Calo degli iscritti all’albo, difficoltà a trovare occupazione, insoddisfazione rispetto ai percorsi formativi, a cui corrisponde un calo del numero dei laureati in geologia: sono questi gli indicatori di una difficoltà a crescere che richiede una decisa inversione di tendenza. Il numero di iscritti ai corsi di laurea in geologia è infatti passato da 8.689 nell’anno accademico 2001/2002 a 7.246 nel 2008/2009, un calo di quasi il 17% in appena sei anni, in controtendenza rispetto alle dinamiche generali della popolazione studentesca, cresciuta del 5%, e mentre gli iscritti ai corsi di laurea, in un certo senso, “concorrenti” quintuplicavano. “Tutto ciò – sottolinea De Paola – risulta tanto più paradossale nel momento in cui la crisi economica, le emergenze climatiche ed ambientali, l’uso sconsiderato del suolo e delle risorse idriche, energetiche e minerarie, e, di contro, l’impiego di avanzate tecnologie di monitoraggio territoriale e ambientale, di esplorazione del sottosuolo, di sapiente lettura e analisi integrata del territorio e relativo substrato riassegnano alla geologia un campo di applicazione eccezionale. Non solo l’intera legislazione rilancia il ruolo dei geologi ma l’intero processo dell’uso del territorio e di tutte le risorse naturali poggia le sue basi su nuovi modi di pianificare, di costruire, di utilizzare le risorse per i quali la conoscenza della evoluzione e delle caratteristiche del territorio e del sottosuolo è un elemento base dello sviluppo sostenibile. Per non parlare poi della pressante necessità di mettere in sicurezza aree sempre più vaste interessate da fenomeni sismici e di dissesto idrogeologico. Il CRESME stima in 800 milioni di euro il mercato potenziale del geologo, di cui 341 milioni, pari al 43% del totale, la quota sul fatturato complessivo delle attività collegate direttamente alle opere di ingegneria ed all’edilizia. Ma se si considerano anche le attività di rilevamento geologico di base, le indagini geotecniche e geofisiche, studi, ricerche e prove di laboratorio, fanno riferimento al settore delle costruzioni allargato, non meno del 55%. Dall’indagine campionaria realizzata dal CRESME emerge come circa il 60% dei geologi fatturi meno di 30 mila euro in un anno, mentre il 32 % da 30 a 100 mila euro. Soltanto il 7 % ha un fatturato da 100 mila a 1 milione di euro e poco più dell’1 % superiore a 1 milione di euro. La distribuzione del fatturato ottenuta mediante l’indagine campionaria è risultata compatibile con quella dedotta dagli Studi di Settore, che permettono di stimare un fatturato annuo medio di circa 39 mila euro ed un volume d’affari complessivo nel 2007 di circa 600 milioni di euro; si tratta di circa 650 milioni di euro del 2009, quindi poco più dell’80% del potenziale di mercato 2009 stimato dal Cresme (800 milioni), il che suggerirebbe ancora margini di crescita per la categoria. Il 29% dei ricavi dei geologi provengono dal settore pubblico e un altro 29% da committenza diretta da privati; mentre le imprese di costruzioni, in media, contribuiscono direttamente con una quota sul fatturato complessivo del 14%. Ma come si inserisce il geologo nella fase di mutamento tecnologico e strutturale che sta attraversando il proprio mercato di riferimento? Dall’indagine emerge che la maggior parte dei geologi è attiva nello sviluppo di nuove metodologie di monitoraggio ambientale e rilevazione dei movimenti del suolo e nel settore delle energie rinnovabili. I più giovani, invece, si occupano maggiormente, oltre che di energie rinnovabili, di sistemi informativi, modelli tridimensionali del suolo e sottosuolo e di sviluppo software. In termini economici, invece, il settore innovativo più promettente risulta essere lo stoccaggio geologico di rifiuti speciali, seguito, a grande distanza, da nuove metodologie di monitoraggio e rilevazione, sviluppo software e fonti energetiche rinnovabili. Di fronte a queste dinamiche diventa essenziale una profonda riforma della formazione professionale per restituire qualificazione e rendere più competitiva la categoria fortemente penalizzata rispetto ad altre professioni. Per il Presidente De Paola “sono necessarie due azioni urgenti; la prima riguarda l’obiettivo prioritario di una riforma dei profili professionali oggetto di formazione universitaria, guardando all’evoluzione dei mercati di riferimento, valutando con gli Atenei metodi in grado di adeguare i contenuti e l’offerta formativa alle concrete esigenze del mercato. Strategia già perseguita dal Consiglio nazionale che da cinque anni ha istituito un’ “Alta scuola per le applicazioni della geologia” in convenzione con l’Università di Roma “Sapienza” con profili rivolti all’innovazione tecnologica e all’aggiornamento professionale di eccellenza. Non solo, ma in questo ambito il Consiglio Nazionale ha avviato un progetto di Aggiornamento Professionale Continuo, che a dicembre 2010 terminerà la fase triennale sperimentale. Alla fine del percorso sperimentale saranno gli Ordini territoriali a valutare la possibilità di sanzionare i professionisti che non abbiano adempiuto all’obbligo di formazione.“ La seconda questione “che impatta fortemente sulle prospettive di lavoro della nostra professione, riguarda la salvaguardia della specificità delle competenze. Il nostro Paese ha vissuto e sta ancora vivendo anni di confusione professionale. Non è possibile che tutti possano fare tutto, perché in questo modo si mortificano le professionalità migliori e si abbassa la qualità dei servizi che nel nostro caso significa mettere a rischio la vita delle persone e distruggere risorse naturali non rinnovabili. Ben venga una riforma dell’Università, delle professioni e un riconoscimento di quelle emergenti non regolamentate, ma si faccia chiarezza, anche al nostro interno, su chi può e sa fare una cosa e chi invece non può.” Per scaricare la sintesi del Rapporto clicca qui Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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