Rumore in condominio, quando diventa illecito o reato

Quando il rumore diventa reato e permette di denunciare chi lo produce? Solo quando supera la normale tollerabilità: ecco cosa prevede la legge.

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Rumore in condominio, quando diventa illecito o reato

Il rumore è fastidioso soprattutto quello notturno che non permette di dormire. Ma quale soglia deve superare per diventare un illecito penale? Se è vero che ad un certo punto il rumore diventa reato, quando effettivamente lo è? È, infatti, importante distinguere la soglia di sopportazione soggettiva dai limiti che oggettivamente pone la legge.

L’orientamento giurisprudenziale è molto chiaro: la denuncia per disturbo della quieta pubblica è legata alla percezione del rumore da parte di un determinato numero di persone. Vediamo come funziona

Rumore, quando diventa reato a tutti gli effetti

A spiegare quando il rumore diventa reato è l’articolo 844 del Codice Civile, il quale fornisce un chiarimento che è allo stesso tempo semplice e complesso: nel momento in cui supera la soglia di quella che viene considerata come normale tollerabilità.

Quali sono i parametri per determinare cosa sia tollerabile e cosa non lo sia? Purtroppo a livello normativo non viene indicato un limite di decibel da utilizzare come parametro, superato il quale ci sono gli elementi per presentare una denuncia. Il legislatore ha preferito adottare un sistema leggermente più elastico, che sia in grado di adattarsi alle varie situazioni e ai contesti nei quali si muovono le singole situazioni.

Rumore in condominio, quando diventa illecito o reato

Con la definizione di normale tollerabilità viene indicato un particolare livello di rumore che, benché possa risultare fastidioso, può essere considerato accettabile nel momento in cui ci si dovesse trovare in una determinata situazione. Superato questo particolare limite, però, il rumore viene considerato intollerabile a tutti gli effetti: diventa un illecito civile e se ad essere tormentati sono un certo numero di persone, si prefigura addirittura il reato.

Emerge quindi la prima grande realtà: a determinare la differenza tra illecito civile e quello penale non è quanto rumore si stia facendo, ma quando questo supera la normale tollerabilità per un certo numero di persone.

Ma proviamo a fare degli esempi pratici per vedere cosa cambia:

  • se i rumori disturbano unicamente l’inquilino del piano di sopra o dello stesso pianerottolo, si configura un illecito civile. Per far valere i propri diritti, in questo caso, è necessario agire dinanzi al tribunale ordinario civile, dove sarà necessario chiedere un atto di citazione che possa portare ad una condanna che inibisca il ripetersi dei rumori. Nel caso in cui si riesca a dimostrare di aver subito dai danni alla quiete domestica o alla salute è possibile chiedere un risarcimento;
  • se i rumori dovessero disturbare la maggior parte dei residenti nel palazzo o chi abita nei condomini adiacenti, siamo davanti ad un vero e proprio reato. A fronte di questa ipotesi è possibile sporgere una querela: sarà poi il PM a condurre le opportune indagini e a trascinare in giudizio il colpevole. La vittima ha la possibilità di costituirsi parte civile e chiedere il relativo risarcimento.

Quando si supera la normale tollerabilità

A livello normativo non viene stabilito quale sia la normale tollerabilità: non c’è un livello oltre il quale il rumore diventa illecito civile o, quando viene disturbata la quiete pubblica, diventi penale. La legge non fissa dei decibel o dei parametri precisi, ma è necessario verificare cosa stia accadendo concretamente.

In altre parole ogni tipo di rumore è sempre legale: quando supera la normale tollerabilità diventa molesto e può costituire un illecito civile o un reato a seconda dei casi. Ma perché il legislatore non ha introdotto dei limiti ufficiali per comprendere quando un determinato rumore diventi molesto? Per un semplice motivo: è necessario valutare caso per caso. In un centro abitato, per esempio, il chiacchierio della gente per strada risulta poco percettibile e poi ci sono dei rumori che si propagano per un attimo e poi non si ripetono, anche se sono molto forti (è il caso, per esempio, di un mobile o di piatto che cadono). Nel corso della giornata, poi, è normale accendere un elettrodomestico: l’aspirapolvere può essere udito dal vicino di casa e può dare molto fastidio.

La normale tollerabilità viene calibrata su dei parametri oggettivi, non sulla sensibilità soggettiva di una persona. O dalle eventuali esigenze di riposo: se una persona deve dormire di giorno perché lavora di notte o c’è un anziano che ha bisogno di cure, non è possibile abbassare la soglia della tollerabilità.

Nel valutare quando si supera la normale tollerabilità, il giudice prende in considerazione una serie di parametri, tra i quali ci sono l’intensità dei rumori percepiti; quante volte si ripete il suono; gli orari nei quali i rumori vengono prodotti e il luogo nel quale il rumore si propaga.

Quando il rumore diventa persecuzione

Con la sentenza n. 44261, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per stalking nei confronti di una donna, che, attraverso dei rumori molesti e altri atti intimidatori, stava rendendo invivibile la vita dei vicini.

Ma quando è possibile denunciare un vicino di casa per stalking? Perché si venga a configurare questo reato è necessario che:

  • i rumori siano continui e ripetuti nel tempo, anche solo per poche notti. Ci deve essere, in altre parole, la persistenza;
  • ci deve essere l’intenzionalità: si deve creare baccano deliberatamente per disturbare la vittima, con la consapevolezza che si sta arrecando un danno:
  • il comportamento scorretto deve avere delle conseguenze sulla vittima, alterando le sue abitudini di vita, creando uno stato di ansia o paura e facendo sì che abbia paura per la propria incolumità.

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