L’allarme di Confindustria, il coronavirus ha colpito al cuore l’economia dell’Italia

Il Centro studi di Confindustria: un secco meno 10% del Pil nei primi sei mesi, anche se per il 2021 è previsto un rimbalzo dell’andamento. L’impatto del Covid-19 è “un’enorme caduta” che affonda il Pil italiano. Uno shock che viene dall’esterno, come “un meteorite. Mai nella storia della Repubblica ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni“. Per Vincenzo Boccia quella che stiamo vivendo è “una doppia guerra: una guerra al virus e una guerra alla recessione affinché non diventi strutturale, e non si trasformi in depressione”.

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Una profonda ‘V’ che colpirà il cuore del sistema. Questa la traduzione dell’andamento della curva economica che gli esperti del Centro studi di Confindustria hanno disegnato per rappresentare gli effetti dell’emergenza coronavirus sull’Italia; emergenza che riflette un secco meno 10% del Pil nei primi sei mesi, anche se per il 2021 è previsto un rimbalzo dell’andamento con un recupero parziale.

confindustria: -10% la caduta stimata del PIL nel primo semestre 2020
-10% la caduta stimata del PIL nel primo semestre 2020. Elaborazioni e stime Centro Studi Confindustria su dati Istat.

L’impatto del Covid-19: “un’enorme caduta” che affonda il Pil italiano nei primi due trimestri dell’anno; la fase acuta dovrebbe poi essere superata a fine maggio, per arrivare alla fine dell’anno con una perdita del 6%è un segno che si legge a più 3,5% nel 2021.

Per il leader di Confindustria Vincenzo Boccia quella che stiamo vivendo è “una doppia guerra: una guerra al virus e una guerra alla recessione affinché non diventi strutturale, e non si trasformi in depressione”.

L’economia italiana è stata colpita al cuore dal coronavirus

Uno shock – mettono in evidenza da Confindustria – che viene dall’esterno, come “un meteorite. Mai nella storia della Repubblica ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni”.

Ma ci sono ancora troppi buchi per avere un quadro chiaro di quel che sarà nei prossimi mesi, dal momento che il rapporto di Primavera degli industriali appone una premessa quasi d’obbligo: “Solo i prossimi mesi diranno” se in queste ipotesi c’è “realismo o eccessivo ottimismo”.

E le stime tengono in considerazione l’ipotesi di una graduale ripresa delle attività produttive: il 40% a inizio aprile, il 70% a inizio maggio, il 90% ai primi di giugno per giungere poi al 100% a fine mese. Questo, con la consapevolezza che ogni settimana in più di ‘lockdown’ è come una ferita aperta che ci farà sanguinare almeno lo 0,75% del Pil.

Sul versante occupazione sembra possibile che “la resilienza” possa essere simile a quella della crisi finanziaria del 2008-2009: con una discesa ma comunque con una certa tenuta rispetto all’impatto del colpo subito; potrebbe esserci una riduzione dell’1,5% in termini di persone; che si tratta di una cifra inferiore al calo dell’offerta di lavoro (grazie a Cassa integrazione e strumenti di flessibilità, dallo smaltimento delle ferie ai congedi): meno 2,5% in unità di lavoro a tempo pieno, meno 3,1% per ore lavorate. In generale il tasso di disoccupazione è visto all’11,2% nel 2020: era al 9,8% a gennaio.

Crollano la fiducia di imprese e famiglie, gli investimenti, la produzione e i consumi, l’export e l’import. Le stime per fine anno ci dicono di un meno 6,8% della domanda interna e di un meno 10,6% negli investimenti fissi lordi. Sul fronte degli investimenti a farne le spese sono soprattutto i macchinari e i mezzi di trasporto (meno 7,4%). Scendono anche le costruzioni che in media nel 2020 registrano un calo del 4,5% per il settore delle abitazioni e del 3,1% per i fabbricati non residenziali.

L’interruzione di quattro settimane imposta alle imprese del manifatturiero che ha coinvolto oltre il 50% del settore industriale genera, da solo, una diminuzione della produzione industriale di circa il 25% su base mensile: questo si trasforma – tenuto conto del contesto già recessivo che obbliga le imprese a lavorare a regime ridotto rispetto a condizioni normali – in una caduta della produzione, tra marzo e aprile, di oltre un terzo.

Mentre per l’impatto sui conti pubblici viene stimato un indebitamento al 2020 al 147% con rapporto sul deficit del 5% del Pil. Nel 2021 il deficit migliorerà, rimanendo però al di sopra del limite del 3% (al 3,2%), mentre il debito si assesterà al 144,3%.

Le parole di Confindustria non lasciano dubbi: l’economia italiana è “colpita al cuore. Bisogna agire immediatamente” con interventi importanti con modalità e misure che oggi ancora “nessuno conosce”, su scala nazionale.

Servono “azioni straordinarie” dell’Europa

Questa per “le istituzioni Ue” è “l’ultima chiamata per dimostrare di essere all’altezza”: servono gli eurobond, una seconda tornata da 25 miliardi di misure di sostegno con risorse Ue potrebbe restituire mezzo punto di Pil, e avremmo bisogno di un Piano europeo straordinario di investimenti pubblici da 3mila miliardi in tre anni; quest’ultimo porterebbe a un’impennata della crescita del 2,5% in Italia e dell’1,9% in Europa.

In attesa che l’Europa prenda una decisione, però, non si può rimanere a guardare: secondo Boccia c’è la necessità urgente di liquidità e di puntare su un fondo di garanzia per far arrivare credito a trent’anni nelle casse delle imprese.

E in una lettera inviata agli associati, il leader di viale dell’Astronomia, spiega che “la tenuta del sistema economico e delle filiere dipende anche da noi, dalla nostra etica della responsabilità e dai nostri comportamenti per non far crollare il sistema, per non perdere quel bene essenziale del mondo della economia che è la fiducia tra noi: fornitori e clienti”, cominciando a “mantenere gli impegni presi sui pagamenti”.

“Solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese la recessione attuale – concludono gli economisti di Confidustria – potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata, aumento drammatico della disoccupazione, crollo del benessere sociale”.

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