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A cura di: Pierpaolo Molinengo Le plusvalenze generate dalla vendita di un immobile devono essere gestite correttamente da un punto di vista fiscale. Il guadagno ottenuto dalla vendita di un immobile, in altre parole, deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi, in modo da pagare le relative imposte. Quando si mette in vendita una casa si cerca sempre di farlo al prezzo più alto. La rivalutazione nel corso degli anni di un immobile – soprattutto nelle città di maggiore interesse o a maggiore vocazione turistica – tende a crescere: questo porta (almeno nella maggior parte delle occasioni) a vendere ad un prezzo più alto rispetto a quello dell’acquisto. Di qui potrebbe nascere l’obbligo di dichiarare nel Modello 730 o nel Modello Reddi Pf la plusvalenza generata dall’operazione: abbiamo utilizzato il condizionale perché non sempre il guadagno ottenuto è tassabile. Plusvalenza immobiliare, quando deve essere tassata La vendita di un immobile ad un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto o costruzione determina una plusvalenza, ossia un guadagno. Su questo argomento è intervenuto il Tuir – ossia il Testo Unico delle Imposte sui Redditi – il quale ha chiarito che le plusvalenze derivanti dalla cessione di un bene immobile a titolo oneroso possono costituire dei “redditi diversi”. Questo è il motivo per il quale sono soggetti a tassazione (orientamento confermato dal Tribunale di Latina con la sentenza n. 83 del 26 gennaio 2024 e dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 10 del 24 gennaio 2025). Ma in quali occasioni sulle plusvalenze è necessario versare le imposte? Quando l’operazione di vendita è stata conclusa per un mero intento speculativo: questo si viene a verificare quando l’intervallo temporale che trascorre tra il momento dell’acquisto e quello della successiva vendita è inferiore ai cinque anni. Facciamo un esempio pratico per capire meglio. Poniamo il caso che un soggetto acquisti un immobile nel corso del mese di maggio 2023 per un importo pari a 180.000 euro. A luglio 2025 decide di metterla in vendita e dell’operazione riesce a ricavare 210.000: la plusvalenza ottenuta è pari a 30.000 euro. Il periodo intercorso tra l’acquisto e la vendita è inferiore a cinque anni. In linea di principio è necessario pagare le imposte sui 30.000 euro. Quando la vendita non è tassata In alcuni casi la plusvalenza che si viene a generare dalla vendita di un immobile non è tassata. Anche quando avviene prima dei cinque anni. L’articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir ha previsto due distinte eccezioni: gli immobili che sono stati acquisiti per successione ereditaria: le plusvalenze che si realizzano dalla vendita di un immobile ricevuto in eredità non sono mai tassabili, indipendentemente dalla data in cui avviene in vendita. Questa linea giurisprudenziale è stata confermata dal Tribunale di Latina attraverso la sentenza n. 83 del 26 gennaio 2024 e dall’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 10 del 24 gennaio 2025; gli immobili che sono stati adibiti ad abitazione principale. Non risultano essere tassabili nemmeno le plusvalenze che derivano dalla vendita di immobili che nella maggior parte del periodo che è intercorso dal loro acquisto alla successiva vendita sono stati utilizzati come abitazione principale dal proprietario e dalla sua famiglia (questa posizione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate attraverso la risposta n. 83 del 22 novembre 2018). Quanto impatta il Superbonus sulla plusvalenza Ad introdurre un’importante novità è stata la Legge n. 213 del 30 dicembre 2023 – la Legge di Bilancio 2024 – che ha introdotto una specifica ipotesi nella quale le plusvalenze devono essere tassate: la cessione di un immobile oggetto di un intervento agevolato con il Superbonus. L’operazione assume rilevanza fiscale nel momento in cui la cessione venga effettuata quando siano passati meno di dieci anni dalla conclusione degli interventi edilizi. La disposizione si va ad applicare al di fuori delle casistiche che abbiamo visto in precedenza. Da questa novità, ad ogni modo, sono esclusi: eventuali immobili che siano stati acquisiti per successione; gli immobili che siano stati impiegati come abitazione principale per la maggior parte dei dieci anni che precedono la vendita. Aspetto importante da tenere a mente nel momento in cui si gestisce la vendita di un immobile oggetto di interventi agevolati Superbonus è che: nel caso in cui i lavori siano stati terminati da meno di cinque anni al momento della vendita, le spese sostenute per effettuare gli interventi agevolati non possono essere considerate nei calcoli dei costi per determinare le plusvalenze; se i lavori sono stati terminati da più di cinque anni e meno di dieci, le spese sostenute devono essere considerate al 50%. Quando è necessario indicare la plusvalenza nel Modello 730 Nel momento in cui dalla vendita di un immobile dovesse scaturire una plusvalenza tassabile, questa costituisce a tutti gli effetti un “reddito diverso” e deve essere dichiarato ai fini Irpef. Il contribuente lo dovrà inserire nel relativo quadro del Modello 730 o del Modello Redditi Persone Fisiche a seconda dei casi. Una volta inserita al loro interno la plusvalenza concorre alla determinazione del reddito complessivo: è soggetta alla tassazione ordinaria Irpef dell’anno d’imposta nel quale è stato incassato il corrispettivo della vendita. Il contribuente, in alternativa alla tassazione ordinaria, ha la possibilità di pagare un’imposta sostitutiva del 20%: l’opzione deve essere effettuata direttamente dal notaio, nel momento in cui si sottoscrive il rogito. Quando si sceglie l’imposta sostitutiva, la plusvalenza non viene più tassata ordinariamente. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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