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Un salto indietro di venti anni. L'industria italiana delle piastrelle chiude il 2009, il peggiore della sua storia, con vendite pari a 406 milioni di metri quadrati. Erano oltre 620 milioni nel 2000 e bisogna risalire sino al 1989 per trovare un valore così basso (414 milioni). Bastano queste cifre per capire l'impatto drammatico che la crisi ha avuto su uno dei settori di punta del made in Italy. L'unico dato consolante è che il fondo è stato toccato e già in questo ultimo scorcio dell'anno si avvertono timidi segni di risveglio in diversi mercati. Non bisogna tuttavia farsi eccessive illusioni. Il Rapporto previsionale Prometeia, presentato ieri a Sassuolo, al centro della piastrella valley (tra Modena e Reggio Emilia), in occasione dell'assemblea di fine anno di Confindustria Ceramica, fa sapere che la ripresa sarà molto lenta. Almeno per altri due anni non ci si scosterà dal fondo dei 400 milioni di metri quadrati venduti (-3,4% nel 2010; +0,5% nel 2011).Se queste sono le vendite, il prossimo anno la produzione si fermerà a quota 360 milioni (erano 631 nel 2000). Ci sono infatti ancora 30 milioni di metri quadrati di piastrelle nei magazzini da smaltire. In questo scenario l'avvio della ripresa coinciderà per quasi tutte le aziende del comparto con l'attuazione di significativi piani di riorganizzazione e ristrutturazione interna al fine di superare l'evidente problema di un eccesso di capacità produttiva. Ci si deve adeguare alle nuove sfide competitive e alla realtà di una domanda che ha subito profonde trasformazioni. È un percorso in gran parte già in atto, mentre ben 10.300 dei circa 26mila addetti del comparto sono attualmente interessati all'applicazione di ammortizzatori sociali, come contratti di solidarietà e Cassa integrazione. «L'Italia non sta perdendo quote di mercato – afferma il presidente di Confindustria ceramica, Franco Manfredini – è la torta complessiva che è diventata più piccola e la competizione più aspra». Alcuni dati sull'export nei primi nove mesi dell'anno in corso chiariscono il fenomeno: -39% negli Stati Uniti; -46% in Russia. Il primo passo degli imprenditori sarà quello di cercare nuovi spazi in mercati emergenti come Nord Africa, Medio Oriente e Asia. Si continuerà inoltre a investire (come fatto anche nel terribile 2009) per innovare e innalzare la qualità dei prodotti. Servono però anche interventi per favorire il rilancio del settore. Chiare le richieste di Confindustria Ceramica al Governo. «Speravo nel Piano Casa – afferma Manfredini – ma non vedo effetti». Bisogna rimettere mano alle regole per rendere l'iniziativa più semplice e più appetibile per i cittadini. Poi c'è il tema dei costi. «Siamo il Paese con l'energia più cara e le tasse più alte». È indispensabile liberalizzare il settore energetico e iniziare a ridurre tributi e balzelli. Le aziende escono poi dalla crisi in una evidente situazione di scarsissima liquidità. Sul fronte del credito c'è molto da fare perché le opportunità di ripresa non vengano soffocate dalla mancanza di risorse finanziarie. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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