Economia circolare in Italia: enorme potenziale economico, ma c’è molto da fare

Viene presentata oggi, dalle 9.30 alle 12.30 la terza edizione del Circular Economy Report che cerca di rispondere ad alcune delle principali domande del settore: Quale è lo stato della Economia Circolare in Italia? Quale è il suo reale potenziale? Quale è il progresso che abbiamo sperimentato nel corso dell’ultimo anno?

Vi proponiamo in anteprima l’Executive Summary del Rapporto, invitandovi a partecipare alla presentazione del report di questa mattina.

A fondo pagina il PDF con il Summary del Rapporto.

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Economia circolare in Italia: enorme potenziale economico, ma c'è molto da fare

Indice degli argomenti:

Il Politecnico di Milano ospita questa mattina, a partire dalle 9.30, la  presentazione della terza edizione del Circular Economy Report realizzato dall’Energy&Strategy Group del Politecnico con l’obiettivo di comprendere lo stato in Italia, le possibilità di sviluppo e analizzare la crescita del settore nell’ultimo anno.

Per realizzare il Rapporto, sono state coinvolte più di 200 imprese appartenenti a 7 settori diversi della nostra economia (automotive, costruzioni, elettronica di consumo, food&beverage, impiantistica industriale, mobili e arredamenti, tessile).

Il valore atteso dell’economia circolare

La stima del potenziale economico raggiungibile al 2030, in tutti i macro-settori oggetto di studio, evidenzia come l’implementazione di pratiche manageriali per l’Economia Circolare possa generare un risparmio economico complessivamente pari a 103,1 miliardi di euro annui.

Ad oggi, o per meglio dire al termine del 2021, i risparmi già conseguiti sono pari a 14,4 miliardi di euro, ossia “solo” il 14% circa del totale.

Un dato comunque positivo che segnala un progresso rispetto all’anno precedente, ma che definisce anche una prima misura di quanto sia “distante” l’obiettivo di una piena circolarità.

Il valore atteso dell'economia circolare

La situazione, guardando ai singoli settori, appare però più variegata.

I macro-settori Food & Beverage ed Impiantistica industriale risultano quelli più avanti nella transizione verso il paradigma circolare e rispetto agli altri, beneficiano anche di maggiori risparmi economici già conseguiti, rispettivamente con 5,4 e 1,2 miliardi di euro.
All’estremo opposto si collocano invece i macro-settori Elettronica di consumo, Tessile ed Automotive, caratterizzati da un basso grado di adozione e da risparmi economici ancora contenuti, rispetto al potenziale economico raggiungibile al 2030.

Economia circolare, la transizione dei macro settori

Va tuttavia sottolineato, come dai risultati ottenuti anche per i macro-settori definiti «Best perfomers» i valori di adozione delle pratiche di Economia Circolare risultino ancora ben lontani da un’adozione «completa». Questo dimostra ulteriormente come il percorso di transizione verso un’Economia Circolare sia ancora parziale e necessiti di uno sviluppo comune a tutti i macro-settori.

Il contributo maggiore, a livello complessivo, deriva dalle pratiche di Recycle con circa 3,5 miliardi di euro annui, a cui seguono pratiche di Remanufacturing/Reuse.

Non va dimenticato anche il contributo alla sostenibilità di questa transizione verso l’Economia Circolare. L’adozione di pratiche manageriali per l’Economia Circolare potrebbe portare ad una riduzione di emissioni annua al 2030 pari a quasi 1,9 MtCO2.

Tale riduzione complessiva è stata suddivisa tra i settori d’analisi, identificando le emissioni storiche derivanti dai diversi settori ed i benefici ambientali derivanti dall’estensione del ciclo di vita utile dei prodotti ed il risparmio di risorse. Il maggior contributo a tale riduzione è dovuto al settore delle Costruzioni che potrebbe contribuire per oltre il 45% della riduzione complessiva, seguito dai settori Food & Beverage ed Automotive, i rispettivamente per oltre il 21% ed il 20% del totale.

Le aziende che hanno adottato almeno una pratica per l’Economia Circolare hanno dichiarato nel 50% investimenti per un valore fino a 50 mila euro, mentre solo nel 4% dei casi si è investito nell’anno 2021 più di 500.000 €. Questo anche in conseguenza però del fatto che solamente il 10% delle imprese ha beneficiato di incentivi o di agevolazioni fiscali per l’implementazione delle pratiche manageriali per l’Economia Circolare, a testimonianza di una attenzione ancora scarsa sul fronte normativo e fiscale.

Confrontando le stime di rientro degli investimenti realizzati per l’adozione delle singole pratiche si evidenzia mediamente in circa il 30% dei casi un intervallo temporale inferiore ai 12 mesi, a cui si contrappone un 30% dei casi in cui il tempo di rientro risulta essere superiore ai 36 mesi.

L’adozione di pratiche di Design out Waste e Recycle sono quelle per cui si evidenzia un tempo di ritorno dell’investimento mediamente più breve.

Diventare “circolari” crea valore?

Tra i principali benefici di processo ottenuti dall’adozione delle pratiche manageriali per l’Economia Circolare, si evidenziano la riduzione dei rifiuti generati durante il processo produttivo (media 3,93; mediana 4), riduzione dell’impatto ambientale generato (media 3,86; mediana 5) e produzione e approvvigionamento con materiali riutilizzati o riciclati (media 3,75; mediana 4).

Economia circolare: i benefici a livello di processo

Tra i principali benefici a livello aziendale ottenuti dall’adozione delle pratiche manageriali per l’Economia Circolare, si evidenziano lo sviluppo del brand aziendale e l’immagine «green» (media 3,85; mediana 5), sviluppo di progetti e prodotti innovativi (media 3,81; mediana 4) e creazione di partnership con soggetti terzi per programmi di logistica inversa (media 3,42; mediana 4).

Ed infine, sui benefici economici, il principale risultato dall’adozione delle pratiche manageriali per l’Economia Circolare è rappresentato dalla valorizzazione economica degli scarti produttivi (media 3,34; mediana 3) a cui seguono crescita economica (media 3,02; mediana 5), sviluppo di progetti e prodotti innovativi (media 3,81; mediana 3) e riduzione dei costi di produzione e approvvigionamento dei materiali (media 2,93; mediana 3).

I benefici economici generati da processi di economia circolare

Quanto è diffusa l’Economia Circolare nel nostro Paese?

Il 57% del campione di aziende intervistate ha affermato di aver adottato almeno una pratica di Economia Circolare, in crescita rispetto al 44% dello scorso anno.

Calano anche gli “scettici”, ossia coloro che non hanno adottato e non hanno nemmeno intenzione di adottare delle pratiche di Economia Circolare: erano il 34% lo scorso anno e sono “solo” il 27% in questa ultima rilevazione.

Valutando il quadro d’insieme relativo ai 7 macro-settori analizzati emerge che il settore Tessile sia quello con la percentuale più alta (82%) di aziende che hanno implementato almeno una pratica manageriale di Economia Circolare. Segue il settore Food & Beverage con l’80% di adozione di pratiche di Economia Circolare. Al contrario, il settore di Elettronica di consumo registra un tasso di adozione di poco superiore al 15%, attestandosi all’ultimo posto della nostra classifica.

 

Adozione di strategie di economia circolare nei 7 maxi settori

Nel passaggio da un modello di economia lineare verso uno di Economia Circolare, il punteggio medio assegnato dalle aziende rispondenti è pari a 2,12 (in una scala da 1 a 5). Un dato in crescita, rispetto al punteggio medio di 2,01 registrato nel CER21 e che dimostra ulteriormente come la maggior parte delle aziende abbia accelerato il passo verso un modello di Economia Circolare, ma tuttavia si trovi ancora in una fase iniziale (il 63% del campione ha assegnato un punteggio pari o inferiore a 2).

Tra le aziende che hanno già implementato almeno una pratica di Economia Circolare si registra che le pratiche maggiormente adottate risultino quelle di Recycle, a cui fanno seguono le pratiche di Design for Disassembly, Design for Easy Repair e Design out Waste, rispettivamente adottate da circa un terzo dei rispondenti.

Emerge quindi che le aziende si stanno concentrando principalmente sul riciclo dei prodotti/componenti e sulle fasi di progettazione, in modo da  ridurre l’impatto ambientale ed allo stesso tempo nel fornire opportunità per il recupero e riutilizzo dei prodotti e materiali all’interno dei propri sistemi produttivi.

Il driver principale per l’adozione dell’Economia Circolare si rivela essere la presenza della consapevolezza del top management sui questi temi, che può fornire lo stimolo interno necessario alle aziende per adottare un modello circolare.

Un altro driver particolarmente rilevante risulta la crescente consapevolezza dell’importanza dell’impatto ambientale, confermando l’importanza della coscienza aziendale sulla trasparenza dei propri impatti e le capacità di adattamento tramite pratiche circolari.

Dalla visione d’insieme per le barriere all’adozione di pratiche manageriale per l’Economia Circolare, emergono evidenze in linea con quanto riscontrato nel CER 2021: la barriera principale è rappresentata dall’incertezza governativa che non agevola le aziende nella valutazione di decisioni strategiche per adottare tali pratiche manageriali. Inoltre, anche i costi d’investimento e delle tempistiche associate alla realizzazione di interventi che le aziende devono sostenere per l’adozione delle pratiche circolari risultano rilevanti, parallelamente all’avversità al rischio da parte del top management. Meno rilevanti le barriere legate alla bassa qualità dei prodotti che ritornano all’azienda e agli incentivi e bonus per il management sul breve periodo.

Gli aggiornamenti normativi

La Strategia Nazionale per l’Economia Circolare pubblicata a giugno 2022 aggiorna ed integra i contenuti del documento di inquadramento e posizionamento strategico «Verso un modello di economia circolare per l’Italia» pubblicato nel 2017.

La Strategia Nazionale, oltre a definire un inquadramento sulla tematica dell’Economia Circolare (e.g. normativa, modelli produttivi, ruolo dei consumatori) individua anche il quadro complessivo degli obiettivi da perseguire, generali e specifici, le azioni e gli strumenti da adottare con orizzonte temporale che guarda al 2035.

Il quadro normativo relativo all’Economia Circolare in Italia è stato poi aggiornato il 24 giugno 2022 dal Ministero della Transizione Ecologica, definendo dunque un nuovo ordine di programmi e strumenti coerentemente con la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare. Esso si basa su tre pilastri, quali Il Programma nazionale di Prevenzione dei rifiuti, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti e il PNRR (qui nell’ambito relativo all’Economia Circolare sono stati stanziati 2,1 mld. €, quasi il 40% dei fondi relativi alla componente ‘Economia Circolare e Agricoltura sostenibile’)

A livello Europeo si osserva come anche Spagna e Francia abbiano introdotto una Strategia Nazionale di Economia Circolare, rispettivamente con España Circular 2030 e la strategia dell’agenzia francese per la transizione ecologica (Ademe). La Germania invece continua ad avere un alto interesse nell’Economia Circolare più in generale, investendo in progetti altamente innovativi e varando misure attuative tramite i diversi atti presenti nella strategia tedesca per la sostenibilità (e.g. KrWG; ProgRess) e la strategia per il futuro (e.g. High-tech 2025).

Per quanto riguarda la transizione verso un’Economia Circolare, l’Italia è ben posizionata soprattutto per la gestione dei rifiuti, ma pecca in pratiche più circolari. Questo è impattato negativamente dal continuo interesse mostrato dalla Strategia verso il Riciclo, enfatizzato dalla ripartizione dei fondi del PNRR, e dal mancato aggiornamento di piani nazionali riguardo pratiche più circolari, con conseguente debole recepimento delle misure attuative.

La normativa regionale in merito alle tematiche di Economia Circolare mostra un quadro regionale dinamico, con ben 14 regioni che hanno apportato cambiamenti, un numero elevato se confrontato con le sole due Regioni che apportarono cambiamenti durante il 2021.

Si sottolinea inoltre che 14 regioni presentano un’alta pervasività della normativa ed i recenti cambiamenti hanno spinto sempre più le diverse regioni verso le strategie di «Ripensare, Riprogettare». Dal punto di vista geografico, si conferma purtroppo la dicotomia nord-sud.

Nonostante qualche risultato incoraggiante, la mancanza di ambizione nella lotta contro il riscaldamento globale, e il debole sforzo giuridico e politico sulla questione delle sfide ambientali, riflette il divario a livello europeo su una visione più olistica dell’Economia Circolare come driver per una transizione più integrata della nostra economia.

E la disponibilità di capitali?

Nel supportare la transizione verso l’Economia Circolare (EC) un ruolo rilevante è ricoperto dal sistema finanziario, in particolare dalla parte della finanza sostenibile che si rivolge agli investimenti legati all’Economia Circolare.

Tra gli attori finanziari interessati alle tematiche ESG si assiste ad un aumento degli strumenti di debito e di capitale legati all’Economia Circolare, in seguito all’applicazione di strumenti già esistenti o alla creazione di nuovi prodotti dedicati.

In sintesi? Siamo di fronte a risultati incoraggianti, che possono e devono fare da stimolo per riportare la transizione verso l’Economia Circolare al centro del dibattito. Senza questa centralità, infatti, il rischio è che si “scivoli” verso uno sterile supporto alle politiche per il riciclo dei materiali, mentre c’è più che mai bisogno di uno slancio di coraggio verso la vera Economia Circolare.


Partecipa alla presentazione del 13/12/22 del Circular Economy Report 2022

Politecnico di Milano – Campus Bovisa – Via Raffaele Lambruschini 4

Aula Magna Carassa Dadda – Edificio BL 28

Scarica l’Executive Summary del Circular Economy Report 2022

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