Costruzioni: nonostante tutto, il settore tiene

Nonostante le forti tensioni su più fronti, i dati dell’Osservatorio congiunturale Ance confermano un 2022 ancora positivo: +12,1% sull’anno precedente. Valori in crescita in tutti comparti e il Superbonus ha permesso di aprire oltre 300mila cantieri. Stime al ribasso per il 2023

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Costruzioni: 2022 in crescita ma stime al ribasso per il 2023

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Anche i dati dell’Osservatorio congiunturale dell’Associazione nazionale dei costruttori edili confermano l’andamento positivo dell’industria delle costruzioni.

Un andamento che, per il primo semestre di quest’anno, si è collocato in un contesto economico nazionale ancora favorevole.

Ma, come sappiamo, da qualche mese le prospettive appaiono decisamente meno positive, complice un quadro internazionale in marcato rallentamento a causa di alcuni fattori concomitanti: aumento dei prezzi dell’energia, rialzo dei tassi di interesse, guerra in Ucraina, indisponibilità di alcune materie prime e crescita vertiginosa delle loro quotazioni e, infine, come se non bastasse, esplosione dell’inflazione.

All’interno di questo contesto – si legge nel documento congiunturale Ance – “appare cruciale l’evoluzione degli investimenti in costruzioni, che sono stati il principale motore di crescita dell’economia italiana negli ultimi due anni. Circa un terzo, infatti, della crescita del Pil nei periodi considerati è attribuibile all’edilizia. Una peculiarità tutta italiana, che si discosta in maniera marcata da quanto accaduto nei principali paesi europei”.

Ancora un anno positivo per le costruzioni

In questo quadro, il settore delle costruzioni conferma il percorso di crescita intrapreso a inizio del 2021, dopo la battuta d’arresto registrata nell’anno della pandemia.

La stima di Ance per il 2022 è di un significativo incremento: +12,1% in termini reali, derivante da aumenti generalizzati in tutti i comparti.

Una crescita importante, che segue l’eccezionale aumento dei livelli produttivi conseguito nel 2021: +20,1%.

Nel 2022 cresce il settore delle costruzioni

Le stime Ance e gli indicatori Istat

La stima dei costruttori per il 2022 tiene conto, oltre che delle valutazioni delle imprese associate emerse nell’indagine rapida svolta nella prima settimana di ottobre di quest’anno, anche delle dinamiche dei principali indicatori settoriali che, al momento, continuano ad evidenziare segnali positivi.

L’indice Istat della produzione nelle costruzioni, ad agosto 2022, registra un ulteriore aumento tendenziale del 9,7%, in accelerazione rispetto al mese precedente. Con il dato di agosto, il risultato di crescita per il 2022 si rafforza ulteriormente, segnando un aumento tendenziale, nel complesso dei primi otto mesi, del +15%.

Indice Istat della produzione nelle costruzioni

Parallelamente all’indice di produzione Istat, anche i conti economici trimestrali elaborati dallo stesso istituto indicano per gli investimenti in costruzioni (al lordo dei costi per il trasferimento della proprietà) un marcato aumento tendenziale del 16,3% nei primi sei mesi del 2022, mutuato da importanti incrementi nel primo trimestre (+17,6% rispetto ai primi tre mesi del 2021) e nel secondo (+15,5%).

Positivi anche i dati sui permessi di costruire riferiti al primo semestre 2022, a conferma di un trend positivo ormai in atto da diversi anni e solo parzialmente interrotto dal risultato negativo del 2020.

In particolare, per il comparto residenziale, sempre nel periodo considerato, si registra una crescita del 12,8% per le nuove abitazioni concesse, mentre per il non residenziale l’aumento risulta pari al +10,3%.

Cresce l’occupazione

La ripresa dei livelli produttivi nel settore ha positivamente influenzato anche i livelli di occupazione. Nei primi sette mesi del 2022, secondo il monitoraggio della Commissione nazionale per le Casse edili, su 113 Casse edili-Edilcasse, il numero di ore lavorate è cresciuto del 22,2% rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre i lavoratori iscritti sono aumentati del 17,1% sempre nello stesso periodo.

Il miglioramento nel mercato del lavoro è confermato anche dai dati Istat sulle forze di lavoro. Dopo il robusto aumento già rilevato nel 2021 (+7,7% di occupati su base annua), le costruzioni, nei primi sei mesi dell’anno in corso, registrano una ulteriore crescita tendenziale del 10,2%, il risultato migliore tra tutti i settori di attività economica.

I comparti nel 2022

Il consistente aumento dei livelli produttivi stimato dall’Ance per gli investimenti in costruzioni (+12,1% rispetto al 2021) è generalizzato a tutti i comparti e risulta trainato, in particolare dalla manutenzione straordinaria abitativa.

Relativamente alla nuova edilizia residenziale, la stima dell’associazione costruttori è di un aumento del 4,5% in termini reali.

Investimenti in costruzioni per comparto nel 2022

Per gli investimenti in recupero abitativo, giunti a rappresentare ormai il 40% del totale settoriale, si registra un segno particolarmente positivo (+22%), dopo gli eccezionali livelli già registrati nel 2021 (+25% su base annua).

La dinamica registrata nel biennio 2021-2022, è facilmente spiegata dalle possibilità offerte dagli incentivi per la ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio abitativo: il Superbonus 110% e la possibilità di cedere i crediti maturati estesa anche agli altri bonus ordinari.

Vola il Superbonus

Con riferimento al Superbonus, ad esempio, secondo gli ultimi dati del monitoraggio Enea-Mise-Mite, al 30 settembre 2022 gli interventi legati all’efficientamento energetico sostenuti dal Superbonus 110% sono stati 307.191, per un ammontare corrispondente di 51 miliardi (38,8 miliardi, ovvero il 76%, si riferiscono a lavori già realizzati).

Nel solo mese di settembre, si è registrato un aumento del 25,9% in numero e del 19% nell’importo, ovvero più di 63.000 interventi aggiuntivi, per un valore corrispondente di circa 8,2 miliardi.

Gli investimenti privati in costruzioni non residenziali, segnano un aumento dell’8,2%, a conferma di una dinamica positiva in atto dal 2016, intervallata dal segno negativo dell’anno pandemico. La stima tiene conto dei dati particolarmente positivi dei permessi di costruire relativi all’edilizia non residenziale, in atto ormai dal 2015, e del favorevole contesto economico, che ha inciso sensibilmente sui livelli produttivi di questo comparto, più legato agli andamenti dei diversi settori di attività economica.

Anche per il comparto delle costruzioni non residenziali pubbliche si evidenzia una crescita del +4% nel 2022 rispetto all’anno precedente. La stima è stata rivista al ribasso rispetto a quanto formulato nell’Osservatorio del febbraio scorso (+8,5% su base annua), in considerazione degli effetti sul comparto delle tensioni sui prezzi di materie prime ed energia, che hanno determinato un rallentamento nell’avvio delle nuove iniziative programmate per l’anno in corso e dalle difficoltà attuative dei programmi di investimento previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Queste difficoltà risultano confermate nella recente Nota di aggiornamento del Def 2022, che registra un ridimensionamento degli investimenti fissi lordi della pubblica amministrazione (-3,3%), spiegato dalle difficoltà attuative del Pnrr che hanno reso necessario il rinvio di alcuni investimenti dal 2022 agli anni successivi.

A ciò si aggiungano i primi segnali negativi sugli investimenti dei Comuni registrati nel terzo trimestre 2022 (-1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).

Tale andamento riflette, oltre alle criticità legate al caro materiali, anche la scarsa capacità amministrativa degli enti che si trovano a gestire una mole di risorse e progetti notevole in tempi molto ristretti.

La dinamica comunque positiva degli investimenti in opere pubbliche nel 2022 è il risultato, con rifermento alle opere del Piano nazionale, della prosecuzione di opere già in corso e dell’avvio dei “progetti in essere”, ovvero dei progetti previsti da precedenti programmi di spesa e ricompresi nel Piano europeo.

Le previsioni per il 2023

Per l’Ance, l’attuale quadro macroeconomico dell’economia italiana è minacciato dai numerosi fattori di rischio già ricordati, che stanno offuscando le aspettative di crescita economica nell’ultimo scorcio dell’anno in corso e, soprattutto, nel 2023.

I principali istituti di ricerca nazionali e internazionali, infatti, stanno rivedendo al ribasso il percorso di crescita del nostro Paese. Le tensioni esistenti non risparmiano, ovviamente, le costruzioni.

La previsione dell’Ance per il 2023 è di una riduzione del 5,7% degli investimenti in costruzioni. Un risultato, che, pur confermando livelli di investimento particolarmente elevati, risentirà del mancato apporto espansivo della manutenzione straordinaria, a seguito del venir meno degli investimenti legati al Superbonus su edifici unifamiliari, che comporterà una flessione del 24% (questo segmento di mercato nel 2021 e nel 2022 ha rappresentato il 40% degli investimenti realizzati con l’agevolazione fiscale).

La previsione considera, viceversa, un’importante crescita negli investimenti in opere pubbliche (+25%), legata all’avvio della fase produttiva degli interventi previsti dal Piano nazionale ripresa e resilienza.

Con riferimento agli investimenti nella nuova edilizia abitativa, la previsione è di un incremento dei livelli produttivi del 3,4% rispetto al 2022, mentre per il non residenziale privato si stima una flessione degli investimenti del 3%.

Investimenti pubblici e attuazione del Pnrr

L’andamento degli investimenti in opere pubbliche nel corso del 2022 sta registrando un rallentamento rispetto alle previsioni formulate dall’Ance ad inizio anno, che fissavano a +8,5% l’incremento previsto per questo comparto.

Secondo la nuova stima, gli investimenti in opere pubbliche registrano un incremento del 4% in termini reali rispetto all’anno precedente.

Se tale andamento verrà confermato, il 2022 proseguirà, seppure ad un ritmo più contenuto, la crescita iniziata nel 2019, riportando gli investimenti in opere pubbliche al livello raggiunto nel 2011.

Una conferma del rallentamento del mercato delle opere pubbliche emerge dalla Nota di aggiornamento del Def 2022, che registra un ridimensionamento degli investimenti fissi lordi della pubblica amministrazione (-3,3%), spiegato dalle difficoltà attuative del Piano nazionale, che hanno reso necessario il rinvio di alcuni investimenti dal 2022 agli anni successivi.

Un’ulteriore conferma emerge dai dati della Ragioneria generale dello Stato sulla spesa in conto capitale dei Comuni che, nel terzo trimestre dell’anno in corso, segnano una prima battuta d’arresto (-1%), rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, dopo due trimestri positivi.

Complessivamente, tra gennaio e agosto 2022, la spesa in conto capitale dei Comuni aumenta del 2,3%. Un livello che rischia di essere ulteriormente ridimensionato nel corso dell’ultimo trimestre dell’anno e di interrompere la ripresa degli investimenti locali avviata a partire dal 2018, che ha visto la spesa per investimenti dei Comuni crescere di quasi il 35%.

Su tali risultati ha pesato principalmente il fenomeno dell’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione.

Nonostante l’intervento del governo, che con il decreto Aiuti ha stanziato oltre 10 miliardi di euro e introdotto meccanismi di adeguamento dei prezzi, sia per le opere in corso di realizzazione, sia per quelle da avviare entro l’anno, le procedure previste per l’accesso ai fondi – secondo Ance – “sono risultate molto complesse e stanno richiedendo tempi lunghi che si riflettono sulla realizzazione delle opere”.

La situazione – scrivono i costruttori – “sta diventando insostenibile per le imprese dal punto di vista finanziario ed economico”.

Secondo le stime dell’Ance, infatti, le imprese di costruzioni sono in attesa di ricevere almeno 5 miliardi per lavori realizzati negli ultimi mesi, su circa 23.000 cantieri in corso in tutta Italia.

Tali criticità si sono riverberate inevitabilmente sugli investimenti del Pnrr, proprio nella sua fase di avvio delle, ritardandone la realizzazione di almeno sei mesi, e si sono sommate alle difficoltà fisiologiche e prevedibili, dovute alla mole degli interventi e dei tempi previsti per la loro realizzazione.

Secondo la Nadef 2022, la spesa relativa a investimenti per il Piano nazionale ripresa e resilienza sostenuta tra il 2020 e il 2022 ammonta a 20,5 miliardi di euro, contro i 33,7 miliardi previsti solo ad aprile scorso in occasione del Def 2022. Nell’anno in corso la spesa effettivamente raggiunta sarà poco più della metà di quella preventivata (29,4 miliardi).

I finanziamenti del Piano nazionale ripresa e resilienza

Parallelamente alle difficoltà nella spesa delle risorse, l’attività del governo nel raggiungimento dei target e le milestone concordati con l’Europa ha consentito di ottenere i finanziamenti previsti, pari a 42 miliardi, che vanno ad aggiungersi al prefinanziamento di 24,9 miliardi ottenuto nell’agosto 2021, per un ammontare di risorse europee complessive di 67 miliardi.

Dal punto di vista procedurale e finanziario, risulta quasi del tutto completata la fase di riparto dei fondi ai territori.

Al 15 ottobre 2022, dei 108 miliardi di euro destinati ad interventi di interesse del settore delle costruzioni, 96 miliardi, pari all’89%, risultano «territorializzati», ovvero per tali finanziamenti è possibile individuare i territori nei quali le risorse europee produrranno effetti in termini di investimenti realizzati.

In merito alla distribuzione geografica delle risorse territorializzate, emergono le regioni del Mezzogiorno e del Nord, rispettivamente con 41,4 miliardi (42%) e 40,7 miliardi (41%) di euro, mentre quelle del Centro ricevono 16 miliardi (16%).

Il Piano si appresta ad entrare nella fase realizzativa che prevede, sulla base delle milestone concordate con l’Europa, l’aggiudicazione di contratti pubblici, entro il 2023, per oltre 20 miliardi di investimenti relativi a 14 linee di intervento di interesse per le costruzioni.

Questi obiettivi si scontrano con le criticità già evidenziate.

Caro materiali e investimenti di Fs e Anas

Le conseguenze del caro materiali si sono manifestate anche sull’operato dei principali player infrastrutturali del Paese, Ferrovie dello Stato e Anas che, dopo un 2021 di forte espansione, hanno avuto un ritmo più contenuto rispetto a quello preventivato, rimanendo, comunque, su livelli di crescita garantiti dal grande piano industriale 2022-2031 del Gruppo Ferrovie dello Stato.

Con riferimento agli investimenti delle Ferrovie dello Stato, la distribuzione mensile dei bandi di gara di lavori, nel corso del 2022, ha visto il sostanziale blocco delle pubblicazioni tra febbraio e maggio (nei primi sei mesi dell’anno l’ente ha bandito interventi per circa 2,6 miliardi, contro una previsione, formulata a febbraio scorso, di 7,7 miliardi).

Un’accelerazione delle procedure di affidamento è prevista nell’ultimo trimestre dell’anno che, solo con riferimento a RFI, dovrebbe vedere, secondo le previsioni formulate dall’ente la scorsa estate, la pubblicazione di bandi per ulteriori 12 miliardi di euro se le procedure di assegnazione dei fondi per la copertura degli extra costi saranno tempestive.

Rallentamenti rispetto alle previsioni hanno riguardato anche l’attività di Anas per effetto delle problematiche del caro materiali e delle conseguenze di tagli strutturali che hanno indebolito la capacità di investimento dell’ente.

Le stime per il prossimo anno del comparto delle opere pubbliche segnano un incremento del 25%, spiegato dal forte aumento degli investimenti del Pnrr che, secondo le previsioni contenute nella Nota di aggiornamento al Def 2022, dovrebbero ammontare a circa 41 miliardi.

Una quota rilevante di tali investimenti riguarderà interventi di interesse per il settore delle costruzioni, che ricopre un ruolo prioritario nel raggiungimento delle previsioni di spesa del Piano nazionale nel 2023.

In particolare, sui livelli produttivi del prossimo anno peserà, oltre alla prosecuzione dei lavori del Piano nazionale di ripresa e resilienza in corso, l’avvio delle opere che coinvolgono gli enti territoriali, responsabili, più o meno direttamente, del 45% dei fondi destinati ad opere edili, ovvero di investimenti di varia natura che vanno dagli interventi di messa in sicurezza ed efficientamento degli immobili pubblici, a quelli per la costruzione di nuove scuole, asili nido e scuole per l’infanzia, fino ad arrivare agli interventi per la rigenerazione urbana.

I nuovi grandi investimenti infrastrutturali, invece, come le linee ferroviarie diagonali (Roma-Pescara e Orte-Falconara), o la linea ferroviaria AV/AC Salerno-Reggio Calabria (tratta Battipaglia-Romagnano) si trovano nelle fasi procedurali precedenti l’avvio dei lavori e, secondo il cronoprogramma, produrranno effetti in termini di investimenti solo a partire dal 2024.

In questo contesto, dicono i costruttori italiani, “occorre dare attuazione agli investimenti e alle riforme, senza rimettere in discussione l’impianto complessivo del Pnrr. È una scelta determinante per dare una prospettiva stabile di crescita del settore e dell’intera economia. Occorre, quindi, rafforzare le misure per superare gli importanti nodi che mettono a rischio la realizzazione del Piano nazionale: adottare nuove misure e assegnare nuovi fondi per adeguare il costo delle opere al caro materiali, in modo da assicurare la prosecuzione dei cantieri anche nel 2023 (di fatto, l’Ance chiede la proroga del decreto Aiuti); destinare subito maggiori fondi per le progettazioni, per superare la drammatica carenza di progetti; favorire la creazione di strutture regionali snelle di coordinamento della messa a terra del Pnrr, per ridurre gli effetti della scarsa capacità amministrativa”.

A rischio il recupero delle disuguaglianze territoriali

Oltre alle questioni legate al caro materiali, persistono, soprattutto nelle aree meridionali del Paese, problemi legati alla capacità ammnistrativa degli enti pubblici.

Una conseguenza di ciò è evidente nella scarsa capacità progettuale degli enti.

La recente Relazione del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili sullo stato di attuazione del Pnrr (30 settembre 2022), contiene un dato significativo. La relazione evidenzia, con riferimento alle linee di intervento di competenza dello stesso ministero, che circa il 60% delle amministrazioni locali competenti è ora impegnato nella fase di redazione del progetto definitivo e/o esecutivo, ma questa percentuale scende al 36% nelle regioni del Mezzogiorno, mentre è superiore al 90% per quelle del Centro. Un divario ancora più preoccupante se si considera che molti dei nuovi investimenti del Piano nazionale sono localizzati proprio nelle regioni del Mezzogiorno. La limitata capacità amministrativa degli enti rischia di incidere proprio su uno dei principali obiettivi che il Piano intende raggiungere, trasversale a tutte le missioni individuate, ovvero il recupero delle disuguaglianze territoriali.

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