Comprare casa: Milano non è una città abbordabile

I prezzi di acquisto di una casa e anche quelli di affitto sono cresciuti molto a Milano. In rapporto all’aumento degli stipendi e alle condizioni generali, diventa una città sempre meno inclusiva

A cura di:

Comprare casa: Milano non è una città abbordabile

Comprare casa a Milano è una impresa sempre più difficile. “Non è una città per chi lavora”: così titola il primo rapporto di ricerca dell’Osservatorio Casa Abbordabile (OCA) Milano Metropolitana. Questa prima opera, a un anno dalla nascita dell’Osservatorio, intende cercare di focalizzare il tema dell’abbordabilità della casa, ossia la sostenibilità dei costi abitativi in riferimento alle capacità economiche. Il capoluogo regionale non si dimostra una città inclusiva. Come scrivono gli autori del report, “Milano è diventata una città non a portata di moltissimi lavoratori e lavoratrici e polarizzata tra due punte sempre più distanti: i vincenti e i soccombenti”.

La conferma viene dall’analisi dei prezzi e degli affitti residenziali, aumentati di molto rispetto alla sostanziale stagnazione di redditi e retribuzioni, soprattutto per le qualifiche più basse. Emerge così che tra il 2015 e il 2021, redditi e retribuzioni sono cresciuti solo del 12% e 13% rispettivamente a fronte di un aumento più rilevante dei prezzi di acquisto (+41%) e dei canoni di locazione (+22%). I prezzi “crescono oltre tre volte più velocemente di redditi e retribuzioni”, e gli affitti 1,7 volte più rapidamente.

Inoltre, segnala ancora OCA:

“le retribuzioni dei lavoratori dipendenti nel settore privato con qualifica bassa (“operai” nella classificazione INPS) e medio-bassa (“impiegati”) crescono solo del 3% e del 7% rispettivamente: ciò significa che i prezzi di acquisto crescono ben 13,6 volte più velocemente delle retribuzioni degli “operai” e 5,8 volte di quelle degli “impiegati”; i canoni di locazione crescono rispettivamente 7,3 e 3,1 volte più velocemente delle retribuzioni medie delle stesse categorie”.

Milano, quindi, rende la vita difficile a quanti lavorano con qualifiche di operai e impiegati e che rappresentano l’85% dei dipendenti del settore privato e il 61% del totale dei lavoratori milanesi. Nell’acquisto della casa, il prezzo al metro quadro è cresciuto mediamente del 50,1% tra 2015 e 2022. La crescita media di qello degli affitti, più precisamente dei contratti di locazione, è stata superiore al 30% tra 2015 e 2021.

Comprare casa: a Milano è sempre più complicato per molti lavoratori

Intere categorie lavorative sono in difficoltà nel comprare casa nel capoluogo lombardo. L’esempio degli infermieri nella sanità pubblica è lampante: la loro retribuzione, stabilita tramite contratto collettivo nazionale, (uniforme e non negoziabile) è molto vicina al livello medio della qualifica di operaio. “A Milano questa è una condizione che non permette di accedere a un’abitazione decente in assenza di ulteriore apporto reddituale o patrimoniale”, scrivono gli autori, Massimo Bricocoli e Marco Peverini, docenti del dipartimento di Architettura e studi urbani del Politecnico di Milano.

Comprare casa: a Milano è sempre più complicato per molti lavoratori

Quando comprare casa è abbordabile? Secondo quanto spiegato nel rapporto, quando la spesa per l’abitazione non supera il 30% del reddito. È un riferimento condiviso, pur con tutte le limitazioni e pareri critici. Da un punto da cui partire per cercare di comprendere le dinamiche che coinvolgono quella che è l’infrastruttura fondamentale per la vita quotidiana, l’elemento costitutivo della capacità di una città di essere inclusiva. Non solo: la casa influenza la qualità della vita, è un elemento cardine della giustizia sociale e spaziale della città.

A Milano, come in altre città attrattive, la proporzione tra redditi e costi abitativi per chi accede all’abitazione è diventata assai critica, a fronte di un mercato del lavoro che in Italia “si caratterizza per retribuzioni tra le più basse d’Europa”.

Il tema casa è divenuto particolarmente “caldo” e di attualità anche a fronte delle proteste (giustificate) degli studenti universitari per il rincaro dei costi abitativi. Ma sono molte le categorie a essere in difficoltà: oltre a studenti e ai già citati infermieri, anche gli insegnanti, i conducenti del trasporto pubblico, i lavoratori del commercio, i riders e persino i medici ospedalieri. Sono professionisti fondamentali nella vita sociale di qualsiasi città.

Oltre ai rincari c’è un altro fenomeno in qualche modo collegato: il rischio crescente di non far fronte ai pagamenti. Pensiamo agli avvisi di sfratto: nel periodo 2015-2022 sono stati emessi 10.040, l’87% dei quali per morosità.

Edilizia pubblica: un genere in via di estinzione

La città di Milano non si mostra facile per chi intende affittare o comprare casa. si caratterizza essere un mercato in rapida crescita con un’offerta pubblica stagnante e un’offerta sociale che si sta dimostrando economicamente troppo costosa per i nuclei a basso reddito.

Ciò che si nota è la “progressiva esternalizzazione delle funzioni urbane meno pregiate, anche abitative, corrispondente all’espulsione di nuclei e individui più poveri”. Nelle aree periferiche, suburbane e periurbane il settore delle costruzioni “continua a giovarsi del surplus di domanda insoddisfatta dal centro e i comuni della cintura metropolitana di Milano tendono a diventare il bacino abitativo (e di consumo di suolo) per quel ceto di reddito basso e medio-basso che cerca faticosamente di pagare un po’ meno per la casa”.

A Milano sempre meno alloggi di edilizia residenziale pubblica

Inoltre, stanno praticamente scomparendo gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Sono quelli in cui vive più di un quarto degli inquilini milanesi, quelli che permettono ai meno abbienti di vivere in città. Dal 2015 al 2021 nel comune di Milano sono stati richiesti permessi di costruire da enti pubblici per soli 196 alloggi, pari all’1,1% del totale dei permessi richiesti.

In contemporanea, si è registrata una “progressiva erosione” del patrimonio di alloggi pubblici in corrispondenza della loro vendita:

“dalla approvazione delle legge sull’alienazione, lo stock di alloggi pubblici nel comune di Milano si è ridotto di circa 25mila alloggi, un numero rilevante se si considera l’attuale consistenza di circa 59mila”.

Così si è arrivati a una offerta di alloggi pubblici largamente inferiore alla domanda espressa: “nel 2022 sono state presentate domande da 36.946 nuclei familiari a fronte di 1.523 alloggi messi in avviso e di 1.297 alloggi assegnati, di cui 322 a nuclei indigenti”.

Va segnalato che tra 2015 e 2021 sono stati emessi permessi di costruire per 17.607 alloggi (comprensivi di nuove realizzazioni e ampliamenti di fabbricati esistenti). Quasi il 90% dei permessi sono stati emessi a favore di soggetti privati e solo 1577 (il 9%) fanno capo a cooperative di abitazione. Rispetto al periodo 2011-2015 le cose sono cambiate drasticamente: quel periodo, infatti, è stato caratterizzato per un minor volume di permessi e per un ruolo più marcato delle cooperative, che arrivavano al 20% sul totale dei permessi.

Per quanto riguarda i contratti di locazione, quelli nuovi sono cresciuti sensibilmente di prezzo: dal 2015 al 2022 si è registrata una crescita che varia da + 31,5% (fonte: Immobiliare.it) a +33,8% (fonte: OMI). In media, quindi, in otto anni sono saliti di oltre un terzo.

Invece, nell’acquisto della casa, il prezzo al metro quadro è cresciuto mediamente del 50,1% tra 2015 e 2022. Inoltre si nota, nel caso delle abitazioni in affitto, il peso crescente dei contratti transitori.

Comprare casa, tra presente e futuro

Affittare e comprare casa a Milano, emblema delle città attrattive, è difficile al presente. Come detto, la forbice si va ampliando. Nel periodo 2015-2021 i prezzi medi delle abitazioni sono cresciuti del 41%, gli affitti medi del 22%, mentre il reddito medio è cresciuto del 12% e la retribuzione media del 13%, con una tendenza ad una polarizzazione crescente.

Comprare casa a Milano

La tendenza della retribuzione media delle qualifiche inferiori nel settore privato (‘operai’ e ‘impiegati’ che insieme costituiscono il 60% dei lavoratori) è in realtà di sostanziale stagnazione, allargando ulteriormente la forbice. Così si arriva alla situazione per cui l’impiegato medio può permettersi, come teoricamente abbordabili, solo 16 metri quadri nei quartieri del centro storico, 23 mq in quelli semiperiferici e 40 nel resto della città. Questo indice dei metri quadri si riduce ulteriormente per la categoria degli operai a, rispettivamente, 12 mq, 17 mq e 30.

Il futuro di Milano si delinea sempre una città elitaria e lontana dall’esser una città per lavoratori, paradossale se si pensa – come rilevano gli autori – che quella meneghina si vanta di essere la capitale economica del Paese. Chi può pensare di comprare casa a Milano può farlo solo se ha un aiuto finanziario, generalmente dai genitori, o se può contare su una proprietà immobiliare precedente da vendere per accendere un mutuo per l’acquisto di una nuova abitazione nella “città da bere”.

Così si arriva a guardare al futuro. Ciò che si prefigura, rileva l’Osservatorio OCA:

“è un cambiamento profondo degli equilibri, delle condizioni di vita e delle relazioni sociali. In assenza di modificazioni sostanziali nell’economia urbana e di misure redistributive adeguate, è possibile prefigurare fenomeni di polarizzazione ed esclusione che del resto del mondo. (…) Con riferimento alla qualità abitativa e di vita, è urgente chiedersi se siamo disponibili e pronti a una città in cui i contrasti saranno più aspri, i gradi possibili di coesione sociale assai minori, le questioni di sicurezza urbana soverchianti rispetto a quelle di sicurezza sociale, la cittadinanza sempre più divisa tra chi partecipa positivamente al modello di crescita e chi invece ne soffre”.

Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici

Commenta questo approfondimento