Appalto e subappalto, le certificazioni scaldano gli animi

Le certificazioni degli appaltatori e dei subappaltatori scaldano gli animi delle associazioni di categoria. Sullo sfondo si muovono le nuove disposizione del Codice Appalti.

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I subappalti preoccupano l’intera filiera della costruzioni

I subappalti preoccupano l’intera filiera della costruzioni. L’occasione per riaprire il dibattito sull’argomento sono i lavori per la conversione in legge del Decreto Milleproroghe: l’Ance è intervenuta in Commissione Affari Costituzionali in Senato per suggerire delle modifiche al correttivo Codice Appalti. L’associazione chiede sostanzialmente un passo indietro dell’Esecutivo sul tema della qualificazione effettuata attraverso i lavori subappaltati.

Cerchiamo di capire quale sia il nodo del contendere e dove stanno sorgendo le principali preoccupazioni.

Subappalti, l’Ance fa il punto della situazione

Il Dlgs n. 209/2024 solleva alcune perplessità tra gli operatori del settore. A finire sotto la lente d’ingrandimento è la norma secondo la quale, in sede di certificazione, debbano essere unicamente i subappaltatori ad utilizzare i Certificati di Esecuzione Lavori (CEL) relativi alle prestazioni che hanno realmente effettuato. Gli appaltatori, invece, hanno la possibilità di utilizzare i lavori eseguiti in subappalto nelle categorie scorporabili: i suddetti lavori possono essere utilizzati per dimostrare unicamente il volume complessivo degli affari realizzati.

La gestione delle certificazioni in questo modo, secondo l’Ance, determinerebbe una serie di criticità, tra le quali ci sono:

  • la violazione della Direttiva Us 2014/2024 in materia di subappalto;
  • la violazione della libera circolazione nel mercato dell’Unione europea;
  • la potenziale incostituzionalità della norma per le disparità di trattamento che si verrebbero a verificare;
  • il fatto che non verrebbero valorizzate adeguatamente le responsabilità complessive nelle opere che sono state affidate in subappalto;
  • rischi di retroattività della norma.

I problemi connessi con le Direttive Ue

L’esecuzione diretta o l’affidamento in subappalto è una scelta rimessa esclusivamente all’appaltatore. L’unica eccezione a questa regola generale è determinata dalle peculiarità oggettive di determinate lavorazioni o dalle caratteristiche intrinseche del cantiere, che devono venire motivate dettagliatamente negli atti di gara dalla stazione appaltante.

Al contrario il fatto che l’operatore  si avvalga del subappalto, ma non possa utilizzare i lavori subappaltati ai fini della qualificazione Soa si trasforma in un ostacolo indiretto alla possibilità di utilizzare questo particolare istituto. Il quale, al contrario, secondo l’Ance dovrebbe costituire un’utile modalità per coinvolgere le micro, le piccole e le medie imprese nel mercato.

Si viene a costituire una situazione particolarmente dannosa per gli appaltatori e per i subappaltatori, nel caso in cui questi ultimi dovessero ricorrere a degli ulteriori livelli di subappalto.

L’Ance ha sottolineato che l’ultima modifica introdotta al Codice Appalti, per la Commissione Politiche UE, “non appare in linea con le prescrizioni della legislazione europea sul subappalto, in quanto si potrebbe tradurre in un ostacolo indiretto alla possibilità di ricorrere a questo istituto”. L’associazione ha quindi richiesto che venisse cassata dal testo.

Le disparità di trattamento

Secondo l’associazione la norma presenterebbe alcuni possibili vizi di incostituzionalità. Introdurrebbe, infatti, un’evidente disparità di trattamento che penalizza quanti operano nel settore dei lavori pubblici. Le limitazioni che abbiamo visto fino a questo momento, si vengono a costituire unicamente nel momento in cui si deve ottenere l’attestazione Soa. Nel settore dei servizi e delle forniture, invece, queste limitazioni non esistono.

Le responsabilità dei lavori nei subappalti

Le modifiche che sono state apportate al correttivo non prenderebbero in considerazione il ruolo che gli appaltatori ricoprono nell’esecuzione dell’appalto. Non si tiene conto, in altre parole, della responsabilità sul complesso dei lavori che è in capo a quest’ultimo.

Secondo l’Ance si dimentica, inoltre, il fatto che l’appaltatore deve prestare una serie di garanzie, che vengono rilasciate commisurate al valore complessivo dell’opera che deve realizzare. L’onere delle garanzie non viene sgravato in parte dal fatto che una quota di lavori venga affidata in subappalto.

Questo è il motivo per il quale la modifica introdotta al Codice degli Appalti appare ingiustificata e determina un’asimmetria nel sinallagma contrattuale, che impedisce all’appaltatore di poter utilizzare, per le qualificazioni, i lavori di cui è realmente responsabile.

Secondo l’Ance mancherebbe un regime transitorio. Oltre tutto la normativa dovrebbe fare riferimento a dei bandi che vengano emessi successivamente all’entrata in vigore della disposizione. Al momento, infatti, si corre il rischio che possano esserci degli effetti negativi sui lavori attualmente in corso, a causa di possibili declassamenti o di perdita di categoria da parte degli appaltatori.

La posizione di Finco

Diversa invece è la posizione di Finco, la Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni e la Manutenzione, che in una nota spiega che

”dopo anni l’Esecutivo è riuscito finalmente a stabilire due concetti basilari ed a metterli nero su bianco; concetti comprensibili a tutti:

  • i lavori vanno fatti eseguire da chi li sa fare;
  • ci si qualifica (alla esecuzione di opere pubbliche) con i lavori effettivamente svolti”.

Secondo Finco “questo va a favore della qualità delle opere e della sicurezza (molto di più della patente a crediti e della velata imposizione di determinati contratti collettivi di lavoro – e casse edili). Questo va a favore della qualificazione dei lavoratori e della tesaurizzazione delle professionalità”.

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