La bioedilizia italiana Ricehouse protagonista alla Biennale Architettura 2025

Ricehouse, società che ha saputo trasformare un’intuizione—valorizzare gli scarti della risicoltura—in un modello industriale e culturale, è protagonista alla Biennale Architettura 2025: i materiali derivati dagli scarti del riso sono stati scelti per tre padiglioni internazionali: Regno Unito, Uzbekistan e Fabbrica dell’Aria.

Ricehouse per il Padiglione Regno Unito alla Biennale di Architettura di Venezia
Padiglione Regno Unito – Credit immagine Chris Lane © British Council

Alla 19ª Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, curata da Carlo Ratti e intitolata “Intelligens. Natural. Artificial. Collective”, Ricehouse si distingue come esempio concreto di innovazione sostenibile. Fondata dall’architetta Tiziana Monterisi e dal geologo Alessio Colombo, l’azienda biellese ha trasformato gli scarti della risicoltura—come la lolla di riso—in materiali da costruzione naturali, ad alte prestazioni e a basso impatto ambientale.

Questa visione ha conquistato l’attenzione internazionale ed è oggi al centro di tre installazioni della Biennale: il Padiglione del Regno Unito, il Padiglione dell’Uzbekistan e la Fabbrica dell’Aria alle Corderie dell’Arsenale. Tre progetti diversi per geografia e contenuti, ma accomunati dalla stessa scelta: costruire un futuro partendo dalla materia e restituendo valore al pianeta.

Quando siamo partiti, l’idea di costruire con gli scarti del riso sembrava quasi un sogno irrealizzabile. Eppure, abbiamo creduto che un altro modo di fare impresa e di abitare il mondo fosse possibile,” racconta Tiziana Monterisi, CEO di Ricehouse. “Oggi quei materiali vivono in edifici abitati da persone, non sono più prototipi, ma soluzioni concrete, già industrializzate che parlano di futuro. Vederli protagonisti di tre padiglioni internazionali alla Biennale di Architettura – in un’edizione che, grazie alla visione di Carlo Ratti, mette al centro il coraggio di denunciare un mondo in fiamme — è una conferma importante. Significa che l’Italia può offrire soluzioni concrete e mature per un futuro rigenerativo”.

Tre padiglioni, una sola visione: costruire con intelligenza naturale

Padiglione del Regno Unito – Menzione speciale come partecipazione nazionale

Il Padiglione del Regno Unito alla Biennale Architettura 2025 ha ricevuto una Menzione Speciale come Partecipazione Nazionale, riconoscendo la forza del dialogo tra Regno Unito e Kenya sul tema della riparazione, insieme al tentativo di immaginare una nuova relazione tra architettura e geologia.

Padiglione Regno Unito alla Biennale di Venezia, realizzato con materiali Ricehouse
Particolare del Padiglione del Regno Unito – Credit immagine Chris Lane © British Council

Curato da un team con base tra Nairobi e Londra, il padiglione si configura come uno spazio condiviso di riflessione e immaginazione, capace di esplorare in chiave interculturale e multisensoriale il potenziale dell’architettura come strumento di restituzione e rinascita. In questo contesto i materiali di Ricehouse—ottenuti dal recupero degli scarti della filiera del riso—contribuiscono attivamente alla narrazione espositiva: naturali, circolari e ad alte prestazioni, incarnano una visione etica e concreta del costruire in equilibrio con le risorse della terra.

Padiglione dell’Uzbekistan – “A Matter of Radiance”

Alla Biennale Architettura 2025, il Padiglione dell’Uzbekistan porta al centro della scena una delle architetture scientifiche più affascinanti dell’epoca sovietica: il Sun Institute of Material Science, costruito tra il 1981 e il 1987 vicino a Tashkent.

Il Padiglione Uzbekistan alla Biennale di Venezia 2025 realizzato con materiali Ricehouse
Padiglione Uzbekistan – Credit immagine Courtesy of ACDF

Un complesso monumentale e visionario, nato per studiare i materiali a temperature estreme grazie a un enorme forno solare alimentato da migliaia di specchi. Un’opera sospesa tra utopia e distopia, tra modernismo e paesaggio, oggi al centro di un processo di reinterpretazione culturale e sostenibile.

In questo contesto unico, una semplice panchina diventa simbolo di rinascita: ispirata ai sedili originali degli anni ’80 posti sulla terrazza del campo eliostatico, la panchina viene ricreata con materiali naturali e circolari firmati Ricehouse, trasformando uno scarto agricolo in un gesto architettonico contemporaneo.

Il Padiglione Uzbekistan alla Biennale di Venezia 2025 realizzato con materiali Ricehouse
Credit immagine Courtesy of ACDF

La panchina non è solo un arredo, ma un’installazione narrativa: racconta le storie degli scienziati che hanno lavorato al Sun Institute, testimonia la memoria di un passato industriale e militare, e simboleggia un nuovo modo di costruire in equilibrio con l’ambiente.

Fabbrica dell’Aria – PNAT alle Corderie dell’Arsenale

Alla Biennale Architettura 2025, Fabbrica dell’Aria si presenta alle Corderie dell’Arsenale come un’installazione immersiva e visionaria.  Il progetto è ideato dal neurobiologo vegetale Stefano Mancuso e sviluppato dal team multidisciplinare di PNAT (Project Nature), specializzato in soluzioni biofiliche avanzate.

L'installazione Fabbrica dell’Aria alla Biennale di Venezia 2025
L’installazione Fabbrica dell’Aria

Un sistema botanico avanzato che purifica l’aria sfruttando l’intelligenza naturale delle piante, trasformando lo spazio espositivo in un laboratorio vivente tra scienza e poesia.

Ottagono, azienda di Dal Pozzo Group, ha realizzato la struttura dell’installazione. Il cuore del progetto è una base in acciaio sagomato a freddo, 99% proveniente da filiere italiane di riciclo. Questo materiale, spesso escluso dal dibattito sulla bioedilizia, è riproposto in una chiave sostenibile: smontabile, riutilizzabile, riciclabile, e perfettamente integrato in una visione di architettura reversibile.

L'installazione Fabbrica dell’Aria alla Biennale di Venezia 2025: la struttura realizzata da Ottagono è rivestita da pannelli in argilla e lolla di riso di Ricehouse

La struttura è rivestita da pannelli in argilla e lolla di riso, realizzati con i materiali sostenibili di Ricehouse, che donano all’involucro una “pelle arcaica” e porosa, ancorando la tecnologia alla terra e alla memoria agricola.

L'installazione Fabbrica dell’Aria alla Biennale di Venezia 2025: la struttura è rivestita da pannelli in argilla e lolla di riso di Ricehouse

La Fabbrica dell’Aria è una serra totemica, ottagonale, che purifica l’aria grazie all’azione delle piante: l’aria inquinata viene convogliata verso le radici, dove le sostanze nocive vengono assorbite e trasformate. I test scientifici dimostrano l’abbattimento della formaldeide quasi totale in un’ora in uno spazio di 250 m³. L’esperienza per i visitatori è multisensoriale: superfici specchiate e un soffitto dicroico generano un’illusione di spazio infinito, mentre un display monitora in tempo reale la qualità dell’aria.

Una filiera industriale che parla al futuro

La presenza di Ricehouse alla Biennale Architettura 2025 è la prova che l’innovazione non è fatta solo di visioni futuristiche, ma di soluzioni concrete, già applicabili, capaci di generare impatto ambientale, sociale ed economico. In un contesto espositivo che invita a ripensare il nostro rapporto con la natura, la tecnologia e l’intelligenza collettiva, l’idea nata da un rifiuto agricolo assume un valore simbolico e operativo insieme. Quello che un tempo sembrava un gesto radicale—costruire partendo dagli scarti—oggi è un modello industriale italiano adottato da padiglioni internazionali come strumento per immaginare e realizzare un futuro rigenerativo. La Biennale diventa così non solo vetrina, ma spazio di validazione per un cambiamento che è già in atto.

Con Ricehouse non realizziamo solo edifici, ma sistemi di senso. Ogni materiale che creiamo racconta la nostra visione per un modo diverso di abitare il mondo,” conclude Tiziana Monterisi.

I materiali Ricehouse sono biodegradabili, formaldeide-free, completamente naturali, pensati per integrarsi con le tecnologie costruttive più avanzate. Ma sono anche espressione di una cultura del costruire che mette al centro il territorio, la salute e la giustizia climatica.

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