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Indice degli argomenti Toggle L’importanza vitale del suoloIl degrado del suolo in EuropaIl suolo in Italia: dall’appello dimenticato di Einaudi a oggiSoluzioni contro il declino del suolo, in Europa e in Italia Siamo abituati a pensare al suolo come a «una superficie piatta e senza vita». Non è così: «è un volume che dovremmo propriamente chiamare corpo. La maggior parte delle funzioni vitali e generative del suolo stanno in appena trenta centimetri sotto i nostri piedi, quando non poggiano sull’asfalto», scrive Paolo Pileri nel suo recente libro “Dalla parte del suolo. L’ecosistema invisibile” (Editori Laterza), che rileva l’estrema importanza per il pianeta Terra e, soprattutto, per noi esseri umani, di quei trenta centimetri di suolo da cui dipende tutta la vita sulla terra, 30 cm equivalenti allo 0,0015%, «praticamente un nulla, una polvere fragile da tutelare con ogni forza». Eppure, questo ecosistema ricchissimo di vita (il 30% della biodiversità del Pianeta è nei primi 30 cm di suolo) è fondamentale per la nostra vita, per la nutrizione, per il clima. Tutto questo immenso valore presupporrebbe una strenua tutela globale, come già evidenziato dal Goal 15. Invece, non è così: il suolo è minacciato a livello mondiale. In Europa la situazione è allarmante. Pochi giorni fa è stato presentato all’EU Soil Observatory Stakeholder Forum, il rapporto State of Soils in Europe, che valuta lo stato del degrado del suolo nell’UE e in altri paesi dello Spazio economico europeo (comprendendo Ucraina, Turchia e Balcani occidentali). Il documento rileva un degrado del suolo in netto peggioramento negli ultimi anni. Un esempio: si stima che l’erosione complessiva del suolo ammonti a un miliardo di tonnellate all’anno in tutta l’UE. Attualmente, circa un quarto (24%) dei suoli dell’UE è interessato dall’erosione idrica, principalmente nei terreni coltivati, con proiezioni che fanno riferimento a un possibile aumento del 13-25% entro il 2050. L’importanza vitale del suolo Occorre ripartire dal suolo e dalla sua importanza di prezioso ecosistema. Proprio Paolo Pileri (docente di Usi del suolo ed effetti ambientali al Politecnico di Milano) annota nel suo libro che il suolo è un ecosistema fecondo di vita: solo i batteri del suolo e in parte del sottosuolo ammonterebbero a 15-23 miliardi di tonnellate. A livello globale, la lunghezza delle ife micorrize (combinazioni del micelio di un fungo con la radice di una pianta) nei primi 10 cm di suolo “è pari a circa metà della ampiezza della nostra galassia”. Inoltre, lo spessore più superficiale di suolo (topsoil) è il luogo più affollato della Terra: 1,5 kg di vita per metro quadro. “In un paio di grammi di suolo sano ci sono più di 9 miliardi di unità di vita”. Tra l’altro, dei miliardi di miliardi di batteri che vivono là sotto, conosciamo sì e no il 10% e poco meno della metà di quel 10% siamo riusciti a decifrarlo scoprendone funzioni e benefici. Oltre che un potenziale deposito di farmaci salva vita, il suolo assicura il 99% del cibo a tutti. Non bastassero questi motivi, si aggiunga il suo enorme valore dal punto di vista climatico. «Il primo metro di suolo è la più grande riserva di carbonio nella biosfera terrestre: 1700 Gigatonnellate, ovvero miliardi di tonnellate, una quantità pari a quattro volte quella che troviamo nella vegetazione, almeno due volte di più di quanto c’è in tutta l’atmosfera e 160 volte maggiore dell’attuale emissione di carbonio da fonti antropogeniche». Il suolo, quindi, riveste un ruolo chiave nel contenere il surriscaldamento del pianeta. Malgrado tutto, valutiamo questo prodigioso patrimonio molto poco: a livello mondiale, alla salvaguardia della biodiversità naturale è dedicato solo lo 0,002% del PIL globale. Il degrado del suolo in Europa I terreni sani devono essere al centro del Green Deal europeo. Lo scrivono gli oltre 90 autori che hanno collaborato alla stesura del report State of Soils in Europe che hanno messo in luce come il degrado del suolo in Europa sia allarmante. Con oltre il 60% dei suoli nell’UE sottoposti a processi di degrado, «la posta in gioco è alta, con impatti sulla sicurezza alimentare, sui servizi ecosistemici e sulla salute umana». Il 74% dei terreni agricoli in Europa è interessato da squilibri nutrizionali. Anche il degrado delle torbiere è preoccupante. Queste zone umide sono pozzi di carbonio essenziali: assorbono i gas serra dall’atmosfera e li immagazzinano, contribuendo a mitigare il cambiamento climatico. Si stima che il 50% delle torbiere nell’UE oggi sia degradato, in molti casi in maniera irreparabile. «Fuori dall’UE, la situazione è altrettanto disastrosa, in particolare in Ucraina, dove le attività militari hanno causato una grave distruzione del suolo». Anche l’urbanizzazione e lo sviluppo delle infrastrutture hanno lasciato un segno tangibile sui modelli di utilizzo del suolo. Tra il 2012 e il 2018, l’occupazione di suolo nell’UE-27 e nel Regno Unito è aumentata di 3581 kmq, (una superficie più che doppia a quella del parco nazionale dello Stelvio, il parco alpino più grande d’Italia). Inoltre, l’impermeabilizzazione del suolo è aumentata di 1 467 kmq, rappresentando il 23% del territorio e interessando il 75% della popolazione, principalmente a scapito di terreni coltivati e pascoli. Il suolo in Italia: dall’appello dimenticato di Einaudi a oggi Veniamo all’Italia. Già nel 1951 l’allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, dopo essersi recato a visitare le terre colpite dall’alluvione del Polesine e dare segno di vicinanza alla popolazione colpita, scrisse un discorso pubblico al presidente del Consiglio Alcide de Gasperi, mettendo in rilievo la necessità di tutelare il suolo nazionale. Nell’occasione, rilevò che «il problema massimo dell’Italia agricola è la difesa, la conservazione e la ricostruzione del suolo del nostro Paese contro la progressiva distruzione che lo minaccia». Proprio per fornire una maggiore importanza alla tutela del suolo auspicò che la direzione generale delle foreste prendesse il nome di direzione generale della conservazione del suolo e delle foreste. L’appello passò inascoltato e così il suolo italiano è rimasto troppo spesso nell’oblio, vittima di un progressivo degrado. Scrive ancora Pileri che una caratteristica peculiare del suolo è che è lento a crescere: «per 10 centimetri occorrono duemila anni. Per farlo morire sotto la pala di una ruspa bastano tra i 5 e i 10 secondi». Di colpi di pale e ruspe ce ne sono stati parecchi negli anni. Solo tra il 2006 e il 2022 i cantieri hanno pesato per il 20,6% del consumo totale di suolo. Il consumo di suolo dovuto a logistica e alla grande distribuzione organizzata è stato pari a 121.646 ettari tra i 2006 e il 2022. Ci sono poi gli interventi impattanti dovuti alle grandi infrastrutture: si consideri che il nostro Paese conta 2,3 km di autostrade ogni 100 chilometri quadrati, un tasso superiore a quello della Francia, che è ben più grande dell’Italia. Il nostro è il Paese più a rischio d’Europa per frane e alluvioni, eppure è al quinto posto tra i peggiori Paesi d’Europa per consumo di suolo (Eurostat, 2017). Non solo: ha uno dei tassi medi di perdita annuale di suolo più elevati in Europa, pari a 7,4 tonnellate per ettaro all’anno (fonte: Alliance of Bioversity International e CIAT da dati FAO). Certi disastri che si stanno palesando solo negli ultimi mesi sono legati a una mala gestione del territorio e alla sua progressiva cementificazione. Ricorda il docente del Politecnico che «la Romagna nelle zone faentine è tutta area alluvionale, eppure hanno costruito fino al giorno prima dell’alluvione. Nelle Marche, il 38% dell’urbanizzato si trova in aree a elevata pericolosità idraulica, eppure si è continuato a costruire anche nelle aree che poi sono state allagate. In Campania, 94,67 ettari sono stati edificati in aree a pericolosità di frana nel solo periodo 2021-2022». Persino nell’approvazione del PNRR non c’è attenzione alla cura del suolo. I governi «continuano a umiliare le VIA (Valutazioni di impatto ambientale), scontandole, di fatto, a tutti gli interventi previsti dal PNRR, in nome della velocizzazione delle opere». Soluzioni contro il declino del suolo, in Europa e in Italia La difesa del suolo deve essere affrontata subito e bene. A partire da valutazioni, monitoraggi e indicatori che costituiscono «strumenti irrinunciabili per correggere le rotte distorte», rammenta il docente del Politecnico. Non è un caso che la Commissione UE continui a insistere proponendo una direttiva sul monitoraggio del suolo. «Se la direttiva suoli ha fallito nel 2016, una strada alternativa potrebbe essere quella di definire un regolare e accurato metodo di monitoraggio il più possibile uguale per tutti». La direttiva propone i soil districts, «per spezzare il catenaccio politico per il quale l’uso del suolo è materia esclusiva di perimetrazioni amministrative che nulla hanno a che dare con il comportamento ecologico dei suoli e con le loro fragilità. (…) Sono anche previste nuove autorità di monitoraggio del suolo, sganciate dalle politicizzate regioni. Una novità assoluta per l’Italia dove le agenzie ambientali subiscono influenze partitiche che finiscono per rallentarne l’efficacia e sminuirne il ruolo». Serve, soprattutto, un grande programma nazionale di stop al consumo di suolo, facendo leva sul recupero del patrimonio edificato non utilizzato. I numeri per provarci ci sono. Nella sola Lombardia, per esempio, si potrebbe smettere di consumare per 3,7 anni, in Liguria addirittura per 14,5 anni. Seppure «molti di quegli immobili non soddisfano i requisiti della domanda attuale, rimane il fatto che la sproporzione di qui rapporti numerici è talmente alta che non ci si può sottrarre dall’aprire una seria riflessione», conclude Pileri. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento