quanto viene aggirata con l’affidamento di incarichi di consulenza esterna tramite i quali viene di fatto prodotta gran parte della la progettazione. Senza contare lo sfruttamento da parte delle università dell’apporto gratuito fornito durante i corsi dagli studenti, rivenduto poi come consulenza. È una realtà spesso sommersa, a cui non viene data voce, perché ingegneri e architetti liberi professionisti non sono mai stati abituati a scendere in piazza ma, giunti al punto più basso della crisi, hanno deciso di dire basta. Per questo si sono impegnati, attraverso i loro vertici, a chiarire innanzitutto i ruoli delle varie organizzazioni. Infatti giova ricordare che gli Ordini, comunemente visti come “lobby”, sono in realtà enti governativi emanazione del Ministero della Giustizia che hanno l’obbligo di tutelare la qualità dell’operato dei loro iscritti di fronte agli stessi ma soprattutto di fronte alla comunità; sono invece le organizzazioni sindacali, come INARSIND, che sono parte sociale e come tali rappresentano gli interessi dei liberi professionisti, al pari dei Sindacati Confederati dei Lavoratori da una parte e Confindustria o Confcommercio dall’altro. Forte di questo ruolo, INARSIND, attraverso i lavori di questi due giorni, ha voluto quindi ribadire con forza il proprio grido di allarme chiedendo nella propria mozione finale: il riconoscimento del ruolo sociale della libera professione; l’immediata individuazione di parametri qualitativi di riferimento per la stesura delle parcelle; l’eliminazione delle sperequazioni fiscali fra liberi professionisti e altri soggetti economici che intervengono nell’ambito delle attività tecnico professionali; una riforma del welfare che preveda il supporto alle libere professioni al pari di altre organizzazioni economiche; il sostegno all’integrazione delle strutture professionali individuali. Senza dimenticarsi della necessità di integrazione dei giovani attraverso: un sistema che favorisca l’ingresso qualificato dei giovani nella libera professione e una riforma degli studi universitari riguardanti le professioni tecniche che sia finalmente rispettosa del livello professionale richiesto dalla società. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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