Stadio di San Siro: si decide se demolirlo o ristrutturarlo, tra favorevoli e contrari

Sul futuro di San Siro, uno degli stadi storici e più conosciuti al mondo oggi si conosceranno le sorti. C’è chi mette in guardia dall’impatto

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Stadio di San Siro: si decide se demolirlo o ristrutturarlo, tra favorevoli e contrari

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Sullo stadio di San Siro di Milano è il giorno del giudizio. Oggi a mezzogiorno sarà presentata la relazione conclusiva sul dibattito pubblico riguardante il futuro di uno degli stadi più iconici al mondo, oltre che storici (è stato inaugurato nel 1926): il “Giuseppe Meazza”.

Sul destino della “Scala del calcio” il Comune di Milano ha indetto un dibattito pubblico “per discutere lo studio di fattibilità tecnica ed economica relativo allo stadio di Milano, ritenuto dal Comune di pubblico interesse”. Tale studio di fattibilità è finalizzato alla realizzazione di un nuovo complesso sportivo multifunzionale nell’area del Quartiere San Siro e predisposto dalle società Milan e Inter.

Conclusa tale fase, nella giornata odierna verranno tirate le fila su una delle operazioni immobiliari e costruttive più imponenti di Milano. Sarà in ogni caso un’operazione controversa, che non ha mancato di sollevare obiezioni e pareri contrari.

Stadio di San Siro: l’impatto della demolizione

Qualcuno ha anche fatto qualche calcolo su quello che potrebbe essere l’impatto, in termini di emissioni, della demolizione dello stadio di San Siro.

Secondo il professor Paolo Pileri, docente di pianificazione e progettazione urbanistica e territoriale al Politecnico di Milano, sarà un conto salato quello che presenterà l’operazione riguardante la realizzazione di un nuovo stadio e lo smantellamento dello storico: «sommando tutte le emissioni ipotizzate fin qui, sono 210.500 le tonnellate di CO2e emesse, solo per il cemento armato. Senza demolire San Siro si eviterebbero emissioni per 117.500 tonCO2e. E tutto questo senza conteggiare le tonCO2e per le travi in acciaio, gli arredi, gli impianti, le pavimentazioni, i piazzali», afferma in un articolo pubblicato su Altreconomia.

Carlo Monguzzi concorda sul potere impattante causato dalla demolizione dello stadio. Il consigliere comunale di Europa Verde da tempo ha sollevato la questione: «gli studi condotti dal Politecnico ci dicono che demolire il “Meazza” e realizzare uno stadio nuovo si emettono più di 210mila tonnellate di anidride carbonica: è un disastro ambientale. In più si dovranno contare più di 175 camion al giorno, tutti i giorni, per sei anni», per trasportare i materiali. «Ma siamo matti? Siamo in piena emergenza climatica», rileva. «Devono coincidere la tutela dell’ambiente e degli interessi del Comune di Milano, ma prima devono essere posti gli interessi dei cittadini. Quelli delle due società vengono dopo».

A suo giudizio sarebbe decisamente migliore la ristrutturazione dell’esistente, «compensando i lavori con tonnellate di alberi in loco e con servizi per i cittadini che di sicuro non sono rappresentati da un centro commerciale e da una torre di uffici».

A proposito del dibattito pubblico conclusivo, che verrà trasmesso in streaming, senza presenza di pubblico non risparmia critiche: «è un segnale di totale follia: un dibattito pubblico senza pubblico non l’avevo ancora visto. E dire che faccio politica da molti anni».

Rigenerare lo stadio di San Siro, come parco tematico per lo sport

L’architetto Joseph Di Pasquale, fondatore e titolare dello studio milanese JDP Architects, in vista della nascita di un nuovo complesso, ha ipotizzato la riqualificazione dello stadio di San Siro che potesse salvaguardare in parte la struttura. «Sono un sostenitore di una rigenerazione dello stadio e non per la demolizione».

Oltre alle motivazioni ambientali e affettive, c’è un altro elemento da considerare, il valore finanziario dei costi relativi. «Demolirlo genera un danno patrimoniale. Il brand San Siro – Stadio Meazza può essere invece valorizzato per farne la base di un progetto per un parco tematico, mantenendo parte delle strutture, ovvero l’interfaccia iconica, orientandola per altri usi e discipline. L’uso calcistico dovrà comunque essere soddisfatto dal nuovo stadio: mantenerlo sarebbe anacronistico».

Favorevoli al nuovo: il parere di Massimo Roj (Progetto CMR)

C’è chi motiva la necessità di una rigenerazione urbana importante e lo fa quale “firma” di uno dei progetti dedicati al nuovo stadio San Siro: Massimo Roj, architetto, fondatore e amministratore delegato di Progetto CMR. «Posso parlare da due punti di vista: dal punto di vista di supporter e di tecnico. Da tifoso accanito, “cresciuto” a San Siro lo stadio è una memoria che mi piacerebbe conservare. Però è altrettanto vero che tutto passa e tutto cambia. Ci si adatterebbe al nuovo» un po’ come hanno fatto i frequentatori dello Wembley Stadium, forse lo stadio più iconico al mondo.

«Poi ci sono varie considerazioni da fare. Pensiamo, per esempio allo Sky Box: è un ambiente che non permette di “essere dentro” allo stadio. Il secondo anello copre il primo, quindi toglie tutta, l’emozione che dà stare allo stadio, che è un luogo che devi vivere». C’è poi il tema dei posti business: «San Siro ne ha un numero inferiore alle tasse alle richieste Uefa e FIFA. Questi posti pagano gran parte del ticketing, molto più della metà del totale».

Da un punto di vista tecnico, Progetto CMR ha avuto mandato di studiare un nuovo stadio: «avevamo mantenuto sin dall’inizio la memoria dello stadio esistente, conservandone una parte significativa».

Riguardo al nuovo stadio, lo studio condotto dalla società aveva individuato la struttura, come indicato dalle due squadre, con specifiche richieste cui ci si era adeguati. «Il nostro intervento prevedeva di riuscire a conservare, come avevamo detto, una parte dell’esistente, ma poi integrandolo con delle altre funzioni vitali in qualsiasi ambito di rigenerazione urbana: stiamo parlando di rigenerare una zona dove durante la settimana non succede niente, è un’area di parcheggio abbandonata».

Quindi, si volevano portare dei servizi alla comunità, al quartiere di natura commerciale «di terziario amministrativo e ricettive, nel rispetto della legge (legge 27.12.2013, n. 147, cosiddetta “Legge Stadi” – nda)». Nel progetto era previsto anche il più grande parco pensile d’Europa, con una superficie di oltre 20mila metri quadri di verde, oltre a spazi per attività sportive e commerciali che comprendessero anche negozi di vicinato. «L’idea era di creare una zona di attrazione quotidiana, con servizi fruibili a tutti, persino un centro medico ospitato nello stadio», segnala ancora Roj. Era quindi un progetto che guardava a una rigenerazione urbana attento alla sostenibilità sociale oltre a quella ambientale.

«La zona interessata oggi è un “buco” all’interno della nostra città. Il lato nord, dove è presente una torretta uffici e il galoppatoio, deve essere inteso quale motore della rigenerazione. Dove c’è il trotto è già partita un’operazione di rigenerazione con residenze, tuttavia mancano i servizi, i negozi. Sarebbe un percorso che migliorerebbe enormemente chi vive ogni giorno quest’area».

La demolizione dello stadio di San Siro è comunque necessaria per dare slancio al futuro di Milano? «Certamente. Anzi, uno stadio solo è anche poco. Pensiamo alle grandi città internazionali: Madrid ne ha due per Real e Atletico, più due più piccoli; Londra ne ha sette più Wembley. Milano, con 2 milioni di abitanti circa, anche di più contando l’area metropolitana, potrebbe considerarne due. San Siro non è più adeguato alle esigenze del tifoso di oggi: era stato costruito con i posti in piedi, senza servizi igienici e anche oggi sono decisamente inferiori. Poi non ci sono servizi né bar. Anche pensarlo di usarlo in maniera diversa è impossibile: il Comune di Milano percepisce un affitto di 10 milioni l’anno per coprire le spese di gestione», conclude l’architetto.

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