Prometeia: le costruzioni il comparto più a rischio

Prometeia: le costruzioni il comparto più a rischio

Resta alto il rischio del credito nel settore produttivo con una forte eterogeneità fra i settori: maggiormente colpiti risultano quelli in cui il calo della domanda e la conseguente riduzione di capacità produttiva durante la crisi sono stati più evidenti. Con alcune eccezioni.

La pesante eredità della crisi finanziaria e una ripresa che stenta per ora a manifestarsi, mantengono elevata la rischiosità del credito: gli ultimi dati disponibili indicano infatti un tasso di ingresso in sofferenza calcolato sui volumi di finanziamento bancari – o tasso di decadimento sui volumi di credito[1] – vicino al 4%, lontanissimo dall’1.5% osservato nel 2008. Il buon andamento delle esportazioni e l’arresto della caduta dei consumi degli ultimi trimestri non sono ancora sufficienti a sostenere la ripresa produttiva. Il ciclo degli investimenti, in particolare, è ancora penalizzato da un mercato del credito che non è tornato alla normalità, con un’offerta ancora cauta, soprattutto nei confronti dei clienti più rischiosi[2].

FIG. 1 TASSO DI DECADIMENTO SUI VOLUMI DI CREDITO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE PER SETTORE, % MEDIA ANNUA 2009-2014
Prometeia: le costruzioni il comparto più a rischio
Fonte: Banca d’Italia.

Da un’analisi più dettagliata dei passaggi a sofferenza registrati durante la Grande Recessione, emerge una forte dispersione della rischiosità fra i settori di attività economica (Fig.1), che segnala le differenti intensità delle ricadute della crisi su di essi[3]. In generale, l’elevata rischiosità del portafoglio crediti alle imprese – società finanziarie e famiglie produttrici – delle banche è legata alla contrazione della capacità produttiva subita dal sistema produttivo che ha cercato di adeguarsi a una domanda in drastica riduzione; i numerosi fallimenti di aziende osservati fanno parte di questo aggiustamento. Vi è infatti una evidente correlazione fra l’entità del tasso di decadimento e l’intensità della contrazione produttiva subita dai settori durante la crisi (Fig. 2[4].

Il comparto più rischioso è, ormai da diverso tempo, quello delle costruzioni; la prolungata fase recessiva attraversata dal settore dal 2007 ha mantenuto il tasso di decadimento annuale ad un valore superiore al 5%[5] e culminato nell’ 8% lo scorso anno (a fronte di una rischiosità per il periodo 2003-2007 pari all’ 1.6%). Anche le condizioni delle aziende operanti nel settore della produzione di mobili sono apparse fortemente critiche con un tasso di ingresso a sofferenza medio annuo superiore, anche se di poco, al 5%. Questo evidenzia così una vera e propria crisi del settore immobiliare che ha interessato non solamente il settore delle costruzioni in senso stretto, ma anche tutti quelli ad esso collegati, quali la produzione di mobili e dei prodotti non metalliferi(cemento, laterizi, piastrelle, etc..), e delle estrazioni di minerali (sabbia, ghiaia, marmo, argilla, etc..).

FIG. 2 TASSO DI DECADIMENTO SUI VOLUMI DI CREDITO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE PER SETTORE E INDICE DI PRODUZIONE
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Fonti: Banca d’Italia, ASI e Analisi dei Microsettori.

Un altro settore particolarmente penalizzato dall’evoluzione della domanda interna è quello del tessile, abbigliamento, pelli, su cui lunghi anni di contrazione del potere d’acquisto delle famiglie ha determinato, non solo una minore domanda, ma anche uno spostamento delle preferenze dei consumatori verso prodotti meno costosi e di più bassa qualità favorendo ancora di più l’agguerrita concorrenza dei paesi emergenti, che già prima della crisi aveva eroso i margini delle imprese italiane rendendole finanziariamente fragili. La conseguenza è un elevato livello della rischiosità, che va oltre quello che ci si potrebbe attendere in base alla mera contrazione produttiva (Fig. 2).

Al contrario, più solidi appaiono i settori dell’elettricità e dei prodotti petroliferi che si trovano a operare in mercati regolamentati e meno concorrenziali, in cui il debito si concentra in poche e grandi aziende, alcune delle quali a partecipazione pubblica. Per le imprese operanti in questi settori, grazie anche alle loro grandi dimensioni, il tasso di ingresso in sofferenza rimane esiguo.

Nei prossimi mesi, se i segnali di ripresa saranno confermati, il tasso di decadimento dovrebbe gradualmente ridursi. La svalutazione dell’euro potrebbe consentire un più rapido miglioramento per i settori maggiormente vocati alle esportazioni verso i mercati non Uem, come la meccanica e, in misura minore, la filiera tessile-pelli. Anche la riduzione del prezzo delle fonti energetiche conseguente alla contrazione del prezzo del petrolio potrebbe recare qualche sollievo ai settori energivori, come i minerali non metalliferi, la metallurgia e carta, anche se i primi due continueranno a soffrire la mancata ripresa attesa delle costruzioni. L’elevato stock di abitazioni invendute ancora possedute dalle imprese edili rende problematico il rientro verso i valori pre-crisi del tasso di decadimento del settore delle costruzioni.

[1] Il tasso di decadimento sui volumi di credito è dato dal rapporto fra i prestiti erogati a soggetti che nel periodo considerato sono entranti in stato di sofferenza e i volumi di impieghi vivi riferiti al periodo precedente. Lo stato di sofferenza indica una irreversibile incapacità di far fronte ai propri debiti, anche se non ancora accertata in sede giudiziaria. Per altri articoli sull’argomento si veda ‘Sofferenze made in Italy’ Atlante, Ottobre 2014.

[2] Bank Lending Survey (BCE), Gennaio 2015.

[3] Per un’analisi più approfondita della situazione economico finanziaria delle imprese si veda, ‘Analisi dei Settori Industriali’ Ottobre, 2014 e ‘Analisi dei Microsettori’, Novembre 2014, Prometeia.

[4] Lo scatter fra la media dei tassi di decadimento per settore sui volumi di credito per il periodo 2009-2014 e il tasso di variazione medio annuo della produzione rispetto al periodo pre-crisi (2008 -2014) presentano una evidente correlazione negativa e superiore a 0.4 (bisettrice tratteggiata). Eliminando alcuni settori (estrattive, prodotti petroliferi, tessile ed elettricità) il cui il legame fra contrazione produttiva e rischio è meno stretto per ragioni che sono in parte spiegate nel testo, la correlazione sale a 0.7.

[5] In questa analisi vengono considerati i tassi di decadimento delle attività produttive nel loro complesso, quindi società non finanziarie e famiglie produttrici.

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alessandra.bettocchi@prometeia.com, enrico.brandoli@prometeia.com

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