Abusi edilizi, le ultime della Cassazione su sanatoria e doppia conformità

Non tutti gli abusi edilizi portano alla demolizione, in alcuni casi è percorribile la via del permesso di costruire in sanatoria: la Cassazione specifica i requisiti in una recente sentenza.

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Abusi edilizi, le ultime della Cassazione su sanatoria e doppia conformità

L’abusivismo è un fenomeno molto diffuso nel nostro Paese, per il quale esistono diverse vie – legali – per evitare la demolizione definitiva del fabbricato.

Il requisito imprescindibile, tuttavia, è che il richiedente versi i corrispettivi previsti dal Comune per i permessi mancanti e paghi la relativa sanzione.

Esiste poi un altro requisito fondamentale per evitare la demolizione, ovvero la doppia conformità. Gli organi giurisdizionali, in più occasioni, si sono pronunciati sul tema: una delle sentenze più recenti e rilevanti sull’argomento è la n. 544 dell’11 gennaio 2023; in questa sede la Corte di Cassazione ha analizzato il caso di un abuso edilizio per il quale il ricorrente aveva presentato la richiesta di accertamenti in conformità al Comune.

Abusi edilizi, cos’è e come funziona il permesso di costruire in sanatoria

Tema centrale della sentenza della Cassazione è il permesso di costruire in sanatoria, una procedura introdotta nel 2001 allo scopo di regolarizzare alcune tipologie di abusi edilizi. La sanatoria si applica solo ed esclusivamente ai fabbricati che risultano in regola con le normative urbanistico-edilizie vigenti ma non è una soluzione percorribile in caso di edifici costruiti in aree protette o soggette a vincoli.

Un elemento fondamentale per confermare la sanatoria – più volte precisato dalla Cassazione de altri organi giurisdizionali – è la “doppia conformità“: vuol dire che l’immobile deve essere in regola con le norme vigenti al momento della sua realizzazione e con quelle in vigore al momento della richiesta.

In poche parole, nel nostro ordinamento la sanatoria è possibile solo quando un certo edificio, anche se privo di autorizzazioni al momento della sua costruzione, può essere regolarizzato se rispetta la “doppia conformità”. Altrimenti la legge prevede la demolizione.

La sanatoria non va confusa con il condono edilizio, quest’ultimo infatti è possibile solo in seguito ad una legge ad hoc.

La sanatoria per un abuso edilizio richiedere un certo iter burocratico:

  • la domanda va presentata prima che l’abuso diventi definitivo;
  • bisogna pagare il contributo di costruzione al Comune più la sanzione (di solito pari al doppio del contributo richiesto).

Ricapitolando, un certo immobile può essere regolarizzato solo se conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione e al momento della presentazione della domanda e solo se il richiedente versi, a titolo di oblazione, il contributo di costruzione in misura doppia.

Abusi edilizi e sanatoria: cosa dice l’ultima sentenza della Corte di cassazione

Le norme che disciplinano gli abusi edilizi e la loro sanatoria sono molto complesse, per questo motivo nel corso degli anni si sono susseguite sull’argomento diverse sentenze della Corte di Cassazione. Ultima in ordine cronologico la n. 544 dell’11 gennaio 2023: in questa sede la Corte suprema ha analizzato il caso di un abuso edilizio per il quale il ricorrente aveva presentato la richiesta di accertamenti in conformità al Comune.

Abusi edilizi e sanatoria: cosa dice l’ultima sentenza della Corte di cassazione

La richiesta, tuttavia, non era stata accolta a causa della mancanza di un requisito: la doppia conformità, ovvero la conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia al momento di presentazione della domanda o SCIA.

Da qui la contestazione del ricorrente, secondo il quale il Comune coinvolto avrebbe sancito la conformità dell’immobile al “Piano Regolatore Generale”, approvato il 15 marzo 2017, che invece sarebbe stato realizzato in data successiva.

I reati paesaggisti e la normativa antisismica sono esclusi dalla sanatoria

La sentenza in esame contiene una precisazione molto importante per gli operatori del settore, ovvero che la concessione rilasciata a seguito di un accertamento di conformità non estingue tutti i reati.

Anzi, non si possono sanare i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, precisamente:

  • i reati paesaggistici previsti nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42);
  • i reati disciplinati dalla normativa antisismica.

Invece l’ottenimento del permesso di costruire in sanatoria comporta l’estinzione dei reati contravvenzionali indicati dalle norme urbanistiche vigenti del T.U. Edilizia – Bosetti & Gatti.

In conclusione

La Corte di Cassazione è arrivata alla seguente conclusione: i ricorrenti dovranno provvedere alla demolizione parziale dell’immobile nella parte in cui risulta abusivo.

Ciò perché, nel caso di specie, non può operare correttamente la sanatoria, nemmeno se subordinata al pagamento in via sanzionatoria del doppio del contributo di costruzione dovuto.

Autorizzazione paesaggistica e sanatoria urbanistica

La sentenza in esame ribadisce un principio ormai consolidato: nel caso in cui fosse stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica – anche ex post – non opera la sanatoria urbanistica prevista all’articolo 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Ciò vuol dire che i reati in essere non vengono estinti e che la Pubblica amministrazione può emettere un ordine di ripristino dell’immobile che è stato abusivamente costruito in una zona soggetta a vincolo.

Il motivo è il seguente: l’autorizzazione paesaggistica è un atto autonomo rispetto al permesso di costruire e ne costituisce il presupposto. Per tale motivo l’autorizzazione paesaggistica non può essere integrata in un secondo momento, fatta eccezione dei cosiddetti “abusi minori” indicati all’art. 167, commi 4 e 5, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Dunque, fatta eccezione di questi casi tassativamente elencati, l’autorizzazione paesaggistica deve precedere il permesso a costruire e quindi è una causa ostativa della sanatoria urbanistica.
 

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