Il sisma in Emilia

Purtroppo ci risiamo: un nuovo terremoto ha scosso gli edifici e gli animi della gente, con una risposta degli emiliani che è stata ed è fantastica.
Se è possibile sostenere che, anche con riferimento alle vicende abruzzesi, si sia oramai diffusa in Italia una coscienza sismica di massa, al contrario sembra che la cultura di governo del territorio, che contraddistingue i Paesi (quali il Giappone e gli Stati Uniti) con rischi simili a quelli italiani, stenti ad affermarsi.
Soprattutto nell’individuazione di quelle azioni che dovrebbero essere intraprese per ridurre i rischi della popolazione. Ne parliamo con il prof. Guido Magenes.

Professore, molti edifici storici tra quelli che hanno subito danni sono realizzati in muratura. È possibile intervenire su questa tipologia di costruzioni per evitare analoghi problemi in futuro?
I danni agli edifici storici in Emilia, in prima battuta, sembrano essere riconducibili a diversi fattori, fra i quali non sono tra l’altro da escludere la possibile presenza di componenti a bassa frequenza nel moto del terreno e la componente verticale del moto stesso. Si notano molti danni o collassi di strutture alte (campanili, torri) e in strutture con elementi architettonici snelli o campate di luci elevate (edifici con grandi aule come le chiese), insieme a collassi di porzioni di edifici caratterizzati da scarsi collegamenti d’insieme (ad esempio, ribaltamento di facciate) con danni in prevalenza alle porzioni alte, spesso legate a una inadeguata organizzazione dell’orditura del tetto (assenza o insufficienza di controventamenti e di collegamenti adeguati tra elementi lignei e tra muratura e copertura), e mancanza di idonei incatenamenti.
Inoltre, nella muratura piena di mattoni, diffusa nelle zone colpite, la resistenza risente molto della qualità della malta e in alcuni casi anche della tessitura dei mattoni (disposizione di testa o di lista).
Come per tutte le tecniche costruttive, la scarsa manutenzione ed il conseguente degrado dei materiali rappresentano altre importanti concause (molto frequenti negli edifici rurali).
In generale, è possibile intervenire sugli edifici storici per migliorarne il comportamento sismico; tuttavia, quando una struttura è stata concepita e costruita in assenza di una memoria storica di terremoti (come succede nelle
zone in cui vi sono lunghi periodi di scarsa o modesta attività sismica) inevitabilmente presenta elementi di vulnerabilità che è più difficile correggere: ad esempio, quando la sezione muraria è decisamente insufficiente (pochi setti murari posti a grande distanza), o la tipologia architettonica è intrinsecamente più vulnerabile (torri alte e snelle), o la qualità della muratura è particolarmente scadente. In tali casi, le soluzioni e gli interventi diventano più complessi e più onerosi, e aumentano le difficoltà nell’individuazioni di tecniche che rispettino i principi della conservazione e del restauro del bene storico-architettonico.
In altri casi, invece, possono essere sufficienti interventi relativamente semplici sulle coperture, sui solai e sui collegamenti: con l’inserzione di catene e tiranti, in ogni caso, si ottiene un notevole miglioramento della sicurezza e delle prestazioni sismiche.

Per quanto riguarda gli edifici in muratura moderna, è possibile progettarli e costruirli in modo da resistere ad eventi sismici?
Nelle zone a bassa o moderata pericolosità sismica, un edificio moderno in muratura, anche ordinaria, può essere realizzato garantendo adeguati livelli di sicurezza.
È importante conoscerne i principi fondamentali di progettazione e costruzione, come del resto vale per tutte le altre tecniche costruttive, e applicare le norme di riferimento. Per le zone a maggiore pericolosità sismica vi è, tra l’altro, anche la soluzione della muratura armata o confinata.
In relazione al terremoto dell’Emilia, vi sono casi di edifici di recente costruzione in muratura ordinaria che, pur in zona molto prossima all’epicentro, non hanno subito danni apprezzabili. Si tratta in genere di edifici residenziali a pochi piani, caratterizzati da una sufficiente “densità muraria”, ovvero quantità di muri, costruiti con materiali
di qualità adeguata e nel rispetto delle regole costruttive. Certamente anche le caratteristiche del moto del terreno e degli strati superficiali del suolo possono aver giocato un ruolo determinante nel mettere maggiormente in crisi le strutture con maggiore altezza e flessibilità, ma il fatto che edifici in muratura ben concepiti e ben costruiti possano avere un’ottima resistenza al sisma è cosa nota.
Alcune informazioni e immagini relative ai danni rilevati alle strutture in muratura (e non solo), possono essere trovate sul sito www.terremotoemilia.it, predisposto da EUCENTRE in collaborazione con diversi enti e con tecnici, rilevatori e ricercatori che hanno condiviso le informazioni raccolte nei sopralluoghi.

Come può il comune cittadino capire se l’edificio in cui vive è sicuro?
La risposta potrebbe essere, banalmente: rivolgersi ad un tecnico competente. È un po’ come quando si hanno problemi di salute, ci si rivolge ad un medico. Tuttavia, sempre usando l’analogia con la professione medica, tutti sanno che esistono degli ambiti di specializzazione ed è quindi necessario che il tecnico, ingegnere o architetto, sia esperto di strutture e di progettazione sismica; cioè abbia avuto una formazione specifica e sia aggiornato sugli sviluppi più recenti del settore, che come tutti i settori tecnico-scientifici è in continua evoluzione. Ecco allora che la risposta banale si dimostra insufficiente: come fa il “comune cittadino” ad avere la garanzia che un tecnico abbia le competenze adeguate? Il mio personale parere è che l’abilitazione professionale degli ingegneri ed architetti è attualmente una garanzia troppo generica, e che sarebbe utile introdurre una abilitazione professionale
specifica, o perlomeno dei percorsi formativi specifici e accreditati, come peraltro si fa per altre attività professionali, anche in ambito ingegneristico (ad esempio, la certificazione energetica degli edifici).

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