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In particolare, il Fisco in versione ecologica tende la mano anche ai contribuenti che decidono di ristrutturare un immobile dichiarato inagibile per motivi statici dopo un terremoto e già dotato di tre focolari e una stufa fissa. È il caso da cui prende le mosse il documento di prassi, che risponde all’istanza di interpello presentata dal proprietario di un edificio situato nel centro storico di un Comune italiano, regolarmente accatastato e attualmente classificato come “unità collabente”, ossia come fabbricato pericolante in seguito agli eventi sismici che hanno interessato la zona. Una costruzione già destinata ad abitazione e che l’interpellante intende rimettere a nuovo migliorandone anche l’involucro dal punto di vista termico. I costi sostenuti per questo tipo di lavori rientrerebbero, secondo il contribuente, tra quelle detraibili dall’Irpef in base alle norme che promuovono gli interventi di riqualificazione energetica. Un’interpretazione condivisa dai tecnici dell’Agenzia delle Entrate, che ripercorrono a grandi linee la storia dell’incentivo ecologico, nato con la Finanziaria del 2007 e successivamente prorogato fino a comprendere le spese sostenute entro il 31 dicembre 2010. Un beneficio riconoscibile, così come chiarito dalla circolare 36/E di due anni fa, ai fabbricati appartenenti a qualsiasi categoria catastale, a patto che siano esistenti. A questo proposito, il documento precisa che l’esistenza dell’immobile è provata dall’iscrizione in catasto e dal pagamento dell’Ici, se dovuta. Restano quindi fuori dal perimetro dell’agevolazione le case di nuova costruzione, che devono già rispettare in partenza determinati standard energetici. In secondo luogo, per fruire del bonus gli immobili devono rispettare una serie di standard tecnici e, più precisamente, essere in possesso di impianti di riscaldamento funzionanti e installati negli ambienti in cui si realizza l’intervento di risparmio energetico, a meno che non si montino pannelli solari. L’esistenza dell’edificio e la presenza di un sistema di riscaldamento funzionante sono, dunque, le due condizioni essenziali per poter usufruire della detrazione del 55 per cento dalle imposte sui redditi. Nel caso specifico preso in esame dalla risoluzione, il fatto che l’edificio sia classificato come “unità collabente” per via del terremoto non esclude che si tratti di un manufatto esistente, essendo già costruito e individuato a livello catastale, anche se non produttivo di reddito. Se quindi la prima condizione per accedere al bonus verde risulta immediatamente soddisfatta, per verificare che anche la seconda lo sia occorre prendere in considerazione le caratteristiche del vecchio impianto di riscaldamento installato nell’abitazione. Questo, stando alle dichiarazioni dell’autore dell’interpello, è costituito da tre camini e una stufa fissa con una potenza complessiva al focolare superiore ai 15 kw. Una precisazione importante, dal momento che generalmente le stufe, i caminetti, gli apparecchi per il riscaldamento localizzato a energia radiante e gli scaldacqua unifamiliari non sono di per sé considerati impianti termici. Per rientrare in questa definizione, però, è sufficiente che gli apparecchi siano fissi e che la somma delle loro potenze nominali sia maggiore o uguale a 15 kw. È il caso del vecchio sistema di riscaldamento della casa per cui il contribuente chiede la detrazione del 55 per cento. Di conseguenza, i lavori di miglioramento termico dell’involucro dell’edificio rientrano a pieno titolo tra quelli agevolabili dal Fisco verde. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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