Amazzonia di Sebastião Salgado alla Fabbrica del Vapore: un viaggio sensoriale nella foresta del mondo 

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Tra le esperienze museali più significative degli ultimi anni, la mostra “Amazzonia” di Sebastião Salgado, allestita alla Fabbrica del Vapore di Milano, rappresenta un caso esemplare di come il design espositivo contemporaneo possa farsi strumento di racconto, emozione e coscienza.

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Amazzonia di Sebastião Salgado alla Fabbrica del Vapore: un viaggio sensoriale nella foresta del mondo 

Un caso studio di design museale immersivo e sostenibile 

 Lontana dalla staticità delle esposizioni tradizionali, Amazzonia si presenta come un vero e proprio viaggio immersivo: non una semplice visita, ma un attraversamento sensoriale in un ecosistema fragile e meraviglioso, mediato attraverso la forza visiva della fotografia e il coinvolgimento di tutti i sensi. 

Questa esposizione costituisce un laboratorio ideale per chi si occupa di progettazione museale, architettura effimera e curatela digitale. Un caso da analizzare in profondità, soprattutto nell’ambito del corso Digital Museum Exhibition Design di GoPillar Academy, in cui si affrontano proprio le sfide e le potenzialità del linguaggio espositivo contemporaneo. 

Un contenuto potente, una forma coerente 

Il protagonista assoluto della mostra è il lavoro fotografico del maestro brasiliano Sebastião Salgado, che ha trascorso oltre sei anni all’interno della foresta amazzonica per documentarne la bellezza, la biodiversità, ma anche la vulnerabilità. Oltre 200 immagini in bianco e nero, disposte in grandi formati lungo un percorso articolato, mostrano paesaggi incontaminati, ritratti profondi di popoli indigeni, animali selvatici, rituali ancestrali. 

Ciò che distingue Amazzonia da molte altre mostre fotografiche è la cura estrema dell’allestimento, pensato per dare corpo e vita alle immagini. Le fotografie non sono semplicemente appese: fluttuano nello spazio, emergono dal buio, avvolgono il visitatore. Ogni dettaglio progettuale – dalla disposizione spaziale all’illuminazione, dal suono ambientale ai materiali espositivi – è stato studiato per tradurre la potenza visiva dell’opera in un’esperienza fisica, coinvolgente, emotiva. 

La mostra non si limita a documentare: immerge

Amazzonia di Sebastião Salgado alla Fabbrica del Vapore

Lo spazio come medium narrativo 

Uno dei punti di forza del progetto è l’utilizzo della Fabbrica del Vapore come contenitore espositivo. Ex complesso industriale nel cuore di Milano, la Fabbrica è uno spazio grezzo, modulare, con ampie campate, strutture metalliche a vista, pareti neutre. Un ambiente non convenzionale, che si presta perfettamente a un allestimento immersivo e flessibile. 

I curatori hanno saputo trasformare questo spazio industriale in una sorta di “foresta espositiva”. L’ambiente, mantenuto in penombra costante, è ritmato da pareti mobili e supporti neri, che sembrano sparire nell’oscurità. Il percorso si snoda in modo non lineare: ci si muove tra le fotografie come ci si muoverebbe tra alberi, radure, corsi d’acqua. Non c’è una sola direzione, ma una continua scoperta. 

Questa struttura favorisce un coinvolgimento attivo del pubblico, che diventa esploratore, attraversando sezioni dedicate ai paesaggi, ai popoli, agli animali, in un crescendo narrativo che porta lo spettatore dalla contemplazione all’empatia. 

Fotografia, luce e suono: un ecosistema sensoriale 

Il tratto distintivo di Amazzonia è l’interazione tra immagine, luce e suono. In una mostra in cui il colore è assente – tutto è rigorosamente in bianco e nero – la luce assume un ruolo cruciale. Ogni fotografia è illuminata con precisione chirurgica: fasci di luce d’accento mettono in risalto dettagli, volti, linee del paesaggio. Il resto dello spazio è lasciato in ombra, creando una tensione visiva costante tra pieno e vuoto, visibile e invisibile. 

Questa scelta non solo enfatizza il dramma e la profondità delle immagini, ma simula anche le condizioni della foresta amazzonica stessa, dove la luce filtra attraverso la vegetazione in modo intermittente, rivelando e nascondendo. È una luce narrativa, che guida la lettura visiva e suggerisce significati emotivi. 

A completare l’esperienza, una colonna sonora immersiva composta da Jean-Michel Jarre: una sinfonia ambientale costruita con registrazioni autentiche dei suoni dell’Amazzonia – canti di uccelli, scrosci d’acqua, ruggiti, vento – intrecciati a tessiture elettroniche ipnotiche. L’audio è diffuso in modo calibrato in tutto lo spazio, accompagnando il pubblico senza mai sovrastare le immagini. 

Il risultato è un vero ambiente sensoriale integrato, dove vista e udito lavorano insieme per generare un senso di presenza, di contatto con un mondo distante ma vitale. 

Educazione, accessibilità e inclusione 

Sebbene il tema ambientale sia al centro della mostra, Amazzonia non è solo una denuncia: è anche uno strumento educativo potente. L’esperienza è pensata per tutti, con una particolare attenzione all’inclusività e all’accessibilità. Le fotografie, pur parlando un linguaggio visivo universale, sono accompagnate da testi chiari e sintetici, disponibili anche in formato digitale. Le soluzioni espositive sono accessibili anche a persone con disabilità motorie, e il percorso non presenta barriere fisiche. 

Inoltre, l’uso del suono e dell’ambientazione rende la mostra fruibile anche da persone con disabilità visive, grazie a un coinvolgimento multisensoriale che va oltre la vista. È un esempio virtuoso di come la tecnologia museale e il design sensibile possano abbattere i confini dell’esclusione culturale. 

Un progetto sostenibile e replicabile 

Un altro aspetto rilevante riguarda la sostenibilità del progetto. Amazzonia è stata concepita fin dall’inizio come mostra itinerante: l’intero allestimento è modulare, smontabile, leggero, facilmente adattabile a diversi spazi espositivi. I materiali utilizzati sono in gran parte riciclati e riciclabili, le fonti luminose a LED a basso consumo, le stampe prodotte in modo sostenibile. 

Ciò rende la mostra ecologicamente coerente con il messaggio che veicola: la salvaguardia della biodiversità, la denuncia della deforestazione e la necessità di uno sguardo rispettoso verso la natura. 

In più, la trasversalità del contenuto – tra arte, scienza, antropologia, ambiente – la rende replicabile in contesti culturali diversi, contribuendo a diffondere un messaggio globale con un linguaggio locale. 

Amazzonia di Sebastião Salgado

Conclusioni: la mostra come esperienza totale 

Amazzonia di Sebastião Salgado è molto più di una mostra fotografica. È un racconto sensoriale, un dispositivo educativo, un esempio di progettazione museale integrata. Un caso studio ideale per chi si forma nel campo dell’exhibit design, dell’allestimento museale e della comunicazione culturale. 

Attraverso la sinergia di elementi spaziali, visivi e acustici, e una progettazione curata fin nei minimi dettagli, Amazzonia dimostra che la mostra può trasformarsi in esperienza totale: un viaggio, una riflessione, un’azione culturale. 

Per gli studenti e i professionisti che seguono il corso di GoPillar Academy, rappresenta un esempio concreto di come teoria e pratica possano incontrarsi per produrre un linguaggio espositivo innovativo, efficace e soprattutto capace di toccare le coscienze. 

Diventa protagonista del cambiamento nel mondo museale 

Se sei un professionista dell’architettura, del design, della comunicazione culturale o della curatela, e desideri portare le tue competenze nel futuro del settore museale, il corso Digital Museum Exhibition Design di GoPillar Academy è pensato per te. 

Attraverso un percorso formativo completo, pratico e aggiornato, imparerai a progettare mostre immersive, accessibili e multimediali, in linea con le sfide e le opportunità del panorama culturale contemporaneo. Dalla psicologia della percezione sensoriale fino alle tecnologie emergenti per installazioni interattive, ogni modulo è costruito per darti strumenti concreti, immediatamente spendibili nel mondo del lavoro. 

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