Tecnologia e innovazione in edilizia: occorre aprirsi alla digitalizzazione e all’inclusione 21/07/2025
A cura di: Adele di Carlo In Italia l’abusivismo edilizio è un problema da non prendere sotto gamba, trattandosi di un fenomeno diffuso e radicato con pesanti conseguenze economiche e ambientali. Si parla di abuso edilizio quando viene realizzata una costruzione o un intervento senza il titolo abilitativo previsto dalla legge. Questo comportamento è rilevante su due piani distinti: sul piano amministrativo, si parla in questi casi della commissione di un illecito al quale, di norma, consegue una sanzione pecuniaria di un vero e proprio reato rilevante dal punto di vista penale Come per gli altri reati, anche gli abusi edilizi cadono in prescrizione – quindi diventano non più penalmente perseguibili – dopo il trascorrere di un certo lasso di tempo. Il numero di anni necessario dipende dal tipo di abuso e dalla sua gravità. Caso a parte per le fattispecie che rientrano nei condoni edilizi o nelle sanatorie che, periodicamente, sono emesse dal governo per regolarizzare le irregolarità edilizie. Ultimo, in ordine cronologico, il decreto Salva Casa che ha ridisegnato alcune fattispecie, eliminando, ad esempio, il criterio della “doppia conformità”. Quando si verifica un abuso edilizio Come anticipato, affinché si possa parlare di “abuso edilizio” deve esserci stata la violazione alle norme edilizie e urbanistiche in vigore, ad esempio il mancato rispetto dell’ordinanza di demolizione, della distanza minima tra edifici e altro ancora. Le sanzioni per gli abusi edilizi si trovano all’interno del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/01) il quale prevede sia sanzioni penali che amministrative. Ad esempio si applica l’ammenda di 10.329 euro per la violazione di norme e prescrizioni esecutive e c’è l’arresto fino a 2 anni per interventi eseguiti senza il permesso di costruire o totalmente difformi al progetto presentato. Dal punto di vista amministrativo, invece, i Comuni in cui avviene l’abuso possono ordinare il ripristino dello stato originale entro 90 giorni. In caso contrario, l’area interessata dall’abuso può essere acquisita dal Comune stesso. Dopo quanti anni un abuso va in prescrizione? Ad ogni reato corrisponde un certo periodo per la prescrizione, in base alla sua gravità. Per i reati in campo edilizio i termini di prescrizione variano dai 4 anni (per gli abusi meno critici) fino a 7 anni e mezzo. Tali termini si estendono in presenza di atti interruttivi della prescrizione come il decreto di citazione a giudizio, la sentenza di condanna e l’ordinanza di applicazione delle misure cautelari. Ma qual è il momento a partire dal quale la prescrizione inizia a decorrere? Lo ha definito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7404/2021: Il reato urbanistico ha natura di reato permanente, la cui consumazione ha inizio con l’avvio dei lavori di costruzione e perdura fino alla cessazione dell’attività edificatoria abusiva (Sez. U, n. 17178 del 27/2/2002). Si è poi precisato (Sez. 3, n. 38136 del 25/9/2001) che la cessazione dell’attività si ha con l’ultimazione dei lavori per completamento dell’opera, con la sospensione dei lavori volontaria o imposta (ad esempio, mediante sequestro penale) o con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo l’accertamento del reato e sino alla data del giudizio (Sez. 3, n. 29974 del 6/5/2014). Dunque la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui l’abuso è stato commesso; nei casi in cui, invece, fosse complesso risalire a questo termine, è rilevante il momento in cui le autorità accertano la presenza dell’abuso edilizio. E la sanzione amministrativa? Contrariamente alle sanzioni penali, quelle amministrative non cadono in prescrizione. Vuol dire che l’ente competente può applicare le sanzioni senza limiti temporali. Tra le sanzioni amministrative c’è l’ordine di demolizione delle opere abusive; questa non si può evitare a meno che non intervenga una sanatoria ad hoc. In altre parole il Comune può ordinare la demolizione delle opere abusive anche se l’abuso è caduto in prescrizione dal punto di vista penale. Tuttavia, come stabilito dal Tar Campania nella sentenza 532/2009, l’ordine di demolizione deve essere giustificato da ragioni di pubblico interesse. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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