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Il cambiamento climatico è ormai una realtà con cui fare i conti anche negli ambienti di lavoro. Con la firma del Protocollo quadro per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi legate alle emergenze climatiche, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e le parti sociali hanno fissato linee guida per prevenire infortuni e malattie professionali dovuti a temperature sempre più elevate. «Con la sottoscrizione del Protocollo caldo – ha affermato il Ministro Marina Calderone – le parti sociali hanno dato una risposta importante ai lavoratori e alle imprese, in un momento eccezionale». Il documento punta a bilanciare la prosecuzione delle attività produttive con la tutela della salute, valorizzando anche le iniziative contrattuali già assunte a livello di categoria, territorio o azienda, come esempi concreti di responsabilità condivisa. Informazione, prevenzione e flessibilità organizzativa Il Protocollo mette in primo piano l’informazione e la formazione dei lavoratori per gestire le emergenze legate al caldo estremo, insieme a un rafforzamento della sorveglianza sanitaria e a misure mirate sui dispositivi di protezione individuale. La riorganizzazione dei turni di lavoro e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali diventano strumenti essenziali per modulare le attività in base alle previsioni meteo. In questo quadro, la valutazione dei rischi – da aggiornare secondo quanto previsto dal D.Lgs 81/2008 – deve includere anche gli effetti del microclima e prevedere procedure condivise per la prevenzione. Un’attenzione particolare viene rivolta ai cantieri e ai lavori all’aperto, ma non solo: anche gli uffici devono garantire ambienti salubri, con impianti di climatizzazione adeguati per tutelare i lavoratori indoor. Voci dal settore: la richiesta di stabilità normativa e più flessibilità Il Protocollo quadro ha già raccolto apprezzamenti ma anche richieste di interventi più strutturali da parte delle organizzazioni di rappresentanza. Da un lato, la Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche (FLP) parla di «un primo passo importante» e sollecita che il testo venga tradotto in azioni concrete per garantire la sicurezza dei lavoratori in tutti i contesti, dagli uffici ai cantieri. «L’utilizzo di tutte le forme di flessibilità previste dal CCNL, incluso il lavoro agile e la settimana corta, rappresenta uno strumento essenziale per affrontare le crisi climatiche», ha ribadito Marco Carlomagno, segretario generale FLP, sottolineando l’impegno della Federazione nel contrastare le resistenze ancora presenti in molte Amministrazioni. Dall’altro lato, anche l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), firmataria del Protocollo, accoglie con favore la cornice di riferimento ma ne evidenzia i limiti temporanei, auspicando che si traduca presto in una legge stabile. «Bene il Protocollo – commenta la presidente Ance Federica Brancaccio – ma serve una normativa chiara e duratura che dia certezza alle imprese e tuteli i lavoratori nei cantieri, dove le ondate di calore possono compromettere seriamente la sicurezza». L’Associazione punta inoltre ad attivare al più presto tavoli settoriali per definire protocolli attuativi specifici per l’edilizia, settore particolarmente esposto ai rischi climatici, e chiede che venga anticipata l’operatività delle integrazioni salariali per fronteggiare gli stop forzati dovuti al caldo estremo. Con questa doppia spinta, da parte sindacale e datoriale, il Protocollo quadro si candida a diventare un tassello di riferimento per una strategia di lungo periodo che metta al centro salute, produttività e adattamento climatico. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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