L’emergenza coronavirus sui rifiuti costerà un miliardo

L’intero sistema, già fragile e carente di impianti, si trova sotto stress a causa dei cambiamenti messi in moto dalla crisi sanitaria; da un lato ci sono “perdite rilevanti per la gestione degli scarti industriali e urbani” e dall’altro una pressione “importante per riuscire a far fronte all’emergenza dei rifiuti sanitari, in enorme crescita”. Anche il comparto dei rifiuti sanitari soffre e “purtroppo rischia di soffocare per l’improvvisa esplosione delle quantità da gestire”. Il blocco o il rallentamento di alcune industrie si farà sentire sulle fasi a valle della filiera, cioè il recupero e il riciclo. Quello che manca, in sostanza, è lo sbocco per le industrie dell’economia circolare. L’Arera avverte che “il momento e la gravità della situazione richiedono uno sforzo congiunto di tutti i livelli di governo coinvolti, dei gestori e dell’intera filiera del settore”.

L’emergenza coronavirus sui rifiuti costerà un miliardo

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L’impatto dell’emergenza coronavirus costerà un miliardo al settore dei rifiuti in Italia. L’intero sistema, già fragile e carente di impianti, si trova infatti sotto stress a causa dei cambiamenti messi in moto dal delicato momento di crisi sanitaria.

Con le ripercussioni che mettono a rischio il ciclo di gestione. L’analisi di Althesysla società di consulenza strategica ambientale guidata dal bocconiano Alessandro Marangoni è chiara nel raccontare gli effetti del Covid-19 sul comparto rifiuti; soprattutto, da un lato ci sono “perdite rilevanti per la gestione degli scarti industriali e urbani” e dall’altro una pressione “importante per riuscire a far fronte all’emergenza dei rifiuti sanitari, in enorme crescita”.

La fragilità del sistema italiano

“In questo momento la fragilità del nostro sistema – spiega Marangoni – appare ancora più grave. Il fermo della maggior parte delle industrie italiane porta in primo luogo a un drastica diminuzione dei rifiuti speciali da trattare. Da una prima stima sui settori previsti dal Dpcm del 25 marzo, calcolando la perdita di due mesi lavorativi, si avrebbero tra i 4,2 e i 4,8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali in meno solo nelle tre regioni più colpite. Con una stima di massima, ciò comporterebbe per le aziende che gestiscono i rifiuti speciali una perdita di fatturato intorno al miliardo di euro”.

Anche il comparto dei rifiuti sanitari soffre, e “purtroppo rischia di soffocare per l’improvvisa esplosione delle quantità da gestire. Il freno imposto alla costruzione di impianti rischia di diventare cruciale in un settore dove la termovalorizzazione è necessaria per ragioni di sicurezza sanitaria”.

Dal momento che “l’Istituto superiore di sanità ha infatti chiesto che le persone trovate positive o in quarantena, che si curano in casa, non differenzino i propri rifiuti, ma li conferiscano in un unico sacchetto, che sarà inviato a termovalorizzazione senza pre-trattamento”.

Mentre per quelli ospedalieri si applica il decreto del presidente della Repubblica, il 254 del 2003, che prevede che questi rifiuti speciali vadano prima inscatolati e sterilizzati, e poi bruciati a 850 gradi, avendo un percorso diverso rispetto agli altri.

Per i rifiuti urbani invece le quantità caleranno: sia quelle delle famiglie, che soprattutto quelle del terziario, in particolare commercio e ristorazione. “Il calo dei consumi potrebbe ridurre i rifiuti urbani fino a 2 milioni e mezzo di tonnellate – rileva Marangoni – il virus arriva purtroppo là dove la prevenzione e i tentativi di ridurre i rifiuti hanno fallito; ma nemmeno questo è un dato positivo, perché aumenterà la complessità della loro gestione”.

Il sistema dei rifiuti deve fare i conti anche con “il nodo dei costi, di chi paga, e in quale forma, per il servizio. A cominciare dai gestori di bar, ristoranti e locali pubblici” dal momento che è “un sistema che non tiene conto delle quantità di rifiuti prodotti, come la tassa rifiuti”, e “rischia di gravare eccessivamente su settori quali il commercio e la ristorazionegià duramente provati dalla crisi”. Nonostante il calo i “risparmi” saranno “limitati per i gestori, dati i costi fissi e la necessità di assicurare la continuità del servizio”.

“La tassa non guarda in faccia a nessuno – osserva Marangoni – mentre d’altro canto la tariffa introdotta da Arera, già oggetto di proroghe, rischia di slittare ancora. Non a caso l’Autorità è intervenuta per rivedere alcuni aspetti del sistema tariffario alla luce di questo periodo di crisi”.

Gli impatti sul riciclo

Il blocco o il rallentamento di alcune industrie si farà sentire sulle fasi a valle della filiera, cioè il recupero e il riciclo. Quello che manca, in sostanza, è lo sbocco per le industrie dell’economia circolare (che sono in gran parte ferme).

Mentre la raccolta dei rifiuti prosegue, non accade lo stesso per altre parti della catena, come selezione e il riciclo. “La chiusura di settori che trattano o impiegano materiali provenienti dalla raccolta differenziata plastica, carta, vetro, metalli- e la sospensione delle esportazioni, alle quali sono destinate quote consistenti di materie prime seconde, stanno riducendo gli sbocchi dei materiali raccolti – viene messo in evidenza – gli stoccaggi si saturano velocemente, e bisogna autorizzarne l’aumento”.

L’intervento di Arera

Sull’intera questione è intervenuta anche l’Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) riconoscendo le difficoltà di gestione relative ai rifiuti legati all’emergenza Covid-19.

Nella fase attuale – spiega l’Authority – si sta cercando di prestare attenzione alle necessità dei consumatori, evitando indiscriminati aumenti di prezzo, e alle esigenze dei comuni e delle aziende di raccolta e trattamento dei rifiuti urbani.

L’emergenza si somma alle difficoltà conclamate del settore che da tempo dividono l’Italia tra zone avanzate e altre, in ritardo, nelle quali i cittadini ricevono minori servizi pagando anche prezzi più alti.

L’Arera avverte che “il momento e la gravità della situazione richiedono uno sforzo congiunto di tutti i livelli di governo coinvolti, dei gestori e dell’intera filiera del settore. Uno sforzo per restare il più possibile vicini alla normalità, evitando di frenare un processo di miglioramento ormai avviato”.

La regolazione di Arera sta consentendo di “misurare” il settore, di valutare i singoli elementi gestionali, anche riconoscendo costi straordinari quando ci sono situazioni di difficoltà temporanee, come quelle attuali. La regolazione rende più evidente e tracciabile ogni fase e i relativi costi della raccolta, del trasporto e del trattamento, anche, purtroppo, laddove gli impianti di trattamento non esistono e obbligano a viaggi verso altri Paesi che oggi, in emergenza, non accolgono i nostri rifiuti.

Poi ammette che “il settore è in una fase di stress”, di fronte alla quale bisogna “mantenere il timone nella rotta individuata, verso un sistema industriale che chiuda il ciclo dei rifiuti e rispetti i principi di sostenibilità economica e ambientale previsti dall’Unione europea. Una visione pragmatica e di lungo periodo è certamente quello di cui il sistema dei rifiuti ha maggiormente bisogno per uscire dal potere di ricatto delle continue trattative a livello regionale, nazionale e spesso internazionale”.

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