Spese condominiali, ai morosi si può sospendere l’acqua. Anche se il contatore è in casa

Ai soggetti che non pagano le spese condominiali da più di sei mesi si può sospendere l’acqua. Anche se è necessario entrare in casa per mettere i sigilli.

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Spese condominiali, ai morosi si può sospendere l’acqua. Anche se il contatore è in casa

L’amministratore di condominio può chiudere le valvole dell’acqua ai condomini morosi: non è necessario il via libera dell’assemblea. A prevederlo è una recente ordinanza del Tribunale di Perugia (la numero 1036/2025) attraverso la quale è stato autorizzato l’accesso in casa per chiudere definitivamente i rubinetti dell’acqua ad un condomino che non pagava le spese da sei mesi.

Una delle pratiche più delicate da gestire all’interno di un condominio sono quelle legate alle morosità, dovendo bilanciare i diritti dei singoli individui e una sana gestione economica dell’intero complesso. Per semplificare in parte le pratiche connesse alle morosità, il Codice Civile – nello specifico l’articolo 63 – permette agli amministratori di muoversi in modo autonomo: non sono necessarie delle delibere assembleari per prendere una decisione o il via libera di un giudice. È possibile sospendere i servizi ai condomini morosi, la cui insolvenza sia superiore ai sei mesi.

Questo è quanto previsto sulla carta: ma materialmente la sospensione come deve avvenire? L’ordinanza perugina è servita a bilanciare il diritto del credito del condominio e l’inviolabilità del domicilio, laddove sia obbligatorio entrare nella casa del condomino moroso per bloccare l’acqua. Siamo davanti ad un precedente molto importante, destinato a risolvere i problemi di molti professionisti che si trovano nella stessa situazione.

Quali sono i poteri dell’amministratore

Figura cardine nella gestione delle pratiche condominiali è indubbiamente l’amministratore, al quale – l’articolo 63, comma 3, del Codice Civile – attribuisce poteri chiari e ben definiti.

Nella norma appena citata si legge che:

“In caso di morosità, che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato“.

L’amministratore, in altre parole, ha un potere-dovere di autotutela, che deve essere esercitato a beneficio del condominio e che tutela, allo stesso tempo, anche i condomini virtuosi. La normativa, ad ogni modo, ha posto due condizioni oggettive da rispettare:

  • la morosità deve aver superato almeno sei mesi;
  • i servizi da sospendere devono essere suscettibili di godimento separato.

Tra questi rientrano l’utenza dell’acqua calda, il riscaldamento o l’uso della piscina, che sono dei servizi distinguibili molto facilmente. Discorso diverso si deve fare per l’ascensore o la pulizia delle scale, che sono indivisibili.

Indubbiamente l’aspetto più importante che è stato messo in luce dal Tribunale di Perugia è l’autonomia decisionale dell’amministratore, che ha la possibilità di procedere senza la necessità di ottenere l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Questo significa che non è necessario avviare una causa ordinaria per ottenere il permesso di staccare definitivamente le utenze, ma si deve assumere completamente ed interamente la responsabilità della ricorrenza dei presupposti.

In altre parole, nel momento in cui dovesse staccare le utenze quando la morosità non dovesse essere effettivamente superiore ai sei mesi o dovesse sospendere dei servizi non separabili, ne risponde in prima persona.

L’ostacolo fisico dell’impianto di centralizzato

Le basi giuridiche del caso analizzato a Perugia sono proprio questa norma. È stato presentato un ricorso per un provvedimento d’urgenza: un condominio ha dovuto fronteggiare una situazione debitoria pesante, determinata da un soggetto moroso da oltre sei mesi.

L’amministratore aveva intenzione di avvalersi della facoltà di sospendere i servizi di acqua calda sanitaria e di riscaldamento. Un impedimento di natura fisica e tecnica glielo impediva: gli impianti, pur essendo centralizzati, erano strutturati in modo tale che le singole derivazioni – stiamo parlando delle valvole e dei contatori che permettono di interrompere il flusso verso le singole utenze – sono state installate all’interno degli appartamenti privati.

I tecnici incaricati e l’amministratore non potevano agire materialmente sulle prese dell’acqua e del riscaldamento per interrompere l’afflusso, perché per farlo avrebbero dovuto entrare all’interno dell’immobile della debitrice.

La richiesta presentata al giudice

La condomina si è rifiutata esplicitamente di far accedere il personale – ed è rimasta contumace nel procedimento -, il condominio si è quindi rivolto al giudice con un ricorso d’urgenza.

La richiesta presentata in Tribunale da parte del condominio non è stata quella di sospendere il servizio, dato che questo diritto spettava già per legge. Ha chiesto un’ordinanza del giudice per superare l’ostacolo fisico rappresentato dall’inviolabilità del domicilio privato, in modo da esercitare un diritto già sancito.

Il condominio ha messo in evidenza che sussistono i due requisiti previsti dalla legge:

  • la morosità che si perpetrava da sei mesi;
  • il rischio di insolvenza del condominio verso il fornitore esterno, che avrebbe portato ad un danno grave, imminente e collettivo.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di Perugia, che ha constatato la regolarità della notifica, ha accolto il ricorso del condominio.

Per il caso preso in esame il giudice, come prima cosa, ha ribadito che non fosse in discussione il diritto a provvedere al distacco temporaneo dai servizi suscettibili di godimento separato: un diritto che non ha bisogno di alcuna autorizzazione.

Al centro della decisione c’è la necessità di ottenere l’autorizzazione ad accedere alla proprietà per poter sospendere il servizio: il Tribunale ha ritenuto l’intervento urgente e necessario. Il motivo della decisione si è basato sulla gravità della situazione debitoria.

L’intervento per sospendere l’erogazione si è reso necessario per limitare l’accrescimento del danno, che coinvolgerà anche gli altri condomini. Il giudice ha spiegato che l’intervento mira a scongiurare che: “In esito all’aumento dell’esposizione debitoria, i restanti condòmini fossero chiamati a rispondere del dovuto”.

Per tutelare chi paga regolarmente le spese condominiali, il Tribunale di Perugia ha quindi emesso un ordine perentorio, con il quale intima alla condomina di permettere immediatamente all’amministratore di accedere al suo immobile.

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