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Il coronavirus ora è pandemia. L’Italia chiude per fermare il contagio

Restano aperti soltanto i servizi essenziali, le farmacie e i supermercati. Il governo ha deciso di stringere sulle attività in tutto il Paese. Il ritmo di diffusione è di oltre 2mila malati al giorno. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva detto che “il futuro è nelle nostre mani”, invitando tutti i cittadini a un forte senso di responsabilità e soprattutto a rispettare la richiesta di restare a casa; adesso chiede di “restare distanti oggi per abbracciarci con più calore domani”. In arrivo un decreto da 25 miliardi per resistere e superare l’emergenza. Gli italiani recuperano la responsabilità e si adeguano alla nuova, e temporanea, vita. E compare un messaggio alle nostre finestre; ‘Tutto andrà bene’.

Il coronavirus ora è pandemia. L’Italia chiude per fermare il contagio

Indice degli argomenti:

L’Italia chiude tutte le attività per fermare il contagio. Resteranno aperti soltanto i servizi essenziali, le farmacie, e i supermercati alimentari. Tutto però con accessi regolati e il rispetto delle severe misure imposte dal governo.

La missione è una sola: fermare la diffusione del coronavirus che viaggia a un ritmo troppo veloce: 2mila malati al giorno. Con il rischio, soprattutto nelle ex zone rosse, di portare al collasso le strutture ospedaliere, ormai al limite per i posti di terapia intensiva.

Il premier Giuseppe Contecon un atto proprio della Presidenza del Consiglio dei ministri (un Dpcm) non ha potuto non prendere questa drastica decisione. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è stata chiara: il Covid-19 è una pandemia globale.

Aperte farmacie, supermercati, e i servizi essenziali

In Italia sono garantiti gli approvvigionamenti, quello alimentare, per le farmacie, e i servizi essenziali (banche, poste, assicurazioni) oltre a quelli di pubblica utilità (acqua, igiene urbana e rifiuti, luce e gas, trasporti).

Le fabbriche restano aperte ma con misure di sicurezza e il rispetto – che vale per tutta la popolazione – di stare distanti almeno un metro, quando proprio non si può fare a meno di uscire di casa per necessità urgenti.

La risposta degli italiani

L’Italia “ce la farà”, ha detto Conte. E gli italiani, all’inizio confusi, hanno cominciato a rispondere. La responsabilità di ognuno ha prevalso. Il senso di appartenenza negli ultimi giorni ha portato il silenzio nelle nostre città non più abituate a essere sorde; il risveglio in alcune occasioni, come quando abbiamo cantato da finestre e balconi un verace Inno nazionale, quando a Milano una tromba nostalgica, dalle note come lacrime, ha intonato ‘O mia bela Madunina’, quando la Capitale urlava fuori dal tempo, in un popolare abbraccio virtuale della città, ‘Roma capoccia’, oppure quando abbiamo spento le luci delle case e accesso quel che avevamo a disposizione, candele, lampade, flash dei telefonini.

E primaquando alle finestre, è comparso un messaggio: ‘Tutto andrà bene’ o ‘Andrà tutto bene’, con lo stesso significato, chiarito dal disegno che lo accompagna, quello di un arcobaleno. I cittadini all’inizio si chiedevano come comportarsi, come riallineare la vita quotidiana: si può uscire soltanto per motivi di necessità e urgenza, e anche chi si muove piedi deve portare con se un’autocertificazione.

I numeri

I numeri della pandemia sono pezzi di ghiaccio appuntiti, freddi e ferenti: le vittime del coronavirus sono 1.809 (in un solo giorno l’aumento è stato di 368 morti), 2.335 le persone guarite dopo aver contratto il coronavirus (369 in più in un giorno).

Superati i 20mila malati in Italia: sono complessivamente 20.603, con un incremento in un giorno di 2.853; mentre il numero complessivo dei contagiati ha raggiunto i 24.747.

Nel dettaglio, secondo i dati forniti dalla Protezione civile, i casi attualmente positivi sono 10.043 in Lombardia, 2.741 in Emilia-Romagna, 1.989 in Veneto, 1.087 nelle Marche, 1.030 in Piemonte, 763 in Toscana, 493 in Liguria, 396 nel Lazio, 296 in Campania, 316 in Friuli Venezia Giulia, 367 nella Provincia autonoma di Trento, 199 nella Provincia autonoma di Bolzano, 212 in Puglia, 179 in Sicilia, 139 in Umbria, 128 in Abruzzo, 66 in Calabria, 75 in Sardegna, 56 in Valle d’Aosta, 17 in Molise e 11 in Basilicata. In Lombardia la situazione più difficile, prossima al ‘crash’ come hanno detto dalla regione.

Il commissario alle strutture ospedaliere

Per rafforzare la filiera della distribuzione degli strumenti sanitari (mascherine, ventilatori, posti in terapia) è stato nominato un commissario; si tratta di Domenico Arcuri, ad di Invitalia, in diretto coordinamento con Angelo Borrelli, a capo della Protezione civile e supercommissario all’emergenza Covid-19.

Arcuri avrà ampi poteri di deroga, lavorerà per rafforzare soprattutto la produzione, la distribuzione di attrezzature per terapia intensiva e sub intensiva. Avrà anche il potere di creare e impiantare nuovi stabilimenti per la produzione di queste attrezzature e sopperire alle carenze. Si era fatto anche il nome di Guido Bertolaso, ma la storia dell’ex capo della Protezione civile non era proprio in linea con tutte le forze politiche che compongono la maggioranza; e però Bertolaso nella vicenda ci è entrato comunque: sarà il consulente della regione Lombardia per l’ospedale alla Fiera.

Il picco della diffusione

Non è ancora chiaro quando si raggiungerà il picco, secondo il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, Giovanni Rezza.

Eppure nella bozza di decreto, che il governo sta per varare con misure dedicate alla sanità, alle famiglie, alle imprese e ai lavorati, si parla di 90mila contagi al 25 aprile. Da lì in poi dovremo cominciare a vedere una discesa della diffusione del virus. Anche perché, proprio in questi giorni, si dovrebbe avere idea dell’andamento dei casi di contagio, in particolare per via dei tanti spostamenti da Milano, e dal Nord in generale, verso le regioni del Sud.

Anche per Palazzo Chigi “per avere un riscontro effettivo” di tutte le misure varate si dovrà “aspettare un paio di settimane”.

Per l’Oms è pandemia

La parola ‘pandemia’ dall’Oms era pronta a uscire già da qualche giorno, ma prima di pronunciarla si voleva la certezza. L’Organizzazione mondiale della sanità chiede di combattere il Covid-19 con tutte le armi a disposizione.

Oltre 5.000 morti nel mondo e ormai più di 110 Paesi coinvolti. L’Oms loda le misure messe in campo dall’Italia: “Siamo incoraggiati. La parola d’ordine è non arrendersi”.

La dichiarazione di pandemia implica che ogni Paese metta a punto un Piano pandemico e che lo aggiorni costantemente sulla base delle Linee guida. I piani pandemici possono prevedere misure per riorganizzare i posti letto negli ospedali, comprese le strutture di terapia intensiva, e percorsi per alleggerire le strutture di pronto soccorso; altri provvedimenti possono riguardare i numeri del personale sanitario; l’acquisto di farmaci e la messa a punto e la produzione su larga scala di un vaccino diventano prioritarie, così come l’organizzazione delle campagne di vaccinazione; in alcuni casi potrebbe anche diventare necessario fare delle scelte relative all’accesso alle terapie.

A livello nazionale– secondo l’Oms – è molto importante informare il pubblico regolarmente sulla malattia pandemica, incluse le modalità di trasmissione, la gravità clinica, la prevenzione e le terapie.

Le misure per l’economia

Il coronavirus infetta sempre più persone anche nel resto dell’Europa; ormai piegata. E gli Stati Uniti che hanno dichiarato l’emergenza nazionale. Una situazione quella europea che viene monitorata con allarme dalla commissione Ue che ha aperto alla flessibilità, facendo saltare il Patto di Stabilità, e consentendo così di avere maggiori risorse a disposizione per combattere l’emergenza.

E infatti con il nuovo decreto anti-coronavirus – che toccherà naturalmente la sanità, le famiglie, le imprese, e i lavoratori –il governo potrà emettere nuovo debito, fino a un massimo di 25 miliardi. Ma gli aiuti saranno per tutti i settori economici e per offrire una spinta alla ripresa della produzione italiana. La bozza del decreto è di 113 articoli.

Tra gli interventi  allo studio – anche se il testo è ancora oggetto di revisione, e potrebbe perciò subire delle modifiche; l’intenzione però del consiglio dei ministri è di vararlo nelle prossime ore – quasi 5 miliardi per gli ammortizzatori sociali, i congedi per i genitori che hanno figli sotto i 12 anni costretti a casa dalla chiusura delle scuole, un premio di 100 euro per il mese di marzo 2020 ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che hanno continuato a lavorare in sede, una indennità una tantum di 500 euro per i liberi professionisti, collaboratori e consulenti, la possibilità da parte del prefetto di requisire strutture alberghiere per ospitare persone in sorveglianza sanitaria e in isolamento fiduciario o permanenza domiciliare, fondi per 50 milioni a Invitalia da distribuire alle imprese per l’acquisto di guanti e mascherine, un ‘fondo per il reddito di ultima istanza’ per i lavoratori danneggiati, 1,15 miliardi al fabbisogno sanitario nazionale standard e 1,5 miliardi al Fondo per le emergenze nazionali.

Nei giorni scorsi il Presidente Ance, Gabriele Buia in un comunicato ha informato che, vista la situazione, si è reso necessario “chiedere un provvedimento che consenta di poter sospendere i cantieri, fatte salve le situazioni di urgenza ed emergenza”. E’ infatti praticamente impossibile, si legge nel comunicato, assicurare le necessarie misure di sicurezza e di tutela della salute dei lavoratori e garantire che tutti siano dotati dei sistemi previsti di protezione individuale.
L’Ance chiede al Governo che vengano adottate con urgenza alcune misure che permettano alle imprese di sospendere i cantieri. In particolare l’Associazione chiede di ampliare i limiti e le possibilità di utilizzo degli ammortizzatori sociali ai lavoratori del settore in tutto il territorio nazionale; sospendere gli adempimenti e versamenti tributari, previdenziali, assistenziali in scadenza; garantire liquidità alle imprese con una moratoria effettiva e automatica di tutti i debiti e attivare immediati pagamenti per i cantieri che si fermeranno.

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