L’importante progetto “Da Asellina a Verecundus: ricerca, restauro e monitoraggio sulle pitture di alcune celebri botteghe di via dell’Abbondanza a Pompei (Regio IX, Insulae 7 e 11)”, che ha visto la stretta collaborazione fra la Soprintendenza Archeologica di Pompei, la Facoltà di Architettura Valle Giulia dell’Università di Roma La Sapienza, la Facoltà di Architettura e il Centro DIAPREM dell’Università di Ferrara, e la II Facoltà di Ingegneria (sede di Forlì) dell’Università di Bologna, ha avuto come obiettivi primari la salvaguardia delle famose vestigia architettoniche, la sperimentazione di metodologie e materiali nel restauro e la formazione di diverse figure professionali che operano nel campo del restauro. L’Università affianca la Soprintendenza Archeologica in una stretta condivisione di obiettivi comuni, anche attraverso il coinvolgimento di aziende private e fondazioni per il finanziamento delle ricerche e dei lavori di restauro. Per gli interventi di restauro hanno contribuito la Kacyra Family Foundation (Orinda, California, USA), la Fassa Bortolo e la Bayer Sheet Europe GmbH. Il restauro delle pitture e delle iscrizioni di via dell’Abbondanza è infatti un esempio del ruolo che dovrebbero avere i privati, sia aziende che fondazioni, che vogliano legare la propria immagine ad un bene culturale sostenendo la ricerca e la tutela e della possibilità di indirizzare risorse private verso progetti di restauro e di conservazione dell’area archeologica. Dalla scoperta di Pompei alla conservazione delle strutture archeologiche: una storia lunga due secoli Pompei è uno dei più famosi siti archeologici del mondo e dal 1763, anno della sua scoperta, ad oggi è stata oggetto di progressive campagne di scavo che hanno interessato oltre 40 ettari, corrispondenti a circa due terzi dell’intera città. Al di là dell’amplissima mole di risultati, quasi duecentocinquanta anni di scavi ci consentono un’ulteriore affascinante indagine, vale a dire lo studio sullo sviluppo sia della disciplina archeologica sia di quella della conservazione e del restauro. Inizialmente, l’interesse era unicamente indirizzato al ritrovamento di oggetti di valore e di pitture parietali, da trasportare presso il museo di Napoli; in seguito, l’attenzione si spostò sugli edifici e, quindi, sull’intera città, al fine di comprenderne la storia, lo sviluppo e le trasformazioni. A partire dal 1828, come scrive Spinazzola , “…si pose mano nuovamente al disseppellimento dell’antica città, e non più questa volta per cunicoli sotterranei, ma, come oggi, all’aperto, ancora una volta un eccellente scavatore, il Bonucci, poté annunziare un fatto, che doveva sembrare un vero miracolo: che le case lì si rinvenivano sul posto, persino con i loro tetti e con i tavolati pressoché intatti, e tali da potersene intraprendere la conservazione.” Carlo Bonucci, architetto direttore degli scavi di Ercolano e Pompei descrive in una lettera del 13 gennaio del 1828 che “…nello scavo della casa ci si trovasse sul piano più elevato e pure nonostante tutto si è d’una conservazione e d’ una solidità affatto straordinaria. Ogni cosa è ancora al suo posto. Le travi spezzate e incarbonite…” In questo momento la cura degli scavi viene suddivisa tra i soprintendenti e gli architetti. I primi svolgono un ruolo di controllo, coordinamento e direzione dei musei, mentre gli architetti sono impegnati direttamente nell’attività di scavo, catalogazione, rilevamento dei reperti e restauro delle vestigia architettoniche. Con il 1860 vengono intrapresi da Giuseppe Fiorelli scavi sistematici rientranti nella politica culturale del nuovo regno che, secondo la tradizione del tempo, si preoccupò quasi esclusivamente della conservazione dei monumenti più importanti tralasciando il tessuto edilizio. Soltanto con la nomina di Vittorio Spinazzola alla carica di direttore degli scavi (1910 – 1923), iniziarono ad essere applicati i più moderni metodi d’intervento, in particolare nel disseppellimento del decumano massimo, in seguito battezzato via dell’Abbondanza. Per questi scavi lo Spinazzola si era posto come obiettivo quello della ricostituzione dei piani superiori (con finestre, balconi e tetti), fino a quel momento trascurati. In questo periodo furono rimesse in luce e “ricostituite” le facciate degli edifici, gli ingressi dei negozi relativamente alle Insulae 8 e 9. Dal 1924 Amedeo Maiuri in qualità di soprintendente intensificò gli scavi e, nel contesto del fascismo, Pompei costituì una fonte di orgoglio nazionale e, con la fondazione della Scuola Superiore di Architettura ad opera di Camillo Boito prima e Gustavo Giovannoni poi, vennero confermati in forma ufficiale gli stretti rapporti già esistenti fra architetti e archeologi, che portarono a sistematici interventi di restauro scientifico. Durante la seconda guerra mondiale l’azione di salvaguardia di Amedeo Maiuri si fece più intensa a causa del pericolo di offese al tessuto storico della città (scoperto e da scoprire) da parte dei belligeranti. Dal 1962 gli scavi su larga scala subirono un rallentamento in favore degli interventi di conservazione e restauro attentamente documentati. Da questo momento l’obiettivo principale di ogni scavo intrapreso è stato quello di indagare sulla vita a Pompei nel periodo intercorso tra il grande terremoto del 62 d.C. e la disastrosa eruzione del 24 agosto del 79 d.C. Gli edifici oggetto dell’intervento e il progetto di restauro L’intervento ha riguardato alcune facciate poste sul braccio del decumano massimo compreso fra il Foro e porta Sarno (oggi detto via dell’Abbondanza). Queste facciate sono state riportate alla luce durante le operazioni di scavo condotte nel 1912 dallo Spinazzola e, precisamente: – dell’officina coactiliaria o bottega dei feltrai di Verecundus (Regio IX, VII, 7-5), con la raffigurazione della Venere Pompeiana sulla quadriga di elefanti, protettrice dei feltrai che vengono rappresentati al lavoro nella bottega, mentre il proprietario Verecundus espone un telo di lana finito; – di una casa privata (Regio IX, VII, 3) caratterizzata nel suo ingresso da una coppia di interessanti capitelli lapidei; – dell’officina infectoria o tintoria con fornace (Regio IX, VII, 2), con la presenza nel vano d’ingresso di una caldaia in piombo inserita in una più ampia struttura decorata all’esterno con falli apotropaici in stucco; -dell’officina coactiliaria o bottega dei feltrai (Regio IX, VII,1). Sull’architrave dell’ampio vano d’ingresso si trovano le rappresentazioni dei volti dipinti delle divinità protettrici: Sole, Giove, Mercurio e Luna. Sul piedritto a sinistra è visibile la Venere Pompeiana con amorini mentre a destra è rappresentata una processione augurale in onore di Cibele; – del compitum con fontana, dedicato alle divinità dell’Olimpo (Regio IX, XI, 1), sulla facciata del quale si trovano, la raffigurazione di dodici divinità, di ministri davanti al fuoco sacro dell’ara con una evidente scena in cui il sacro serpente accoglie le offerte (una pigna e due uova). – il thermopolium di Asellina, rivendita di bevande calde (Regio IX, XI, 2) con le famose iscrizioni elettorali e la raffigurazione pittorica degli oggetti d’uso quale insegna dell’attività. Tutti questi fronti sono caratterizzati da importantissime pitture e iscrizioni elettorali, tra le più note e rappresentative di Pompei. Lo stato conservativo dei fronti e le lastre di protezione dei dipinti murali Dal 1912 a oggi, per cura della Soprintendenza Archeologica, sono stati eseguiti diversi interventi di manutenzione e restauro. La particolare situazione ambientale in cui sono collocati i fronti, che, risultano addossati al muro di contenimento dell’area non scavata su cui sorge la Casina dell’Aquila, sottopone continuamente le murature e le pitture a fenomeni di degrado causati soprattutto dall’umidità proveniente dal terrapieno composto da strati di lapillo e polveri vulcaniche. Pitture ed iscrizioni elettorali presenti sui fronti così pure gli stucchi che decorano la caldaia dell’officina infectoria rappresentano i valori più alti dei fronti e sono stati sottoposti ad interventi di manutenzione e nel secolo scorso sono stati protetti con lastre di vetro e plexiglas. Le lastre poste a protezione delle superfici nel corso degli anni se da un lato hanno preservato i dipinti dal degrado antropico e dall’azione diretta degli agenti atmosferici – in particolare dal dilavamento da acque meteoriche e dall’erosione eolica diretta-, dall’altro hanno contribuito a provocare: a) un locale aumento di temperatura sulla superficie murale per effetto serra, con conseguenti fenomeni di rigonfiamento, b) l’alterazione cromatica per il mancato assorbimento delle radiazioni UV c) il fenomeno della corrasione dovuto alla formazione di mulinelli che trasportano particellato solido nell’interstizio tra lastra e parete. Inoltre, il progressivo ingiallimento del plexiglas e il deposito di polveri sulla superficie delle lastre ha progressivamente alterato la lettura delle figurazioni. La rimozione delle lastre in vetro e plexiglas poste a protezione dei dipinti murali ha permesso la valutazione delle morfologie di degrado, altrimenti offuscata dal deposito di particellato atmosferico sulla superficie interna delle lastre. Si è potuto constatare, quindi, che il sistema da esaminare non può essere limitato alle due superfici, lastre e intonaco, ma va considerata, in primo luogo, la rilevante presenza del terrapieno nella parte retrostante dell’intonaco, che provoca una forte umidità ed, in secondo luogo, l’influenza delle condizioni ambientali. In particolare, non possono essere ritenuti trascurabili per il controllo del deterioramento degli affreschi i flussi convettivi che inevitabilmente si producono tra la superficie dipinta e la lastra, in considerazione della differenza di temperatura tra l’intonaco ed il vetro, e così pure l’effetto complessivo di interazione tra questi flussi e quelli di tipo turbolento presenti lungo via dell’Abbondanza a causa dell’azione del vento. Sono stati raccolti dati sperimentali che hanno riguardato in particolare – i segni anche apparentemente minori di degrado delle superfici pittoriche – l’andamento dei flussi ventosi, sia istante per istante, sia mediati in intervalli di tempo opportuni – le variazioni termiche del contesto urbano considerato e, più specificatamente, dei sistemi lastre-affreschi. Il monitoraggio avviato ha permesso d’integrare in maniera rilevante, nel corso del tempo e al variare delle condizioni ambientali, la valutazione dello stato di conservazione delle superfici, fornendo un’immagine tanto più realistica quanto più dinamica, contestualizzata anche in senso temporale e suggerendo provvedimenti e soluzioni conservative rispondenti alla durata dei manufatti. Con i risultati delle sperimentazioni svolte si sono progettate a protezione dei dipinti murali nuove lastre in policarbonato di produzione della Bayer Sheet Europe GmbH il cui effetto è anche quello di filtrare l’intera radiazione UV e di attenuare l’irraggiamento solare, oltre che di proteggere dagli agenti atmosferici. Tali lastre sono state posizionate sfruttando i ganci che reggevano le lastre preesistenti. La ricerca, lo studio dei quaderni di scavo e le indagini La ricerca, condotta presso la biblioteca, l’archivio e l’archivio fotografico della Soprintendenza Archeologica di Pompei e presso altri istituti, è stata di fondamentale importanza perché ha permesso ai giovani tirocinanti di ricostruire con dovizia di particolari ciò che è stato fatto al tempo della scoperta delle preziose vestigia architettoniche. Si sono potute ripercorrere le vicende archeologiche, la qualità degli interventi allora attuati relativi alla ricostruzione, alla reintegrazione e alla definizione finale dell’aspetto estetico. Inoltre, si sono potuti riconsiderare tutti quegli interventi che, nel tempo, sono stati adottati per la protezione e manutenzione delle superfici dipinte. I dati raccolti, integrati dai rilievi e dall’analisi visiva hanno permesso di redigere nell’ambito del progetto più generale, gli approfondimenti tematici, come sintesi dell’insieme delle informazioni raccolte. Gli studi e le indagini hanno riguardato la ricerca storica archeologica, la conoscenza e la lettura del monumento, la valutazione dello stato conservativo e la mappatura del degrado delle superfici architettoniche e pittoriche. Progetto di formazione internazionale Uno dei risultati più significativi, tra i diversi che si sono potuti realizzare nell’ambito del cantiere di restauro, è stata la possibilità di coinvolgere diverse Università e Scuole, a livello internazionale, contribuendo alla formazione di studenti che abbiano intrapreso il loro percorso formativo nell’ambito del restauro e della conservazione e di diverse figure professionali di questo ambito disciplinare. Il cantiere è stato infatti oggetto di stage didattici che hanno visto coinvolti stagisti e studenti di diverse Facoltà e Scuole di Formazione: Facoltà di Architettura Biagio Rossetti dell’Università di Ferrara, Facoltà di Architettura Valle Giulia, Laboratorio Progetto Restauro e Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti di Roma dell’Università di Roma “La Sapienza”, II Facoltà di Ingegneria (sede di Forlì) e Laboratorio di Archeoingegneria dell’Università di Bologna, Corso di Laurea in Conservazione e Restauro del Patrimonio Storico-Artistico dell’Università di Ferrara, Istituto Don Calabria Città del Ragazzo e Scuola Edile Euspe di Ferrara, Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Bologna, Pós-graduação in conservazione restauro [Pontificia Universidade Católica da Paraná di Curitiba (Brasile) e Facoltà di Architettura di Ferrara]; studenti Erasmus (Facoltà di Architettura di Ferrara) dalla Germania, Spagna e Portogallo, Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli Federico II, Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Napoli, Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Bologna (sede di Ravenna) e Scuola per il Restauro della Direzione Generale per il Restauro del Ministero dei Beni Culturali Ellenico, Grecia. Agli studi e alle ricerche hanno collaborato gli studenti dei corsi di Degrado e Diagnostica dei Materiali nell’Edilizia Storica tenuto dal prof. arch. N. Santopuoli alla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara dall’a.a 2002-2003; Restauro Architettonico tenuto dal prof. S. A. Curuni alla Facoltà di Architettura “Valle Giulia” dell’Università di Roma “La Sapienza”dall’a.a 2003-2004; Procedure Automatiche Integrate per l’Analisi dei Monumenti e dell’Edilizia Storica tenuto dal prof. arch. M. Balzani alla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara dall’a.a 2004-2005; Statica e Stabilità delle Costruzioni Murarie e Monumentali tenuto dal prof. arch. R. Cami della Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara dall’a.a 2004-2005. I Rilievi I rilievi delle antiche facciate di via dell’Abbondanza sono stati realizzati raccogliendo i dati metrici dopo un’attenta ‘lettura’ delle differenti caratteristiche strutturali. Allo scopo sono stati raccolti numerosi ‘appunti’ di visione diretta e altrettanti numerosi schemi geometrici. Una particolare attenzione è stata attribuita alla caratterizzazione degli elaborati finali delle facciate rilevate. Si è, in sostanza, voluta produrre una documentazione grafica tradizionale e digitale tale da consentire, prima di intervenire direttamente sui fronti, un’agevole trasposizione delle idee progettuale. Il criterio adottato per l’esecuzione della documentazione fotografica è stato quello della raccolta parallela di immagini documentarie e di fotografie di lavoro. Nel primo caso ci si è preoccupati di eseguire una sorta di documentario per immagini che permettesse, anche in futuro, la rilettura dello stato di fatto, sia ambientale che delle facciate oggetto d’intervento. Le foto di lavoro, prodotte in gran quantità e per ogni dettaglio sul quale in seguito avremmo prestato la nostra attenzione progettuale, sono state realizzate e archiviate in ordine cronologico e per argomenti. Complementare a tale fase è stata l’indagine notturna delle superfici mediante luce radente, l’indagine notturna delle superfici a luce UV e rilievo fotografico ad infrarossi, utilizzando quindi il mezzo fotografico sia come supporto per la documentazione dello stato di conservazione che come strumento di indagine sul campo. A complemento delle operazioni di rilevamento delle facciate di via dell’Abbondanza, in accordo con la Soprintendenza Archeologica, il Centro DIAPREM dell’Università di Ferrara ha realizzato una campagna di rilevamento mediante laser scanner 3D finalizzata alla strutturazione di una banca dati tridimensionale. Completato il rilievo grafico e fotografico di tutte le superfici, si sono potute redigere le tavole tematiche su supporto fotografico relative alla totalità degli intonaci dipinti, per la realizzazione di una efficace e completa mappatura, che ha compreso, inoltre, le opere murarie, gli elementi lapidei, lignei e metallici presenti sulle facciate. In aggiunta alla documentazione realizzata per tutta la superficie dei dipinti, degli intonaci e per le strutture architettoniche, sono stati realizzati lucidi in scala 1:1 dei dipinti del thermopolio di Asellina, sui quali è stata possibile un’agevole computazione delle superfici degradate, dello stato degli intonaci e del quadro fessurativo della pellicola pittorica. Test e sperimentazione in cantiere All’interno del cantiere sono stati effettuati test e prove sperimentali riguardanti le varie operazioni previste per il successivo restauro, come la pulitura ed il trattamento biocida, il consolidamento della superficie e dei distacchi degli strati di intonaco, le prove di malte per le integrazioni e le stuccature, al fine di individuare i prodotti ed i materiali più idonei. La scelta di tali prodotti è avvenuta associando le prove pratiche in cantiere ai risultati delle analisi di laboratorio a cui sono stati sottoposti i campioni di materiale (malte e finiture) prelevati sulla superficie in corrispondenza di zone sottoposte in passato ad interventi di restauro. Con le analisi di laboratorio è stato possibile determinarne l’esatta composizione dei materiali prelevati per definire la natura degli interventi conservativi realizzati in passato e indirizzare cosi la metotologia degli interventi. I test di pulitura sono stati predisposti a partire dai trattamenti che hanno interessato in passato le superfici;trattamenti in gran parte di natura cerosa, com’era l’uso manutentivo più diffuso. Sia prima che dopo l’esecuzione di ogni prova è stato effettuato il rilievo colorimetrico delle zone rappresentative con lo spettrofotometro portatile Minolta CM-2600d, che ha la caratteristica di acquisire dati anche nelle bande più prossime dell’UV e dell’IR: infatti, le misure partono da 360 nm fino a 740 nm. Attraverso il confronto e l’interpretazione delle curve di riflettanza è stato anche possibile controllare i saggi di pulitura delle pitture ottenendo, pertanto, indicazioni utili per meglio individuare il grado di pulitura. Si è provveduto, quindi, alla esecuzione delle necessarie operazioni conservative rivelatesi urgenti e non procrastinabili, quali il bendaggio di alcune zone degli intonaci mediante resina acrilica e garza; il consolidamento a iniezione con malta nei casi di distacchi e difetti di adesione tra gli strati preparatori e il trattamento biocida, eseguito su tutte le superfici interessate, sia dipinte sia dei paramenti murari, ove all’attacco biologico era associata la presenza di vegetazione. Le prove di trattamento biocida sono state effettuate sugli intonaci e sulle murature, per determinare concentrazione necessaria e tempi di applicazione. Sono stati testati i prodotti in commercio a base di sali d’ammonio quaternario e di tributilstagno naftenato attivo, quest’ultimo, sui licheni e adatti quindi alla varietà di crescita biologica presente sulle superfici. Alcune stuccature temporanee a base di calce e polvere di marmo si sono rese necessarie per la conservazione di limitate aree degli intonaci. Sulla protezione delle pitture murali, dopo una ricerca sul tema, è stata avviata una campagna di sperimentazione a Pompei, mediante l’utilizzo di indagini multispettrali e spettrofotometriche finalizzate alla valutazione dell’efficacia della protezione con lastre in policarbonato. Sono state inoltre eseguite indagini termografiche e misure di contenuto di acqua nelle murature con metodo conduttimetrico e sperimentazioni di malte per il risanamento delle murature e per la stuccatura dei paramenti. La sperimentazione ha interessato gli aspetti storico critici, le metodologie e i materiali per il restauro, la protezione e la manutenzione delle superfici pittoriche e architettoniche. Malte e intonaci Dal punto di vista delle caratteristiche e dei comportamenti materiali si può osservare come, generalmente, le murature a Pompei risultino mediocri sotto un rivestimento di livello altissimo, in cui le prescrizioni di Vitruvio risultano ampiamente applicate . Anticamente, infatti, i blocchi di tufo delle murature erano spesso legati con malta piuttosto debole e grossolana costituita da calce e terra vulcanica, utilizzata anche per il rinzaffo e per l’arriccio. L’intonaco vero e proprio, composto da calce e cristalli di calcite o polvere di marmo (o coccio pesto per l’esterno) presentava invece ottime caratteristiche. L’uso di malte deboli all’interno delle murature era probabilmente intenzionale, poiché assicurava deformabilità alle strutture e consentiva l’assorbimento dei frequenti movimenti del suolo, mentre l’intonaco doveva presentare caratteristiche di protezione e resistenza all’erosione. Il punto debole era costituito dall’interazione tra i due sistemi, problema che si è potuto verificare soprattutto nei periodi successivi alle operazioni di scavo, a causa degli sbalzi termici e della fuoriuscita dei sali, causata dall’evaporazione dopo secoli di seppellimento . Tutti i paramenti murari dei fronti oggetto del cantiere sono eseguiti in tecnica mista in pietra e laterizio; prevalgono i materiali lapidei tipici del luogo, di natura vulcanica, utilizzati anche come inerti e aggregati delle malte, per assicurare la naturale idraulicità conferita dalle ceneri vulcaniche (pozzolana). Anche per quanto riguarda le malte che caratterizzano i fronti si hanno situazioni di grande eterogeneità; oltre alle malte antiche, probabilmente coeve alla costruzione dei fronti o derivanti da restauri precedenti l’eruzione del Vesuvio, si hanno una serie di malte di restauro recenti, ascrivibili sia agli interventi eseguiti sulle facciate al momento dello scavo, che relative ad interventi successivi. Si ha quindi la compresenza di malte a base di calce aerea, idraulica e malte a base cementizia. I fronti del cantiere lungo via dell’Abbondanza si trovano al confine con la zone del sito archeologico non ancora scavate e, nelle zone retrostanti le facciate delle antiche botteghe, sono presenti muri di contenimento del terrapieno di materiale non ancora riportato alla luce; tali murature sono state realizzate al momento dello scavo (primo decennio del XX secolo) e in periodi successivi, utilizzando materiale locale di recupero (materiale lavico, pomici, conci calcarei, ecc): si hanno quindi murature miste in cui i blocchi lapidei sono legati da malta probabilmente di natura cementizia. Tra le problematiche più ricorrenti nella sperimentazione di malte di restauro nel cantiere di via dell’Abbondanza, oltre alla compatibilità fisico-chimica tra i componenti, vi è la ricerca di materiali che presentino un rigidità idonea all’applicazione su materiali antichi, soprattutto per quanto concerne il principio della reversibilità, ovvero la possibilità di rimuovere ogni intervento eseguito sulle strutture originali. Inoltre, pur nel rispetto del principio di distinguibilità, un ulteriore fattore per la buona riuscita di interventi di integrazione è il raggiungimento di una tonalità cromatica atta ad ottenere un soddisfacente risultato dal punto di vista estetico e percettivo. In particolare, tra le problematiche rilevate nei fronti oggetto d’esame, è da segnalare la presenza di umidità dovuta al contatto diretto delle fasce inferiori delle murature con il muro di contenimento del retrostante terrapieno; la porzione non scavata trattiene e veicola le acque meteoriche, e i cicli secco-umido favoriscono la fuoriuscita dei sali in superficie, rendendo diffuso ed estremamente dannoso il problema dell’efflorescenza. Su tutte le superfici ancora intonacate e dipinte dei fronti oggetto del cantiere si presenta, inoltre, il problema dei vuoti da risarcire, laddove la malta originale si è polverizzata al di sotto degli intonaci, a causa della forte presenza di umidità e degli interventi non idonei eseguiti in passato (iniezioni, probabilmente a base cementizia, che nel corso del tempo hanno provocato i vuoti). Materiali intelligenti per il restauro delle pitture di Pompei Nel cantiere di via dell’Abbondanza a Pompei sono stati messi a punto nuovi dispositivi tecnologici per il restauro delle pitture murali, realizzati con leghe a memoria di forma (SMA: Shape Memory Alloys) in nichel-titanio, che già vengono estesamente impiegate in molti settori, fra i quali quello medico e aerospaziale. Questa tecnologia è stata sperimentata solo recentemente nel campo del restauro , mediante l’applicazione di ancoraggi in grado di “memorizzare” una forma, in genere in funzione della temperatura, compatibile con una data problematica, altrimenti risolvibile in modo irreversibile o invasivo per il manufatto oggetto dell’intervento. In particolare, le applicazioni messe a punto per il cantiere di Pompei hanno riguardato dispositivi di ancoraggio per le lastre in policarbonato posizionate a protezione delle pitture murali, all’interno dei quali opportune molle a memoria di forma consentono un allungamento o una contrazione degli agganci delle lastre in funzione delle variazioni di temperatura. A temperature elevate, determinate mediante un’analisi del microclima basata anche su simulazioni numeriche, corrisponderà un allontanamento della lastra dalla superficie dipinta, in modo da consentire la circolazione di aria nell’intercapedine. In sintesi, questi dispositivi si possono definire intelligenti in quanto reagiscono autonomamente alle sollecitazioni ambientali, variando nel tempo la distanza della lastra in policarbonato dalla parete dipinta in modo da ottimizzare il flusso termico nell’intercapedine. Inoltre, questi materiali sono in grado di continuare a funzionare su periodi di vari anni ed, inoltre, i dispositivi sono progettati in modo da consentire una agevole manutenzione periodica, essendo facilmente removibili. Altre sperimentazioni tuttora in corso riguardano l’applicazione di dispositivi in SMA sia come ancoraggi per superfici pittoriche distaccate dalla muratura, sia come “agganci” per murature con lesioni. Scheda Cantiere Enti coinvolti: – Soprintendenza Archeologica di Pompei – Facoltà di Architettura “Valle Giulia”, Laboratorio Progetto Restauro, Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti -Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – Centro DIAPREM – Facoltà di Architettura Biagio Rossetti – Università degli Studi di Ferrara – Laboratorio di restauro della Soprintendenza Archeologica di Pompei Soprintendente archeologo: prof. dr. P. G. Guzzo, Direttore degli scavi: dr. A. d’Ambrosio, Responsabile ufficio restauri: dr. E. De Carolis, Responsabile del laboratorio di restauro: rest. S. Vanacore Studi, ricerche e sperimentazioni: – prof. arch. N. Santopuoli (Facoltà di Architettura “Valle Giulia” e Laboratorio Progetto Restauro dell’Università di Roma “La Sapienza”- Centro DIAPREM dell’Università di Ferrara) – arch. F. Maietti, arch. R. Cami, arch. F. Ferrari, rest. L. Tapini, dr. arch. C. Bellan, dr. arch. V. Modugno, arch. C. Assirelli, arch. F. Tassinari, arch. A. L. Furquim Bezerra (Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara – Centro DIAPREM). – prof. Arch. S. A. Curuni, arch. M. Curuni, arch. F. Broglia, arch. D. Catini, arch. A. Picchione, (Facoltà di Architettura “Valle Giulia”- Laboratorio Progetto Restauro dell’Università di Roma “La Sapienza”). – dr. rest. E. Concina e rest. D. De Vincenzo (Triade srl. – Napoli) – prof. L. Seccia, prof. ing. F. De Crescenzio, prof. ing. E. Troiani, ing. M. Fantini, ing. V. Virgilli, (II Facolta di Ingegneria, sede di Forlì – Laboratorio di Archeoingegneria dell’Università degli Studi di Bologna) Campagna di rilievo 3D: prof. arch. M. Balzani, arch. F. Ferrari, arch. A Grieco, arch. G. Galvani, arch. S. Settimo (Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara – Centro DIAPREM) Indagini termografiche e misure conduttimetriche delle murature: dr. M. Fabretti e dr. G. Fabretti (Centre for the Diagnostic in Art , Formello – Roma) Indagini scientifiche sui materiali: prof. G. C. Grillini (Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara – Centro DIAPREM) dr. Diego Cauzzi (Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico per le province di Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna e Rimini) Analisi scientifiche di laboratorio e campagna di sperimentazione sui materiali: Laboratorio scientifico della Fassa Bortolo, Spresiano (Treviso) Progetto di restauro: Soprintendenza Archeologica di Pompei – prof. Dr. P. G. Guzzo (Soprintendente), Dr. A. d’Ambrosio, Dr. E. De Carolis, rest. S. Vanacore – prof. arch. N. Santopuoli (Facoltà di Architettura “Valle Giulia” – Laboratorio Progetto Restauro – Centro DIAPREM) – prof. S. A. Curuni (Facoltà di Architettura “Valle Giulia”) – dr. rest. E. Concina e rest. D. De Vincenzo (Triade srl – Napoli) Esecuzione lavori: Direzione lavori: prof. arch. N. Santopuoli (Facoltà di Architettura “Valle Giulia” – Centro DIAPREM) Servizio Prevenzione e Protezione della Soprintendenza Archeologica di Pompei: Responsabile: geom. A. Nastri (Soprintendenza Archeologica di Pompei). Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione: ing. M. Vitale (Napoli) Saggi d’intervento e restauro: – rest. S. Vanacore con l’assistenza di cantiere di: rest. S. Giudice, rest. M. Valentini, rest. V. Serrapica (Laboratorio di restauro della Soprintendenza Archeologica di Pompei). – dr. rest. E. Concina e rest. D. De Vincenzo (Triade di Napoli) Sponsorizzazione degli Interventi di restauro delle pitture murali: FASSA BORTOLO, Spresiano (Treviso) Kacyra Family Foundation (“Foundation”) Orinda (California) Bayer Sheet Europe GmbH Tecno Coperture, Cercola (Napoli) Pubblicità e Comunicazione: Uni Pubblicità & Marketing, Modena. (*) arch. prof. Nicola Santopuoli Direttore Laboratorio “PROGETTO RESTAURO” Facoltà di Architettura Valle Giulia Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Consiglia questo comunicato ai tuoi amici