Impianto di recupero acqua piovana e riutilizzo: progettazione, dimensionamento e norme

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Una progettazione davvero sostenibile non può prescindere dal prevedere, oltre ad accorgimenti di efficienza energetica, anche un impianto di recupero e trattamento delle acque piovane o meteoriche.
Vediamo il panorama tecnico e legislativo esistente in materia di recupero acqua piovana.

Recupero acqua piovana: progetto e dimensionamento dell’impianto

 

Indice degli argomenti:

Dal 2009 il rilascio del permesso di costruire è subordinato, oltre che alla certificazione energetica dell’edificio, anche alle caratteristiche strutturali dell’immobile finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche. (articolo 1, comma 288, legge 244/2007).

La legge però, sprovvista dei provvedimenti attuativi, non permette un’applicazione netta e uniforme delle regole edilizie. Fortunatamente molte regioni hanno legiferato sul tema del risparmio idrico prevedendo, in alcuni casi, obblighi per le nuove costruzioni. In altre circostanze, si è invece puntato su un regime di tipo volontario incentivando, con contributi economici e agevolazioni, l’applicazione dei principi di bioedilizia.

L’acqua piovana, così come le acque grigie derivate dai lavaggi, come quelle di scarico di docce o vasche da bagno, lavabi, bidet, lavatrici, lavastoviglie, può essere recuperata e riutilizzata per coprire oltre la metà del fabbisogno di acqua potabile che viene normalmente usata in un’abitazione. Come? Attraverso un sistema di depurazione e riciclo che reimmette in circolazione le acque bonificate (con caratteristiche simili all’acqua distillata) che, prive di calcare non guasterebbero le apparecchiature sanitarie, consumando meno energia. Così facendo si ridurrebbe il fabbisogno di acqua potabile, con benefici immediati per l’ambiente e per le tasche.

L’acqua: una scarsa risorsa preziosa

Nel mondo oltre 1 persona su 4 (circa 2,2 miliardi di persone, soprattutto nei paesi poveri) non ha accesso a fonti d’acqua sicure e metà della popolazione mondiale (4,2 miliardi di persone) vive senza servizi igienico sanitari a causa di povertà e guerre. Sono dati allarmanti, che indicano l’urgenza di agire.

L’attuazione dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite nell’obiettivo 6 (Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari per tutti), presiede infatti al raggiungimento di molti altri obiettivi di sviluppo sostenibile.

 

L’acqua: una scarsa risorsa preziosa

 

L’accesso all’acqua potabile, così scontato per noi occidentali, non lo è altrettanto per molte popolazioni del mondo. I popoli antichi ben conoscevano il valore dell’acqua e da sempre si son adoperati per raccogliere e conservare le piogge.

Dagli antichi romani (sfruttavano l’impluvio dei tetti per convogliare le piogge in una grande vasca posta al centro della domus, nominata appunto impluvium) ai Trulli pugliesi (avevano un sistema simile: le acque meteoriche venivano però convogliate dai tetti a cono e attraverso dei canali celati nella muratura, arrivavano in una cisterna posta al di sotto del pavimento che, oltre ad essere usata direttamente per scopi idrici, aveva anche funzione di regolazione termoigrometrica), alle cisterne d’acqua autocostruite sparse tutt’ora in molte aree rurali del mondo, fino ad arrivare alle più recenti invenzioni architettoniche, come il Warka Water di Arturo Vittori, che riesce a catturare l’umidità contenuta nell’aria e, condensandola, la raccoglie sottoforma di acqua piovana.

impluvium di una domus romana e cisterna sotterranea di un trullo pugliese.
A sinistra: impluvium di una domus romana. A destra: la cisterna sotterranea di un trullo pugliese.

 

Se non bastassero gli approvvigionamenti idrici sempre più incerti e irregolari, i cambiamenti climatici aggraveranno la situazione nelle regioni già sottoposte a stress idrico, generando stress idrico anche in quelle regioni in cui le risorse sono attualmente abbondanti. L’utilizzo globale di acqua, già cresciuto di 6 volte negli ultimi cento anni, si stima che continuerà a crescere costantemente ad un tasso pari a circa l’1% annuo. La portata della sfida non ha precedenti. Una filiera dell’acqua efficiente e sostenibile potrebbe dare delle risposte immediate al problema. Il recupero delle acque meteoriche o il riutilizzo di quelle grigie garantirebbe un ingente risparmio idrico (almeno il 50%) per usi che non necessitano di acqua potabile, come lo sciacquone del wc, il bidet, il lavaggio del bucato, o ancora per l’irrigazione del giardino.

Italia prima in Europa per prelievo di acqua potabile

Con 9,2 miliardi di metri cubi, l’Italia detiene il primato tra i 27 Paesi dell’UE, per volume complessivo di acqua dolce prelevata ad uso potabile (dati Istat riferiti all’anno 2018). In termini procapite risulta invece seconda in Europa, con 153 metri cubi annui per abitante (il doppio della media europea), subito dietro la Grecia (157) e a grande distanza dai successivi paesi in graduatoria: Irlanda (128), Bulgaria (119) e Croazia (111). La maggior parte degli Stati membri (20 paesi su 27) ha prelevato tra 45 e 90 metri cubi di acqua dolce per persona.

prelievi acqua potabile paesi UE

 

Nel 2018, per garantire il livello di consumo, sono immessi in rete 8,2 miliardi di metri cubi, a fronte dei 4,7 erogati per usi autorizzati. La percentuale di perdite idriche totali della rete nazionale di distribuzione dell’acqua potabile è del 42%: ogni 100 litri immessi nel sistema, ben 42 non arrivano agli utenti finali. Per le cattive condizioni dell’infrastruttura idrica si disperdono 3,4 miliardi di metri cubi: 156 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo giornaliero pro capite di 215 litri (valore nazionale), le perdite potrebbero garantire le esigenze idriche per circa 44 milioni di persone l’anno.

Nel confronto tra le regioni italiane il divario è ampio e, tolta qualche eccezione (Friuli, Toscana) esiste la solita e netta distinzione geografica nord-sud. È infatti nel mezzogiorno che sono concentrate le perdite idriche maggiori, dalla Sicilia salendo fino all’Umbria, con in testa l’Abruzzo che totalizza ben il 55,6%. Le regioni più virtuose sono tutte localizzate nel nord del Paese, con la Valle d’Aosta che spicca per “appena” il 22,1 % di perdite nella rete.

Perdite idriche nelle regioni italiane
Perdite idriche nelle regioni italiane

 

Questo è un problema enorme, che evidenzia la necessità e l’urgenza di radicali interventi di rinnovamento sull’intera rete nazionale di approvvigionamento idrico, la gran parte di cui è ormai vecchia e fatiscente.

Il recupero delle acque meteoriche o piovane

Risparmio idrico e gestione sostenibile dell’acqua attraverso per esempio la raccolta di acqua piovana, sono pratiche sempre più importanti. Per capire come funziona un sistema per il corretto recupero delle acque piovane, leggi l‘articolo di Infobuild.it dedicato al tema.

A livello nazionale, la prima normativa che si occupa della questione è il D. Lgs. 152/1999 (o legge quadro sulle acque), concetti poi ripresi dal Dlgs 152/2006 o Codice dell’Ambiente. All’art. 98 (risparmio idrico): “Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all’eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili”.

L’acqua piovana, non potabile, per poter essere riutilizzabile per usi diversi dal consumo umano deve provenire dalle coperture degli edifici, tramite l’adozione di sistemi di captazione, filtro e accumulo.

In Italia il consumo procapite di acqua è stimato essere, escluse le perdite della rete idrica, in media pari a 215 litri al giorno (dati Istat relativi all’anno 2018), perlopiù attribuibili a scarico del wc (29%), doccia e igiene personale (30%).

Consumo medio di acqua potabile per abitazione in Italia

 

Di questi, almeno il 50% può essere sostituito con il recupero dell’acqua piovana ed il riutilizzo delle acque reflue per usi relativi a:

  • scarico del wc
  • pulizie domestiche
  • lavatrice
  • irrigazione giardino

Recupero acqua piovana: progetto e dimensionamento impianto

Il progetto di un impianto per il recupero e riutilizzo delle acque meteoriche, è regolato dalla norma UNI/TS 11445:2012 (“Impianti per la raccolta e utilizzo dell’acqua piovana per usi diversi dal consumo umano – progettazione, installazione e manutenzione”) che ricalca la normativa europea, in particolare quella tedesca DIN 1989 del 2002.

L’impianto va proporzionato rispetto all’apporto di acqua piovana e al fabbisogno di acqua, per far sì che sia bilanciato sotto l’aspetto economico che di efficienza. I criteri per il dimensionamento e calcolo dell’impianto, sono quindi essenzialmente due:

  • fabbisogno di acqua di servizio
  • apporto di acqua piovana

Il fabbisogno di acqua di servizio va calcolato tenendo conto della complessità dell’impianto, ed è direttamente proporzionale al numero di persone presenti (utenti) e alla quantità di apparecchiature da servire (irrigazione, wc, lavatrice, ecc…).

I possibili usi delle acque piovane di recupero
Uso delle acque piovane

 

L’apporto di acqua piovana è strettamente legato al contesto geografico, alla località dov’è ubicato l’edificio che ospiterà l’impianto di raccolta delle acque meteoriche.

  • precipitazioni medie annuali della località
  • dimensione (area) e tipologia della copertura captante

La norma UNI/TS 11445:2012 introduce criteri di dimensionamento specifici per le località italiane in base
alle caratteristiche pluviometriche.

Precipitazione media annua in Italia
Uso delle acque piovane

 

Stimato il valore delle precipitazioni annue, occorre valutare la quota percentuale di queste che possono venir catturate dal tetto dell’edificio. La normativa, in base alla tipologia di copertura (piana, a giardino, spiovente), ci restituisce un corrispondente coefficiente di deflusso, variabile da un minimo di 0,4 per il tetto verde a un massimo di 0,9 per il tetto spiovente a tegole levigate.

 

Coefficiente di deflusso delle acque piovane

 

Infine, occorre calcolare la superficie di raccolta della copertura. Questa sarà equivalente alla proiezione sul piano orizzontale del suo perimetro, indipendentemente dalla forma e complessità dell’edificio.

Esempi di calcolo della superficie captante delle acque piovane o meteoriche
Esempi di calcolo della superficie captante delle acque piovane o meteoriche (fonte: Sangale et al.)

 

Ora abbiamo tutti i dati a disposizione. Moltiplicando tra loro il valore delle precipitazioni, la superficie di raccolta ed il coefficiente di deflusso [(precipitazione media annua) x (superficie di raccolta) x(coefficiente di deflusso)] possiamo ottenere il valore dell’apporto di acqua piovana che assieme al fabbisogno di servizio – ci permetterà di dimensionare correttamente l’impianto. Per il calcolo del volume del serbatoio sarà poi utile tener conto del periodo secco medio (numero dei giorni in assenza di pioggia), generalmente considerato pari a 21 giorni. Il volume risultante sarà pari a [(volume utile medio)x(periodo secco medio)/(giorni dell’anno)].

Componenti del sistema di recupero delle acque piovane

Un impianto di recupero e riutilizzo delle acque meteoriche è generalmente costituito dai seguenti componenti base:

  • serbatoio
  • filtro
  • pompa
  • integrazione con acqua potabile e seconda rete di condotte
  • scarico di troppo pieno

 

Componenti di un impianto di recupero acque meteoriche
Schema di raccolta e utilizzo delle acque meteoriche (Fonte: Hafner E., Naturnahe Regenwasserbewirtschaftung, 2000; modificato)

 

I filtri hanno la funzione di purificare l’acqua dalle impurità ivi contenute dovute in buona parte all’inquinamento e ai detriti che incontra dal momento in cui tocca il tetto fino ad arrivare nel serbatoio di raccolta. A seconda dell’utilizzo dell’acqua raccolta, il sistema può essere più o meno complesso e costituito da più elementi. Può essere assente se lo scopo del riuso è esclusivamente l’irrigazione del giardino.

Ma se il recupero delle acque piovane è anche per uso domestico (wc e lavatrice), l’impianto può essere dotato, oltre che di serbatoio di accumulo e by-pass per troppo pieno, di filtro a cestello estraibile per grigliatura in PVC, elettropompa centrifuga sommersa per la distribuzione dell’acqua, inverter di comando, filtro multi-stadio, debatterizzatore con lampada a raggi UV per la disinfezione e sistema di reintegro dell’acqua di rete.

Impianto di raccolta delle acque piovane (Sistema Riusa Plus REDI)
Impianto di raccolta delle acque piovane (Sistema Riusa Plus REDI)

 

I filtri possono essere installati direttamente sul pluviale, nel serbatoio, oppure in una centralina di filtraggio.

Esistono del tipo:

  • Anti foglie
  • Autopulente
  • Non Autopulente

Filtri impianto raccolta e riuso acque piovane

 

Per le tubazioni, il materiale più diffuso è il tubo in ferro zincato anche se i materiali sintetici  gerberit, polietilene, pvc, polipropilene -, che non temono la ruggine e sono facili da lavorare, hanno ormai invaso il mercato del settore.

Serbatoi di raccolta: interni, interrati o esterni

I serbatoi per l’accumulo delle acque piovane hanno generalmente una capienza che oscilla tra i 1.000 ed i 10 mila litri. La forma più diffusa è quella cilindrica poiché consente, a parità di superficie esposta all’aria, di contenere più acqua. I serbatoi sono solitamente realizzati in polietilene ad alta densità (HDPE o PE-HD), materiale riciclabile che rispetta le normative circa lo stoccaggio di acque destinate al consumo umano ma possono essere anche fatti di acciaio o cemento.

Impianto di riciclo acque Redi
Impianto di riciclo acque Redi

 

In base alla posizione rispetto all’edificio, i serbatoi per la raccolta delle acque piovane si distinguono in:

  • interrati
  • esterni
  • interni

Un serbatoio interno all’edificio deve prevedere un locale apposito nell’abitazione, ma godrà di vantaggi quali la facilità di installazione e l’immissione in circolo. Un serbatoio interrato invece, prevede costi e consumi maggiori dovuti all’uso di pompe, tipicamente ad immersione, di sollevamento dell’acqua.

Aspetti normativi, bonus e agevolazioni fiscali

Per quanto riguarda gli aspetti normativi legati alla realizzazione di impianti di recupero della acque meteoriche, l’art. 96 comma 4 del D.Lgs.n.152/06, prevede che “La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici ad uso civile o industriale è libera e non richiede licenza o concessione di derivazione d’acqua, pur rimanendo la realizzazione dei relativi manufatti regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni delle zone sismiche, di dighe e sbarramenti ed a altre leggi speciali”.

Gli impianti di raccolta delle acque piovane sono compresi tra gli impianti idrosanitari domestici (DM 37/08).

La progettazione è regolata dalle seguenti normative:

  • UNI/TS 11445:2012 – Impianti per la raccolta e utilizzo dell’acqua piovana per usi diversi dal consumo umano – Progettazione, installazione e manutenzione
  • UNI 10724:2004. Sistemi di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche. Istruzioni per la progettazione e l’esecuzione con elementi discontinui
  • UNI EN 120563:2001 Sistemi di scarico funzionanti a gravità all’interno degli edifici. Sistemi per l’evacuazione delle acque meteoriche, progettazione e calcolo.

Il Superbonus 110%, allo stato attuale, non prende in considerazione i sistemi di recupero e riuso delle acque domestiche (piovane o grigie). Il massimo che il Governo ha saputo fare rispetto al tema è il neonato bonus idrico, un contributo di 1.000 euro per la sostituzione di vasi sanitari con apparecchi a scarico ridotto, rubinetteria sanitaria, soffioni e colonne doccia con apparecchi a limitazione di flusso.

Peccato perché una vera riqualificazione edilizia, una progettazione sostenibile attenta all’ambiente non può prescindere dal prendere in considerazione, oltre all’efficienza energetica, anche gli aspetti legati al risparmio idrico.

Acqua, energia e rifiuti (tra cui l’amianto) sono componenti essenziali dell’economia circolare, di edifici NZEB costruiti secondo i più rigorosi principi della bioedilizia, la chiavi di volta per il raggiungimento di un impatto zero nel settore delle costruzioni, in prospettiva del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 dell’Unione Europea. Speriamo che questa ed altre voragini normative (come la bonifica dell’amianto), vengano presto recepite in un provvedimento ad hoc e strutturale su scala nazionale.


Per approfondire:

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