La Tav Torino-Lione e i 60 km di ‘buco’ della discordia nella montagna

La linea è lunga in tutto 270 chilometri, tra Francia e Italia. Il costo dell’opera si aggira intorno ai 9 miliardi. Ma il nodo rovente rimane il tunnel in Val di Susa; che ha già schierato il governo su posizioni differenti tra quelle favorevoli della Lega e quelle contrarie del M5s e che ora rischia di spaccarlo con un voto parlamentare.

Avanzamento lavori e progetto TAV - Totrino/Lione

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L’Alta velocità, la ferrovia Torino-Lione – da tutti conosciuta col nome di Tav – è lunga in tutto 270 chilometri (il 70% in Francia e il 30% in Italia), ed è l’anello centrale del corridoio mediterraneo; uno dei nove assi della rete di trasporto europea che si sviluppa per 3.000 km connettendo tra loro, da est a ovest, sette corridoi Ue.

Ma le attenzioni si concentrano sui 60 km in costruzione nella parte transfrontaliera tra Italia e Francia, tra Susa e Saint-Jean-de Maurienne. Il costo dell’opera si aggira intorno ai 9 miliardi di euro (8,6 miliardi per la precisione). Il 40% dell’importo è cofinanziato dall’Unione europea (che sembrerebbe sia salito al 50%), la quota restante è a carico di Italia (35%) e Francia (25%). Finora, tra studi, preliminari, e progetti, sono stati investiti 1,5 miliardi di euro.

Ora che il premier Giuseppe Conte ha bollinato l’opera, e il governo ha inviato la lettera di approvazione definitiva, emergono ancora più evidenti di prima tutti i punti della discordia intorno all’opera: da una parte la Lega favorevole e dall’altra il M5s contrario, al punto da chiedere un’ulteriore certificazione al via libera del presidente del Consiglio, attraverso un voto parlamentare.

Il tunnel della discordia

Il 90% del tratto in costruzione è in galleria, poco meno di 60 km a doppia corsia tra le stazioni di Susa e Saint-Jean-de Maurienne (45 km in territorio francese) che consentirebbero di annullare il dislivello della vecchia Torino-Lione portando la linea in piano.

Per ora si è scavato il 15% circa delle gallerie previste (in tutto 162 km), e a Saint-Martin-La-Porte si è superato il 55% dei 9 km della galleria geognostica. Entro quest’anno è previsto l’affidamento di appalti per un totale di 5,5 miliardi. I lavori sono stati suddivisi in 81 bandi di gara distribuiti su 12 cantieri: 9 per i lavori sull’attraversamento alpino, 2 per la valorizzazione dei materiali di scavi, in Italia e in Francia, e 1 per gli impianti tecnologici e la sicurezza. Mentre 45 gare riguardano le lavorazioni civili, e 36 i servizi di ingegneria.

L’opera

La realizzazione dell’opera è stata affidata alla società Telt nel 2018 quando il Cipe ha dato il via libera ai cantieri sul versante italiano, che prevede la partenza dei lavori principali dell’opera a partire da Chiomonte anziché da Susa. All’opera lavorano quasi 800 persone (530 impegnate nei cantieri e 250 in società di servizi e ingegneria). Al culmine delle attività saranno 4.000 i lavoratori diretti, più altri 4.000 quelli dell’indotto.

Il progetto

La configurazione attuale della linea in Italia è il risultato di un progetto che ha coinvolto gli enti locali nell’Osservatorio sulla Torino-Lione, istituito dal governo italiano nel 2006, dopo le violente proteste a Venaus contro il primo tracciato dell’opera. Dopo 205 sedute di lavoro e 300 audizioni di tecnici ed esperti si è arrivati nel 2013 a un tracciato definitivo. Il nuovo progetto è di molto cambiato rispetto all’originario.

Si è anche deciso di realizzare l’opera per fasi: la prima, il cosiddetto progetto ‘low cost’, prevede la realizzazione del tunnel di base, il miglioramento della capacità della linea storica per circa 20 km tra Bussoleno e Avigliana, la costruzione della galleria mista merci-passeggeri da Avigliana alla piattaforma logistica di Orbassano, che sarà riqualificata, e gli interventi di adeguamento del nodo di Torino.

Tempi e costi ‘europei’

Il tunnel di base dovrebbe entrare in servizio nel 2030. Per la sua realizzazione sono previste tre fasi: affidamenti, ingegneria e lavori preparatori da ultimare entro il 2020; lavori civili entro il 2026; impianti e pre-esercizio entro il 2029. II costo è di 8,6 miliardi di euro: l’Europa ha annunciato di essere disposta a finanziare il 50% dell’importo (rispetto al 40% iniziale). Sono attualmente attivi contratti per circa 1,3 miliardi di euro. In totale entro il 2019 è previsto l’affidamento di appalti per un importo complessivo di 5,5 miliardi di euro.

L’analisi sui costi e sui benefici

Il governo sulla Tav aveva messo insieme un pool di esperti per redigere un’analisi sui costi e sui benefici. Le conclusioni bocciavano l’opera: la realizzazione della Tav comporterebbe più costi che benefici con una perdita di circa 6-7 miliardi di euro; il progetto – avvertivano cinque tecnici su sei – presenta “una redditività fortemente negativa”. Nello specifico, i benefici sarebbero pari a 885 milioni di euro mentre le perdite arriverebbero fino a 7 miliardi.

Senza contare che dalla relazione emergeva come i benefici ambientali attesi fossero “a livello nazionale e ancor più a livello europeo di entità quasi trascurabile”.  Mentre dal documento tecnico-giuridico emergeva che sarebbe stato difficile “determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento”, cifra che sarebbe potuta arrivare a 1,7 miliardi.

La posizione di Legambiente

In Piemonte – ha ricordato Legambiente – nel 2017 sono state in media 166.445 le persone che ogni giorno hanno preso un treno, in diminuzione rispetto al 2016 quando si attestavano a 167mila. Per tornare almeno ai 175mila viaggiatori del 2011 servono maggiori investimenti; sempre in Piemonte gli stanziamenti per il servizio ferroviario arrivano a 5,51 milioni di euro l’anno, appena lo 0,05% del bilancio regionale. E la Torino-Lione non farà altro che drenare ulteriori risorse a scapito dei pendolari.

“La Tav, oltre ad essere un’opera inutile e costosa, non sposterà un solo tir dalla strada visto che resterà più economico e facile far girare le merci su gomma – ha osservato il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – invece di investire sulle grandi opere inutili, il governo abbia il coraggio di ridurre la quota di trasporto merci che oggi viaggia su gomma disincentivandolo attraverso leve fiscali e tariffarie,di incentivare la mobilità urbana sostenibile, rafforzare e rendere più competitivo il trasporto ferroviario pendolare e urbano per offrire una valida alternativa all’auto e promuovere l’alternativa della mobilità elettrica”. Senza dimenticare che l’analisi costi-benefici ne ha decretato l’insostenibilità.

Il nodo ‘storico’


La linea ferroviaria è parte del dibattito politico da 20 anni; cioè dall’accordo internazionale tra Italia e Francia nel 1996. L’opera è stata oggetto di dure proteste da parte degli abitanti della Valsusa in Piemonte, che ne contestano il costo ritenuto eccessivo rispetto alla sua utilità, anche a fronte dell’impatto ambientale e dei danni sulla salute nei luoghi dei lavori. E’ una storia lunga 29 anni scandita da cortei e dimostrazioni pubbliche, scontri e arresti, messi in scena da chi vuole fermare la Tav, il movimento autodefinitosi ‘No Tav’, diversi comitati e le associazioni.


15 febbraio 2019

TAV, l’analisi c’è. Ora tocca al Governo

Consegnata la relazione contenente l’analisi costi-benefici del collegamento ferroviario ad Alta velocità Torino-Lione. Il giudizio è inequivocabile: fortemente negativo. I costi superano i benefici di sette-otto miliardi. Immediate le polemiche politiche e tecniche. Ora la decisione spetta all’esecutivo. Il presidente degli industriali, Vincenzo Boccia, parla di una possibile perdita di 50mila posti di lavoro in caso di stop.

a cura di Pietro Mezzi

TAV, l’analisi c’è. Ora tocca al Governo

Lo studio tanto atteso alla fine è arrivato. E subito sono iniziate le polemiche, politiche e tecniche. Dall’altro ieri, infatti, l’analisi costi benefici (Acb) sul completamento del collegamento ferroviario ad Alta Velocità Torino-Lione è stata resa pubblica e consultabile sul sito web del ministero dei Trasporti (Mit). E il verdetto, a detta dei cinque esperti (il sesto componente, l’ingegnere Pierluigi Coppola, si è dissociato dalle conclusioni, criticando in particolare il metodo usato per l’analisi costi-benefici) guidati dal professore milanese Marco Ponti, è inequivocabile: analisi “fortemente negativa”.

 La zona oggetto dell’analisi costi-benefici del TAV
La zona oggetto dell’analisi costi-benefici del nuovo collegamento ferroviario Torino – Lione

Questo il passaggio cruciale. «L’analisi condotta mostra come, assumendo come dati di input relativamente alla crescita dei flussi di merce e dei passeggeri e agli effetti di cambio modale quelli non verosimili contenuti nell’analisi costi-benefici redatta nell’anno 2011, il progetto presenta una redditività fortemente negativa». Dal punto di vista strettamente tecnico dunque il completamento dell’opera è considerato non vantaggioso.

Analisi costi-benefici del nuovo collegamento ferroviario Torino – Lione
I grandi collegamenti ferroviari europei

Uno dei parametri tecnici centrali dello studio riguarda il Valore attuale netto (il saldo tra i costi dell’opera, i lavori e la gestione, i costi esterni, i minori benefici per gli utenti e gli operatori da un lato e i benefici economici diretti e indiretti, dall’altro), stimato in 6.995 milioni di euro nello scenario realistico di previsioni di traffico (25,2 milioni di tonnellate di merci nel 2059) e in 7.805 milioni nello scenario ottimistico (secondo le previsioni dell’Osservatorio 2011, 51,8 milioni di tonnellate). Per entrambi gli scenari lo studio evidenzia uno “sbilancio economico fortemente negativo” (entrambi i calcoli sono stati realizzati sui costi a finire dell’opera, vale a dire al netto dei 1,4 miliardi di euro già spesi e considerando i costi sia della tratta internazionale che di quella italiana).

I costi quindi, secondo gli esperti della commissione valuta dal ministro Danilo Toninelli, superano i benefici di sette-otto miliardi, secondo lo scenario di riferimento.

Per il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, “la decisione finale spetta ora al Governo”.

I costi di cui si parla nell’analisi sono stimati per il primo trentennio di attività della linea, cioè per il periodo che va dal 2030, epoca in cui l’opera dovrebbe essere completata, fino alla fine del 2059.

Alle polemiche politiche hanno fatto seguito anche quelle tecniche e hanno riguardato, in particolare, le modalità di calcolo della monetizzazione della riduzione dei tempi di percorrenza e quella delle emissioni nocive, che i detrattori del lavoro di Ponti e colleghi hanno valutato troppo basse. Un altro aspetto giudicato critico delle conclusioni dell’Acb di definizione dei costi dell’opera ha riguardato il calcolo delle accise e dei pedaggi autostradali, che per lo Stato e per società autostradali inevitabilmente caleranno nel momento in cui il Tav entrerà a regime. Se infatti l’Alta Velocità facesse registrare transiti importanti, il numero di autoveicoli in circolazione sulle strade si ridurrebbe e calerebbe il consumo di carburante e quindi le entrate fiscali per lo Stato; diminuirebbero anche gli incassi dei concessionari autostradali (per la verità, l’analisi costi-benefici, in ogni caso, rimarrebbe negativa anche senza considerare il costo delle accise e dei pedaggi; nda).

Il documento porta la firma di Marco Ponti, Paolo Beria, Alfredo Drufuca, Riccardo Parolin e Francesco Ramella.

Si è fatto sentire anche il presidente degli industriali, Vincenzo Boccia, il quale ha affermato che «esiste un’unica e grande priorità: l’occupazione, il lavoro. L’apertura di questi cantieri a regime porterà 50mila posti di lavoro».

Non è stato zitto il commissario straordinario per l’asse ferroviario Torino-Lione, Paolo Foietta, che ha rilevato “una grave sottovalutazione dei traffici, sui quali l’analisi prende una cantonata colossale. C’è poi la questione delle accise e del mancato introito per lo spostamento dei traffici dalla gomma alla rotaia: è contro ogni logica e buon senso calcolare tutto questo come una negatività, va contro qualunque linea guida sulle analisi costi-benefici”.

Con le inevitabili polemiche tecniche e politiche, è scoppiata un’altra grana quella legata alle penali da pagare in caso di rinuncia all’opera.

Insieme all’analisi costi benefici il Mit pubblica oggi anche una relazione tecnico-giuridica, che evidenzia il rischio delle penali. In caso di scioglimento del progetto del Tav il costo massimo tra penali e rimborsi potrebbe raggiungere i 4,2 miliardi. È questa infatti la cifra stimabile sommando i vari importi contenuti nella stessa relazione collegata all’analisi costi benefici del Tav. Molti sono importi massimi «difficilmente raggiungibili». Tanto che nella relazione si spiega che «i molteplici profili evidenziati non consentono di determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento». La variabile è dovuta a «più soggetti sovrani» che dovrebbero negoziare gli importi.

Nello stesso tempo, però, è lo stesso Mit che rettifica il contenuto della relazione giuridica appena pubblicata. Per il ministro Toninelli, rinunciare al treno ad alta velocità costerebbe al massimo 1,7 miliardi: 400 milioni per lo stop ai contratti, 81 milioni per violazione dell’accordo, 400 milioni per la rivalsa francese, 535 e 297 milioni per importi Ue da restituire o da non incassare.

Ma anche in questi caso non tutti sono d’accordo. Infatti, c’è chi ai 1,7 miliardi sostiene che debbano essere sommati i costi di due altre voci: quella del ripristino dei luoghi (347 milioni) e quella della messa in sicurezza della linea storica (1,5 miliardi).

L’analisi costi-benefici di cui a lungo si è discusso è conclusa: ora tocca alla politica decidere.

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